lunedì 13 settembre 2010

L'antropentropia

Riporto e condivido totalmente:
I più bravi in termodinamica sanno che l'entropia è una funzione di stato del sistema che misura il grado di disordine del sistema stesso. Sempre secondo la termodinamica l'entropia totale dell'universo è in continuo aumento, cioè il disordine cresce sempre.
Analogamente (il termine richiama quindi il disordine provocato dalla presenza umana) possiamo definire l'antropentropia in modo molto semplice come:



A = S * N

dove S è la superficie umana e N il numero di uomini.
S è la superficie che compete a ogni uomo come suo
spazio vitale e che ha sottratto alla natura: la casa dove abita, le strade, le strutture (luoghi di lavoro, luoghi ricreativi, scuole, ospedali ecc.). Si tratta della quota individuale che abbiamo tolto alla Terra. Tale quota cresce continuamente con il progresso. L'ipotesi del cemento si basa su di essa: se ognuno di noi avesse a disposizione un terreno di SOLI (incredibile, ma vero!) settanta metri per settanta, ogni metro della penisola sarebbe urbanizzato.
Se nel Terzo Mondo si vive ancora in dieci in una capanna di 30 mq, oggi il sogno di ognuno di noi è di espandersi. Parlo spesso con ambientalisti che hanno una b
ella e ampia villa. Ebbene, costoro non si rendono conto che se ognuno di noi (aspirazione legittima) portasse via alla natura la fetta che loro hanno preso, della natura resterebbe ben poco. Ovvio che con il progresso sociale, se non cambia la sensibilità sull'antropentropia, S continuerà ad aumentare.
Purtroppo anche N continua ad aumentare, in maniera veramente impressionante, soprattutto perché nessun governo è interessato a una politica di controllo demografico.
In sostanza


dalla preistoria l'antropentropia continua ad aumentare


quindi:


che senso ha preoccuparsi di salvare una pianta, una specie animale, quando un banale calcolo dell'aumento dell'antropentropia ci dice che fra X secoli la natura sarà estinta?

L'ambientalista che non si fa carico di rispondere a questa domanda, fa spallucce ed è contento di fare quello che si può, tanto fra X secoli lui non ci sarà più (se non risponde concretamente alla domanda questa è la motivazione inconscia del suo falso attivismo), non può poi indignarsi se si sente rispondere: ma che mi importa se fra 50 anni l'effetto serra farà disastri, fra 50 anni io non ci sarò più!
Che i secoli siano uno, due o dieci il discorso non cambia:


se la politica ambientale non fissa un limite all'antropentropia, di natura potrà esistere solo quella artificiale.

Ovviamente il limite non deve essere temporaneo (come i periodici piani regolatori che non fanno altro che differire l'agonia naturale), ma assoluto. Se per esempio in Italia il limite attuale è S=200 (in mq; è solo una stima che tiene conto delle strutture private e di quelle pubbliche) e N=60 milioni, A varrebbe 1,2*1010 una politica seria potrebbe portare il valore da 1,2 a 1,5 (ma potrebbe anche scendere a 1!), ma non per 5 o 10 anni. Per sempre!
Solo studiando l'antropentropia e fissando limiti assoluti non trattabili, localmente e globalmente, si potranno ottenere risultati concreti. Altrimenti, tanto vale depredare la natura delle poche risorse che ancora ha.

giovedì 5 agosto 2010

Regoli calcolatori dual-core

Fantasticavo sulla notizia della prossima uscita di uno smartphone con processore dual-core e piattaforma android.

Fantasticavo su un futuro prossimo dove scrivevo:

matlabpool open 2

parfor (i=1:N)

etc.. sul Matlab del telefonino

Fantasticavo ricordando uno slogan che era scritto sulla mia prima calcolatrice (una Sharp??): Non usarla per  scopi bellici!!!

Fantasticavo sul fatto che l'Italia è completamente tagliata fuori da tutti questi settori (nemmeno più il design...)  e sono tornato alla triste realtà...

martedì 11 maggio 2010

immagazzinare le energie rinnovabili

da un opuscolo della Vestas ricopio:

L’utilizzo su larga scala dell’energia rinnovabile potrebbe dipendere dalla capacità di immagazzinare l’elettricità


di Charles Butcher

L’elettricità è sfuggente: è invisibile ed è quasi impossibile da accumulare, salvo che non venga convertita in un’altra forma di energia. Molti sono gli esperti convinti che il vento e le altre fonti rinnovabili potranno spiccare definitivamente il volo solo se si riuscirà a trovare un sistema efficace per immagazzinare l’elettricità. Le opportunità che si prospettano in questo senso e la necessità di sviluppare batterie in grado di soddisfare la fame di energia degli apparecchi elettronici, hanno contribuito a un vero e proprio boom delle attività di ricerca e sviluppo sugli accumulatori di energia.
“Il vento è imprevedibile. Le variazioni di energia possono verificarsi in una scala temporale che va da pochi secondi a giorni”, sottolinea Claus Nygaard Rasmussen, ricercatore che studia i sistemi di accumulazione di energia all’Institute of Energy Technology dell’Università di Aalborg, in Danimarca. Ciò significa che le società elettriche dovranno essere in grado di far fronte sia ai cali di tensione della durata di pochi secondi o minuti, sia alle variazioni che si protraggono per ore o giorni.
“È importante fissare un orizzonte temporale di un’ora”, continua Claus Nygaard Rasmussen. “Sessanta minuti sono infatti l’unità minima di tempo in base a cui viene commercializzata l’elettricità, ed è una misura compatibile con le batterie attualmente esistenti. I nostri studi dimostrano che con una capacità di stoccaggio del 30% si ottengono ottimi risultati”, afferma.
“Una turbina eolica da 2.0 MW, ad esempio, genera in media 800 kW di energia. Se aggiungiamo una batteria con una capacità di 240 kWh e una potenza nominale di 800/1.200 kW, le probabilità di riuscire a fornire 800 kW di energia nell’ora successiva sono molto alte”. Secondo Claus Nygaard Rasmussen, questo genere di garanzia è fondamentale per le società elettriche, che potrebbero passare alle rinnovabili e decidere di chiudere gli impianti a combustibili fossili.

Per quanto riguarda i vantaggi a breve termine, lo stoccaggio consente alle centrali eoliche di aumentare la produzione in tempo utile per fronteggiare i picchi di domanda energetica.
“Contrariamente alle installazioni eoliche e solari,le centrali elettriche convenzionali dispongono di riserve da impiegare per gestire questo tipo di situazioni”, afferma Henrik Vikelgaard, esperto in accumulatori di energia di Vestas.

“L’energia eolica diventerà più appetibile agli occhi delle società elettriche se sarà possibile garantire la stabilità della frequenza in rete mediante lo stoccaggio”.
I costi rimangono comunque un ostacolo, anche per lo stoccaggio a breve termine. Claus Nygaard Rasmussen ritiene che una batteria agli ioni di litio da 240 kWh pensata per una turbina eolica da 2.0 MW peserebbe all’incirca 1,5 tonnellate e costerebbe quasi quanto la stessa turbina. “Se il prezzo delle batterie non si riduce della metà o di un terzo rispetto al costo attuale, il valore dell’energia eolica dovrà raddoppiare”,
sostiene.
Aumentare la capacità di stoccaggio fino a sei o otto ore di autonomia e quindi gestire le variazioni della domanda tra giorno e notte, è anche più costoso. “Intervalli di autonomia più lunghi”, fa notare Claus Nygaard Rasmussen, “accrescerebbero, tuttavia, il valore dello stoccaggio, in quanto garantiscono maggiore flessibilità alle società e agli operatori della rete elettrica”.
“Per questi ultimi lo stoccaggio costituisce già di per sé un sistema conveniente per aumentare l’affidabilità della rete e rinviare gli investimenti per l’installazione di nuova capacità”, sottolinea Brad Roberts, presidente di Electricity Storage Association e consulente del Dipartimento dell’Energia statunitense. La sua azienda, S&C Electric Company, collabora alla sperimentazione di una batteria sodio-zolfo da 1MW con
una capacità di 7 MWh, che sta immagazzinando l’energia generata da un parco eolico da 12 MW.
La sperimentazione, condotta in Minnesota, rientra nell’ambito del progetto “Wind-to-Battery” di Xcel Energy e durerà un anno.
La figura 1 mostra come diverse tecnologie di stoccaggio siano combinate tra loro.



Per ciascuna è indicata l’energia che possono fornire (misurata in MW) e la capacità (misurata in MWh, in altre parole per quanto tempo sono in grado di sostenere un dato output energetico). Stando agli esperti, alcune di queste tecnologie, in particolare
quelle relative alla regolazione delle variazioni a breve termine, potrebbero essere pronte per la commercializzazione nei prossimi cinque anni.

Lo stoccaggio su larga scala è possibile…grazie alla Terra


Al momento, i problemi legati alla natura intermittente dell’energia eolica vengono spesso appianati dalle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili oppure con energia importata ,che viene “pagata” non appena il vento ricomincia a soffiare.
Un’altra opzione consiste nel convertire l’energia eolica in eccesso in idrogeno da utilizzarecome combustibile per i veicoli e le centrali elettriche. Purtroppo anche l’idrogeno è difficile da immagazzinare e richiede una visione politica forte capace di incoraggiare le società elettriche ad abbracciare questa scelta.

La soluzione più immediata al problema dello stoccaggio dell’elettricità, tuttavia, ce la fornisce la geologia. In superficie, nelle zone montuose si può utilizzare un sistema di stoccaggio delle riserve idriche che sfrutta l’elettricità in eccesso o la fascia off-peak (ore notturne) per pompare l’acqua a un invaso situato più a monte. L’efficienza di round-trip (ovvero di andata e ritorno) dell’acqua pompata è pari al 70-85%; la capacità di questo sistema di produrre energia nel giro di pochi secondi lo rende una perfetta integrazione alle altre fonti rinnovabili. Gli Stati Uniti possiedono circa 20 GW di energia immagazzinata con il sistema di pompaggio, e l’Unione Europea circa 32 GW.

Nel sottosuolo, l’elettricità in eccesso può essere usata per pompare aria nelle caverne o nelle fenditure rocciose utilizzate come depositi per il gas naturale. Nei momenti di bisogno, l’aria compressa alimenta le turbine collegate ai generatori. Poiché la compressione sprigiona calore che deve essere rimosso e in seguito reimmesso durante la fase di
espansione, l’efficienza di un sistema di accumulo energetico ad aria compressa (CAES) è solitamente inferiore al 50%, ma è pur sempre una tecnologia comprovata. Esistono due impianti CAES, uno in Germania (Huntorf) e uno negli Stati
Uniti (McIntosh, Alabama). Alcune società, come l’americana Energy Storage and Power, stanno progettando di costruire nuovi impianti CAES più efficienti.


Le soluzioni di ricerca e sviluppo ideate nell’ambito dell’accumulo energetico su larga scala comprendono sistemi basati sul pompaggio di acque sotterranee (miniere e falde acquifere), enormi contenitori in plastica contenenti aria compressa ancorate al fondale marino e l’accumulo di calore per migliorare le prestazioni dei sistemi ad aria compressa. Negli Stati Uniti, General Compression e Mechanology stanno lavorando a dei compressori da montare direttamente nelle navicelle delle turbine eoliche.

La giusta chimica per le batterie


Per intervalli di tempo più limitati, le batterie forniscono una riserva di elettricità flessibile anche senza ricorrere alla geologia. A partire dal tradizionale accumulatore ricaricabile piombo-acido, i rapidi progressi ottenuti in questa area di ricerca hanno permesso lo sviluppo di oltre una decina di tipi diversi di batterie, comprese quelle agli ioni di litio, la pila zinco-aria e la batteria sodio-zolfo.
Per il momento gli accumulatori piombo-acido reggono la competizione con gli ultimi modelli, ma hanno una scarsa densità energetica e una breve durata. Secondo Lars Barkler della società danese Lithium Balance, produttrice di sistemi di gestione elettronica in grado di massimizzare le prestazioni degli accumulatori, le batterie agli ioni di litio possono essere ricaricate più volte e offrono una più alta densità energetica rispetto a qualsiasi altra batteria attualmente in commercio.
Ma le batterie agli ioni di litio non sono tutte uguali. L’elemento chimico più diffuso, utilizzato anche nei computer portatili o telefoni cellulari,è l’ossido di litio e cobalto. La batteria al fosfato di litio, ferro e magnesio (LiFeMgPO4), invece, ha una densità energetica inferiore ma una durata superiore, soprattutto nel caso di applicazioni stazionarie e, secondo quanto sostiene Colin Spence, responsabile applicazioni stazionarie per la compagnia americana Valence Technology, è anche sostanzialmente più sicura. Grazie alla batteria agli ioni di litio, Valence ha fornito una
capacità pari a oltre 70 MWh che ha poi trovato applicazione in diversi settori commerciali, soprattutto quello dei veicoli elettrici. Nel caso di applicazioni stazionarie, la società è in grado di fornire una vasta gamma di moduli e di trasportarli per mezzo di container standard.
“Un container da 12 metri può stoccare una capacità di circa 2 MWh”, afferma Spence, “e un’erogazione massima di 4 MW”. Il costo è di circa 1-1,2 milioni di dollari per MW, di cui due terzi coprono le batterie e un terzo i componenti elettronici.



James McDougall, CEO della rivale ReVolt, è convinto che la tecnologia zinco-aria sviluppata dalla sua società abbia una capacità molto più elevata e migliori caratteristiche di sicurezza e convenienza rispetto alle batterie agli ioni di litio.
ReVolt, nel mirino degli investimenti della società tedesca specializzata in rinnovabili RWE Innogy, ha annunciato di aver risolto i problemi legati alle precedenti versioni ricaricabili delle comuni batterie zinco-aria, molto utilizzate negli apparecchi di
supporto acustico. “Prevediamo di lanciare le unità pilota per l’alimentazione di grandi dispositivi entro tre o cinque anni”, afferma McDougall.
“Le batterie sodio-zolfo (NaS), se utilizzate a una temperatura di 300°C, offrono il triplo della densità energetica degli accumulatori piombo acido e una durata pari a 2.500 cicli”, sostiene NGK Insulators. La società ha recentemente fornito sistemi sodio-zolfo da 1 MW a un deposito di autobus di New York e ha avviato un impianto sperimentale da 34 MW nei pressi di una centrale eolica in Giappone (cfr. fig. 2). “Un’unità NaS da 1
MW con una capacità di 7 MWh è grande quanto tre container da 6 metri”, spiega Henrik Vikelgaard di Vestas.

Ampliare l’orizzonte delle batterie


Le batterie tradizionali, a prescindere dalla loro composizione chimica, sono delle unità autonome in cui energia e capacità sono strettamente correlate.
Le batterie a flusso, conosciute anche come batterie redox o celle a combustibile rigenerabili, spezzano questo legame raggiungendo l’obiettivo di capacità più elevate a prezzi più contenuti.
Queste batterie immagazzinano l’energia in un liquido elettrolita conservato in taniche di grandi dimensioni che viene pompato nella batteria secondo necessità.
Tra i principali produttori di batterie a flusso spiccano ZBB Energy Corporation (Stati Uniti), VRB Power Systems (Canada), Plurion (Regno Unito) e Cellstrom (Austria). VRB e Cellstrom utilizzano il vanadio, ZBB il bromuro di zinco, mentre Plurion si affida a un acido organico conosciuto con l’acronimo MSA, unitamente ad alcuni metalli come cerio, zinco e titanio.
“Al momento le batterie a flusso forniscono una quantità relativamente inferiore di energia e sono anche più costose”, dice Claus Nygaard Rasmussen. VRB, tra le pioniere delle batterie a flusso, è un esempio lampante del livello di competitività di questo nuovo mercato. Nonostante sia riuscita a conquistare una posizione di primo piano
in Giappone, dove sono già state installate alcune batterie sperimentali, lo scorso anno la compagnia si è vista costretta a licenziare gran parte dello staff ed è stata di recente acquisita dalla cinese Prudent Energy di Pechino.
Esistono altri tipi di accumulatori di energia apparentemente simili alle batterie ma in realtà del tutto diversi, come ad esempio gli ultracapacitori e i sistemi per l’accumulo di energia magnetica a superconduttori (SMES). Gli ultracapacitori utilizzano elettrodi in nano-carbone che immagazzinano direttamente l’elettricità anziché convertirla in energia chimica, così come farebbe una pila.
Sono ideali per fornire grandi quantità di corrente elettrica in breve tempo e, diversamente dalle batterie, possono essere ricaricate per milioni di cicli. Alcune aziende come la Honda utilizzano gli ultracapacitori nei veicoli elettrici per recuperare
l’energia dispersa in frenata.
I dispositivi SMES accumulano l’energia sotto forma di campi magnetici, sono resistenti e forniscono grandi quantità di elettricità per brevi periodi di tempo. Alcune società, come ACCEL in Germania e American Superconductor negli USA, producono SMES di scala MW impiegati nelle industrie sensibili – come quelle dei semiconduttori – per il condizionamento dell’energia, ma anche per facilitare l’avviamento di grandi motori elettrici.

I supervolani che accumulano energia cinetica


“I supervolani che accumulano energia cinetica sono resistenti, molto efficienti e offrono un’ottima operatività, nell’ordine di milioni di cicli”, afferma Damien Scott della società britannica Williams Hybrid Power (WHP). Realizzati in fibra di carbonio composita in cui sono conglobate particelle magnetiche, i supervolani di WHP sono in grado di operare sottovuoto fino a 40.000 rpm. Una versione di questa tecnologia verrà applicata alle vetture della scuderia Williams nel corso di questa stagione di Formula 1.

Le batterie montate all’interno del supervolano fungono al contempo da motore e generatore:l’energia elettrica viene rilasciata o accumulataa seconda che si voglia aumentare o diminuire lavelocità del supervolano. “L’efficienza elettrica di round-trip, escluse le perdite legate all’elettronica di potenza, è superiore al 90%”, afferma Scott.
WHP ha già testato un supervolano in grado di fornire 250 kW di energia e ha progettato una nuova versione da 500 kW.

Per aumentare l’erogazione di energia elettrica e i tempi di rotazione è possibile utilizzare più supervolani in parallelo. La società statunitense Beacon Power, ad esempio, ha in progetto la realizzazione di un “parco” da 200 supervolani in grado di produrre un totale di 20 MW in 15 minuti. In California e a New York, la società ha già
sperimentato impianti a supervolani multipli delle dimensioni di un container.


Fare incetta di vento


“Ci siamo interessati a tutte le tecnologie di accumulo dell’energia, ma per il momento non ci sono clamorosi passi avanti”, spiega Henrik Vikelgaard. “Stiamo collaborando con i ricercatori dell’università di Aalborg e di altri istituti, anche
statunitensi”.“In Vestas crediamo che trovare un sistema per accumulare l’energia è fondamentale per ottimizzare le prestazioni delle centrali eoliche e farle funzionare sempre più come le centrali elettriche tradizionali”, continua. “Ci permetterebbe,
inoltre, anche di rinviare ingenti investimenti per l’incremento della capacità della rete elettrica.

Se non riusciremo a superare l’ostacolo dello stoccaggio dell’energia, sarà molto difficile per il mondo raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili”.

mercoledì 5 maggio 2010

le batterie mi deturpano la vista sul centro oli

Mi sto sempre più convincendo che:

  • lo stoccaggio di energia rinnovabile sarà cruciale per gestire l'impatto che ha sulla rete elettrica: verrà utilizzato per equilibrare domanda e offerta di energia elettrica e ridurre così l'utilizzo di centrali elettriche inefficienti per soddisfare la domanda di picco



  • nel prossimo futuro le pale eoliche non avranno il problema dell'impatto visivo: non saranno nulla al confronto dei sistemi di stoccaggio che ci saranno nei dintorni...


  • l'Italia sta ignorando completamente il settore dello stoccaggio di energia da fonte rinnovabile...




  • Accoppiare con sistemi di stoccaggio ad aria compressa, batterie ecc...gli impianti di energia rinnovabile sarà più sicuro, veloce ed economico che costruire centrali nucleari




Un'altra azienda che si sta muovendo in questo senso è la Isentopic:


Attualmente il modo più conveniente di stoccare grandi quantitativi di energia consiste nell’impiego di pompe idroelettriche. Il sistema messo a punto dagli ingegneri della Isentopic, invece, si basa su innovativo sistema composto da due silos, uno dei quali contiene roccia polverizzata come la ghiaia. L’elettricità prodotta dalle turbine verrebbe usata per riscaldare e far aumentare la pressione di un gas, l’argon, che invece è situato nel secondo silos. Nel momento in cui il gas passa da un sito all’altro si raffredda e raggiunge temperatura ambiente, mentre la ghiaia si riscalda fin oltre i 500 gradi. Quindi, una volta lasciato il primo sito, l’argon raggiunge il secondo e ritorna a una pressione naturale. Questo processo permette all’impianto di diventare una specie di grande refrigeratore, poiché la temperatura nel secondo alloggiamento, prima del gas e poi della ghiaia, raggiunge i -160 gradi. Quindi l’energia elettrica originariamente generata dalle pale eoliche viene immagazzinata sfruttando proprio la differenza di temperatura tra i due silos. Al contrario nei momenti di pausa degli impianti, per rilasciare l’energia immagazzinata, il ciclo viene invertito dal freddo al caldo. Isentropic ha annunciato che questo nuovo sistema a doppio ciclo prevedrà un rendimento, in termini energetici, dell’ 80%, ma, proprio a causa della scarsità di ghiaia, il costo per stoccare un kilowattora di energia grazie a questa “batteria gigante” si aggirerà tra i 10 e i 55 dollari.Storage Image

domenica 18 aprile 2010

Le batterie NAS per rinnovabili continue

Uno dei problemi delle energie rinnovabili è la loro intermittenza: il fotovoltaico non produce energia di notte e l'eolico non funziona senza vento.

Per garantire le fornitura negli orari di punta  e fornire un apporto costante alla rete elettrica nel prossimo futuro una soluzione sarà quella di  accoppiare ai grossi impianti fotovoltaici o eolici enormi batterie come le batterie di tipo Nas (che contengono zolfo liquido all'elettrodo positivo e sodio liquido all'elettrodo negativo).

E sottolineo enormi batterie (come quelle nella foto) e vedrete che non ce ne importerà molto degli impatti visivi quando rimarremo vittima di qualche black-out e questa volta a causa di problemi post-picco petrolio (vedi la teoria di Olduvai)



Nella foto una batteria Nas per scongiurare black-out in Texas

Batterie di questo tipo vengono costruite dalla giapponese NGK Insulators e dal sito ho visto che possono essere modulate in serie per ottenere diversi MW di carico e durano oltre 15 anni.

qui sotto ho caricato su youtube un video promozionale del loro funzionamento:







Altre volte ho parlato di sistemi per garantire forniture continue da parte delle rinnovabili come sistemi di stoccaggio ad idrogeno realizzati in Germania o ad aria compressa.

Quindi un business che l'Italia sta quasi completamente ignorando è il settore dello stoccaggio dell'energia che sta diventando sempre più importante: un esempio è questa start-up USA (la SustainX finanziata dal Dipartimento dell'energia americano ) che sta lavorando per la produzione di container- batterie di aria pressurizzata attraverso innovativi sistemi  di compressioni isoterme e non adiabatiche.

venerdì 9 aprile 2010

La cattiva strada

Ispirato da Report ho caricato il video inglese sulla sicurezza stradale.

Attenzione le immagini sono molto forti: quindi fatelo vedere a più persone possibili







di seguito lo spot della Cagnotto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della campagna sulla sicurezza stradale:







E finiamola con sto' perbenismo del ca....!!!

PS: Vedi l'Ipocrita

NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN E LA BIOECONOMIA

Questo post è volutamente messo nella sezione POLITICA

Il rapporto tra ambiente e attività umana –Il problema

dell’esaurimento delle risorse –La teoria bioeconomica

di Nicholas Georgescu-Roegen

di

ROMANO MOLESTI

Il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen

Nello studio del rapporto tra economia e ambiente

merita di essere ricordata l’opera di Nicholas Georgescu-

Roegen. Siamo di fronte a un autore che mette

in discussione gli elementi essenziali di quella che

egli chiama l’economia standard, basata sul modello

meccanicistico, tentando di integrare nella scienza

economica gli apporti delle scienze biologiche. Occorre,

egli afferma, dare un nuovo fondamento

all’economia nel senso di quella che egli definisce

“bioeconomia”. Si tratta di un tentativo di fronte alla

crisi dell’ambiente e all’esaurimento delle risorse,

sempre più palesi, di rimettere in questione le fondamenta

stesse del sistema che ha generato la crisi, e

di gettare le basi per un approccio ispirato alle scienze

della vita.

Per il secondo principio della termodinamica, la

materia-energia che entra nel processo economico, è

in stato di bassa entropia e quella che ne esce è in stato

di alta entropia. L’uomo, come ogni organismo vivente,

combatte la propria degradazione entropica

attraverso l’assimilazione di bassa entropia e il rigetto

nell’ambiente di alta entropia. In tale visione termodinamica

(o bioeconomica) l’uomo cerca di carpire

il più possibile la bassa entropia reperibile nel proprio

ambiente. La bassa entropia è rara in quanto essa

non può essere utilizzata che una sola volta.

Un’eccezione è rappresentata dall’energia del sole,

che è un flusso che ci arriva in quantità per noi illimitata

e per un tempo lunghissimo. La terra è un sistema

termodinamico aperto solo per quanto riguarda

l’apporto dell’energia solare: risulta pertanto evidente

che le risorse a bassa entropia vanno gestite tenendo

conto di questa realtà. La conseguenza di ciò è

che anche i problemi del riciclaggio e

dell’eliminazione dell’inquinamento vanno gestiti tenendo

conto che essi hanno un costo in termini energetici.

L’Autore mette in guardia dal troppo facile

ottimismo circa la possibilità di sostituzione di una

materia, che diventa rara, con un’altra, soprattutto

nella convinzione che, nel futuro, sia possibile una

crescita esponenziale della tecnologia, che permetta

di ridurre continuamente l’input per unità di output.1

A detta di Georgescu-Roegen la bioeconomia deve

fondarsi sull’analisi delle numerose asimmetrie

che esistono tra le fonti di bassa entropia, che costituiscono

la dote dell’umanità, cioè l’energia libera

che riceviamo dal sole, l’energia libera terrestre e le

materie “ordinate” utilizzabili, che sono disponibili

nelle viscere della terra.

Una prima asimmetria consiste nel fatto che, mentre

l’energia solare è un flusso, che quindi non potremmo

togliere a nessuna generazione futura, la materia-

energia terrestre è uno stock, di cui possiamo

disporre tutto insieme o ripartirlo su un lungo periodo

e di cui non conosciamo l’entità, per cui tendiamo a

sopravvalutarlo. La seconda asimmetria deriva dalla

precedente: poiché non sappiamo trasformare

l’energia in materia, l’elemento di gran lunga più critico

è la disponibilità di materia prime a bassa entropia.

Le risorse minerali sembrano, quindi, più difficilmente

aumentabili di quelle energetiche almeno a

lungo andare. La terza asimmetria consiste

nell’enorme differenza tra il flusso di energia solare e

lo stock di energia terrestre libera. Le riserve conosciute

di quest’ultima non rappresentano che due settimane

del flusso di energia che ci arriva dal sole.

Occorre, quindi, riflettere sull’errore che si commette

ogni volta che si sostituisce, quando non è indispensabile,

l’energia solare con quella fossile o terrestre

in genere.

Vanno altresì ricordate le altre asimmetrie, che riguardano

i rischi che l’uomo corre distruggendo le

specie di animali e vegetali, che sono concorrenti con

lui nell’uso di certe risorse terrestri. Dalle varie asimmetrie

prese in esame per l’autore scaturisce la

necessità di attuare un programma bioeconomico minimo,

fondato anzitutto su di una nuova etica, che

rieduchi l’umanità a sentire simpatia per le generazioni

future, che risultano escluse dal mercato e delle

cui esigenze non si tiene alcun conto nella formazione

dei prezzi e delle decisioni.

Sostiene Georgescu-Roegen, che un programma

bioeconomico minimo dovrà essere basato

sull’utilizzo più ampio possibile dell’energia solare,

risparmiando al massimo lo stock terrestre. Occorrerà,

quindi, provvedere alla riduzione della popolazione

fino al livello in cui essa potrà essere nutrita con

un’agricoltura organica; inoltre, ridurre le differenze

tra Paesi ricchi e Paesi poveri e diminuire gli sprechi

dei paesi ricchi; eliminare gli sprechi di energia solare,

concepire i prodotti come durevoli e riparabili, evitare

i miti del sempre più grosso e del sempre più perfezionato

(e quindi sempre più fragile e sempre più

difficile da riparare); eliminare lo spreco delle risorse

negli armamenti, sviluppare un uso intelligente del

tempo libero, adoperare con la massima parsimonia

quegli elementi le cui proprietà fisiche o chimiche

non sono rimpiazzabili e che sono detti “elementi

vitamine”.

Nell’economia standard il capitale sociale e il lavoro

sono convenzionalmente considerati le fonti

del valore aggiunto, mentre ciò a cui il valore viene

aggiunto è fatto di elementi primi indistruttibili offerti

dalla natura, senza che la natura stessa abbia

aggiunto alcun valore. Pur non negando affatto il

valore aggiunto tradizionale, Georgescu-Roegen afferma

che anche la natura in realtà aggiunge valore.

Tale supremazia del valore aggiunto dalla natura

(bassa entropia) porta l’Autore alla nota affermazione

secondo cui “ogni volta che produciamo una

Cadillac distruggiamo irrevocabilmente una data

quantità di bassa entropia che potrebbe essere altrimenti

impiegata per produrre un aratro o una zappa.

In altre parole, ogni volta che produciamo una Cadillac,

lo facciamo al costo di ridurre vite umane future”.

La teoria bioeconomica di N. Georgescu-Roegen

getta nuova luce sul fenomeno della produzione, che

viene ad essere basata sul modello fondi-flussi. Capitale

e lavoro, nell’impostazione roegeniana, costituiscono

i fondi o agenti che trasformano il flusso di

risorse naturali in un flusso di prodotti. Tra fondi e

flussi intercorre una relazione fondamentale di complementarietà

dal momento che la sostituibilità tra

fondi e flussi è strettamente marginale, limitata a

ridurre gli scarti del processo. Costituisce pertanto

una palese forzatura della realtà il voler concepire il

capitale come un sostituto quasi perfetto delle risorse

naturali, come spesso si fa sotto l’influenza delle

funzioni di produzione di tipo Cobb-Douglas.

La teoria bioeconomica

Come abbiamo osservato i recenti sviluppi della

“nuova” rivoluzione scientifica hanno contribuito a

creare un nuovo paradigma che, per quanto riguarda

la bioeconomia, raggiunge la sua massima espressione

nell’opera di Georgescu-Roegen. Nuovo paradigma,

quindi, con passaggio da un’economia basata

sul modello meccanicistico della fisica classica

newtoniana e della filosofia cartesiana a una nuova

visione della realtà. Una nuova impostazione, che

colpisce alla radice i fondamenti dell’economia

standard, ma che finora non ha avuto il successo che

avrebbe meritato. L’economia neoclassica continua

a mantenere le posizioni di preminenza, nonostante

numerose crepe siano state aperte nel suo edificio e

nonostante la realtà storica dimostri la netta insufficienza

dello schema economico standard.

Perché la bioeconomia ha incontrato e continua

ad incontrare tante difficoltà per la sua affermazione?

Riteniamo che la causa di ciò sia attribuibile in

gran parte alla forza d’inerzia che si avverte riguardo

alle teorie economiche in genere e soprattutto riguardo

ai paradigmi economici. È stato affermato, a

nostro avviso non a torto, che quando un’idea penetra

in un libro di testo diventa pressoché immortale,

e questo riteniamo che sia anche il caso

dell’economia standard e dei relativi modelli che si

riferiscono all’economia dell’ambiente. Sovente si

ha a che fare con una sorta di pigrizia mentale, per

cui risulta difficile uscire da schemi e modelli che ci

si è abituati a seguire magari fin dai primi studi accademici.

Inoltre, molti si rendono conto che

l’accettazione di un nuovo paradigma economico

potrebbe in certi casi complicare la vita sul piano

professionale. Consulenti governativi che seguono

determinati indirizzi, docenti inseriti nel mondo accademico,

che fanno parte di determinate scuole e

che, come tali, sono tenuti in un certo senso, ad una

sorta di disciplina di gruppo, avvertono, per le loro

carriere, la pericolosità di repentini cambiamenti.

C’è ancora un altro motivo che contribuisce a

mantenere ancora in vita certi paradigmi meccanicistici,

un motivo che potremmo definire interno al

modello. Il paradigma dell’economia standard porta

ad attribuire una particolare importanza ai concetti

aritmomorfici, quelli tipici, ad esempio, delle scienze

esatte ma che consistono comunque in dati ed assunzioni

ben precisi specie per quanto riguarda il

numero, il peso, l’estensione, ecc. I concetti dialettici,

che invece vengono in evidenza nella bioeconomia,

sono concetti sfumati in cui si passa da una

definizione ad un’altra per gradi, sovente impercettibili.

Ecco, ora, che il maneggiare tali concetti richiede

uno sforzo di indagine certamente maggiore

e conduce a risultati che, per quanto possano essere

ritenuti validi, si presentano comunque in una forma,

per così dire, problematica.

Un altro elemento può forse contribuire a creare

qualche perplessità in coloro che non vogliono guardare

in faccia la realtà, preferendo accettare schemi

e modelli improntati a posizioni ottimistiche, anche

se queste poi risultano in definitiva irrealistiche.

Risulta in tutto e per tutto evidente che

l’impostazione di Georgescu-Roegen e della bioeconomia

ci mettono di fronte ad una realtà che, per

certi aspetti, risulta tutt’altro che confortante. La

bioeconomia ci dice che la terra su cui viviamo ha

dei limiti ben precisi, che la razza umana, se vuole

sopravvivere, deve adeguare il suo comportamento

alle esigenze del pianeta, evitando modi di vivere

irrazionali e stravaganti, che sono in netto contrasto

con i limiti biofisici della terra e con la seconda legge

della termodinamica.

La seconda legge, appunto. È questo un aspetto

nodale di tutta l’impostazione bioeconomica. Tale

legge ci dice che l’energia si degrada irrimediabilmente

da energia utilizzabile a energia non più utilizzabile.

Il quadro è completato da quella che Georgescu-

Roegen definisce come la quarta legge della

termodinamica, un principio individuato

dall’Autore, secondo cui non solo l’energia ma anche

la materia si degrada. Ora, si è discusso a lungo

se tal enunciato possa, per così dire, essere elevato

al rango di legge scientifica. I fisici, in genere, non

si sono mostrati entusiasti nel considerare

l’asserzione di Georgescu-Roegen come una possibile

quarta legge della termodinamica. In ogni caso,

si possa o non si possa parlare di una quarta legge

della termodinamica, il problema che pone l’Autore

è un problema reale. Oltre all’energia anche la materia

si degrada: il riciclaggio completo non è possibile,

anche ammesso che si disponga d’energia a

sufficienza. Gli elementi di cui l’uomo può avvalersi

subiscono un’usura progressiva per cui, anche il

voler mantenere uno stato stazionario, potrebbe risultare

un’utopia. Il poter continuare a coltivare due

spighe di grano dove ne nascevano altrettante sarebbe

già un miracolo.

Che sia accettabile o meno la cosiddetta quarta

legge della termodinamica, il problema che ci sta

davanti è comunque un problema da cui non si può

prescindere, al di là di meri nominalismi. Anche

senza volere addentrarci in questa sede in discussioni

che ci porterebbero troppo lontano, ci sembra opportuno

ricordare quanto ci dichiarò una volta Georgescu-

Roegen nel corso di una conversazione: Ilya

Prigogine, cui egli aveva chiesto un giudizio sulla

validità o meno, dal punto di vista della fisica,

della cosiddetta quarta legge della termodinamica,

non si era mai espresso negativamente al riguardo,

limitandosi a sospendere il giudizio.

L’impostazione di Georgescu Roegen si differenzia

notevolmente da quella di tanti assertori dello

sviluppo sostenibile: quest’ultimo concetto, per come

viene definito, si presta ad essere diretto, se non

in tutte, almeno in molte direzioni. Sia coloro che si

occupano dell’ambiente sia coloro che non se ne occupano,

in genere tutti oggi parlano di sviluppo sostenibile,

che sovente si riduce ad un’espressione

priva di significato, un’espressione con cui spesso

vengono contrabbandate le impostazioni più disparate.

Innanzi tutto ci sono i problemi della sostenibilità

debole e della sostenibilità forte, due impostazioni

che, nonostante facciano riferimento entrambe

al termine sostenibilità, come abbiamo visto hanno

ben poco in comune. Sotto questo aspetto ci sembra

alquanto ottimistica l’affermazione di Daly, secondo

cui la sostenibilità debole costituisce già un passo

in avanti rispetto alla posizione dell’economia

standard. Potremmo anche capovolgere il discorso e

affermare che una posizione, che si riduce a poco

più di un esercizio verbale, non solo non costituisce

un reale progresso ma, a ben guardare le cose, può

rappresentare anche un pericolo in quanto può dare,

in alcuni casi, l’impressione che si sia pervenuti ad

un mutamento di indirizzo mentre l’impostazione di

fondo è rimasta pressoché invariata.

Rimane da chiarire se, con il concetto di sostenibilità

forte, la questione possa considerarsi avviata a

soluzione o se anche questo concetto risulti insufficiente.

A questo proposito il discorso deve farsi articolato.

Riteniamo che, rispetto all’economia standard,

tuttora ancorata al paradigma meccanicistico,

il concetto di sostenibilità forte costituisca un grosso

passo in avanti e che, quindi, meriti la più ampia

considerazione. Resta, comunque, da vedere se esso

possa risultare ancora valido a lungo termine.

A questo riguardo occorre considerare separatamente

due aspetti. L’economia standard risulta tuttora

ancorata al dogma meccanicistico per cui si

presentano notevoli difficoltà per un cambio radicale

di indirizzo. È già difficile far accettare a certi

rappresentanti della cultura economica consolidata i

principi della sostenibilità, per cui una battaglia per

obiettivi ancora più radicali potrebbe risultare già in

partenza votata al fallimento. Il concetto di sostenibilità

forte potrebbe invece costituire un obiettivo più

concretamente perseguibile.

Un nuovo approccio per lo sviluppo futuro

Nell’esame che abbiamo compiuto all’inizio

sugli aspetti caratterizzati la rivoluzione delle

scienze, abbiamo visto come oggi sia chiaramente

emerso un nuovo paradigma scientifico che si incardina

sui concetti di complessità, sistematicità,

ecc. Comunque si voglia vedere la cosa, la vita sul

pianeta si svolge sotto il dominio di queste due

leggi della termodinamica, la seconda e la quarta.

Ora, se questo è vero, la situazione, nel lungo termine

non può certo essere definita rosea. Anche

ipotizzando i più grandi sviluppi della scienza nel

futuro, l’uomo dovrà sempre fare i conti con la seconda

legge della termodinamica per cui, contrariamente

a quanto potessero pensare anche i più

ottimisti, sarebbe comunque fuori luogo parlare

delle “magnifiche sorti e progressive”.

Nel lungo termine non possono essere ipotizzate

forme di progresso economico che portino ad

aumenti della produzione così come noi oggi li intendiamo.

Costituiscono dei limiti invalicabili: la

finitezza del pianeta terra e delle sue risorse e la

legge di entropia. Sono questi i cardini che debbono

essere tenuti presenti: è solo su questi che deve

basarsi ogni ragionamento sulle prospettive future,

sugli scenari possibili. Non si tratta tanto di essere

ottimisti o pessimisti quanto di prendere atto della

realtà quale essa si presenta.

Secondo l’impostazione di Georgescu-Roegen,

nel lungo periodo anche una situazione stazionaria

risulta di difficile attuazione per cui non si potrebbe

più parlare di sviluppo sostenibile anche in termini

di sostenibilità forte. Questa è la situazione,

di cui, piaccia o non piaccia, si dovrebbe prendere

atto.

Indubbiamente non è certo una strada facile

quella che dovrà essere percorsa. Una strada che

richiede sacrifici, che possono essere compiuti solo

a seguito di adeguate motivazioni. E quali potranno

essere queste motivazioni? Occorrerà soprattutto

una nuova etica che, nel caso specifico, dovrà

riguardare i nostri rapporti con le generazioni future,

nei confronti delle quali dovrà svilupparsi un

nuovo sentimento di affezione.

Se all’inizio – afferma Georgescu-Roegen – fu

detto: “non uccidere” e poi “ama il prossimo tuo

come te stesso”, il nuovo comandamento dovrà essere

“ama le generazioni future come te stesso”.

Questo è un imperativo categorico dal quale non si

può prescindere. Un imperativo che risulterà tanto

più attuabile quanto più si cercherà in ogni modo

di instillare in tutti, specie nelle nuove generazioni,

questo nuovo tipo di cultura.

L’ultimo anello della catena, che, come abbiamo

osservato, comporta una serie di passaggi logici,

consiste dunque nel cercare di creare una nuova

mentalità, un nuovo approccio ai problemi

dell’ecologia.

A tale scopo sarà necessaria un’opera di educazione

e di diffusione della cultura ambientale.

L’homo oecologicus sarà formato nella famiglia,

educato nella scuola e completato nell’impegno

svolto nelle associazioni ambientalistiche.

Se l’ecologia costituisce una dimensione globale

della vita (oikos, la casa di tutti) è evidente che

la soluzione dei problemi, che essa comporta, non

potrà che essere trovata in un approccio globale,

approccio nel quale l’elemento dell’educazione riveste

un ruolo fondamentale.

Romano Molesti

Romano Molesti è professore ordinario di Storia

del Pensiero Economico nell’Università di Verona

e Presidente dell’ANEAT, Associazione Nazionale

degli Economisti dell’Ambiente e del Territorio

NOTE

1) N. GEORGESCU-ROEGEN, Demain la Dècroissance,

Lausanne, 1979, p. 18.

2) N. GEORGESCU-ROEGEN, L’Energie et les Mithes

Economiques, in Demain la Décroissance, cit.

3) N. GEORGESCU-ROEGEN, La legge di entropia e il

problema economico, in Analisi economica e processo

economico, Sansoni, Firenze 1973, p. 278.

4) N. GEORGESCU-ROEGEN, Lo stato stazionario e la

salvezza ecologica: un’analisi termodinamica, in “Economia

e ambiente”, n. 1, 1984, p. 15.

martedì 6 aprile 2010

Georgescu-Roegen colpisce ancora...

PREZZI DEL FERRO ALLE STELLE!!!


Industria Ue in allarme per i rincari del ferro


suggerisco ai vertici dell'ANIMA (Federazione delle Associazioni Nazionali dell'Industria Meccanica Varia e Affine) di regalarsi il seguente libro:

martedì 30 marzo 2010

Addio

Con la morte nel cuore per la prima volta in vita mia non ho votato Rifondazione Comunista. Non mi andava più di votare per un partito al quale gli sono rimasti solo  simbolo e  nome, simbolo e nome che invece mancavano a Sinistra e Libertà ma la SEL aveva ed ha tutto il resto come per esempio un programma facile da comprendere , persino i grillini hanno un programma più diretto di quello di Rifondazione.

Anche qui in Basilicata siamo scomparsi ma abbiamo eletto un consigliere della SEL e per la prima volta nessuno di Rifondazione ma la data del suicidio non è oggi ma è avvenuto nel luglio 2008.

Per quanto riguarda il Nord forse se fossi stato lì avrei votato Lega Nord e non il Movimento 5 stelle per il semplice motivo che i miei amici emigrati al nord adesso votano Lega Nord anche se qui andavano al circolo Rocco Scotellaro.

Ripartiamo dalle Fabbriche di Nichi RIFONDIAMO e poi di nuovo UNITA' con Grillini ed Comunisti (e se c'è ancora gente che vuole un simbolo il simbolo c'è ed è il seguente:



e no .... non è di destra purtroppo e inseriamola in questo benedetto simbolo.

PS: Qui in Basilicata ha di nuovo vinto la Democrazia Cristiana..

martedì 23 marzo 2010

L'incubo

...ho di nuovo sognato il termosifone in ghisa con valvola termostatica a due vie a bassa inerzia termica mentre cavita...

...il tutto era in nicchia ed ostruito...

...l'evaporatore  vuoto.. le tende sembravano chiudersi davanti...

...non mi facevano vedere la caldaia...era il più lontano da essa lo sentivo dentro di me...quel ticchettio quel maledetto ticchettio

lunedì 15 marzo 2010

Le pippe dell'esperto

«Gli sventoloni e i pannelli solari sono pippe: dal punto di vista tecnico scientifico sono pippe a costi altissimi». Non usa mezzi termini il ministro della Pubblica amministrazione e dell’innovazione, Renato Brunetta.(l'esperto vedi sotto) «Hanno costi altissimi - afferma intervenendo al dibattito di Cernobbio sul tema dell’efficienza energetica - e contribuiscono alla produzione di energia in modo del tutto marginale. Chi ci guadagna è la Germania che produce pippe per chi compra pippe: un solo rigassificatore, per esempio, da solo contribuisce in modo molto maggiore a risolvere il problema energetico del Paese», sostiene il ministro.

nell'ottobre 2006 il primo post ''serio'' che pubblicai fu proprio sugli esperti:


Falso esperto - Insegnante (generalizzando, esperto) che non conosce la materia; se non ripassa la lezione, spesso si confonde o non arriva alla fine e deve "leggere" dal libro di testo.
Sembra impossibile, ma molte persone non contemplano l'esistenza di questa categoria. Sono quelle che ritengono che una laurea (un diploma, un attestato ecc.) sia condizione necessaria e sufficiente per essere esperti. Ovvio che il titolo non è una condizione sufficiente (vedasi in ogni professione i più scarsi rappresentanti), ma non è nemmeno necessaria. Questo è un concetto che sfugge a chi non ha mai messo in difficoltà i suoi maestri, preferendo credere che fossero il massimo del sapere. In realtà molti autodidatti senza titolo ne sanno molto di più di falsi esperti con titolo. (da Albanesi.it sito che leggo spesso dato che sono un runner)

giovedì 4 febbraio 2010

la Fiat di Melfi e l'auto elettrica

...ovvero il nulla e il destino degli impianti italiani è segnato. (anche in presenza di colpi di genio italici come questo ma montati all'estero)

Un impianto di auto elettriche non si crea dal nulla e fra 5 anni siamo fuori tempo(forse anche prima Cina permettendo): provate a digitare BYD su Google cari miei scienziati della comunicazione.

La Chevrolet implementerà un impianto da 336 milioni di dollari a Detroit-Hamtramck (migliorando sostanzialmente quello esistente) per la costruzione della Volt (auto elettrica)


Dal video qui sotto soldi ben spesi: (è un'auto vera di quelle che può fare il mazzo alla VW Golf tanto per interderci...)

[youtube=http://www.youtube.com/watch?gl=IT&feature=related&v=gbbv-CCVqyg]

A questo punto a noi Italiani non ci resta altro da fare che legalizzare il retrofit elettrico per creare una filiera produttiva più consona al tessuto industriale italiano e levarci di torno i ricatti Fiat+Autostrade sviluppando una buona volta le autostrade del mare e i treni.

Messaggi subliminali:

(Resisterò ai preti di Magdi Allam alla Total agli ex democristiani  al generale Jean e agli ambientalisti dell'ultima ora NON EMIGRO NON EMIGRO )


(l'ingegnere gestionale è il mio nemico)

(L'Architetto è l'Anticristo)


giovedì 21 gennaio 2010

Magdi Lucano Allam



Sto cercando di capire perchè abbiano scelto Magdi al posto di Kermit.

Cioè Kermit ne ha fatte di cose per la Basilicata più di Magdi ed addirittura c' è pure stato in Basilicata me lo ricordo benissimo.

Se cliccate sulle immagine c'è il link ai loro profili di Wikipedia così domani mi date un parere. (ebbene sì questo è l'unico blog dove i commenti li danno il giorno dopo a voce quando scendo al rione)

martedì 5 gennaio 2010

salvare video streaming da rai.tv (aggiornamento 2011)

Aggiorno il vecchio post di due anni fa http://lucaniaelettrica.wordpress.com/2008/03/27/come-salvare-video-streaming-da-rai-tv/

Nuova procedura:

1 Scaricatevi Orbit Downloder ed installatelo. Ci servirà per scaricare il video con il link mms ( per info su mms ed altro fate riferimento al vecchio post linkato sopra)

2 Scaricatevi Net Transport la guida del programma è invece qui

3 Scaricate l'estensione per Mozilla Firefox che emula Microsoft Explorer cioè consente di visualizzare le pagine web in modalità Microsoft Explorer

4 il più è fatto adesso andate su rai.tv con il browser mozilla firefox in modalità explorer



5Avviate Net Transporte nel tab sniffer url premete Avvia e poi Copia sul link mms del video streaming che è in blu



6 Avviate Orbit Downloader cliccate su download ed automaticamente vi scaricherà il video della

RAI CHE E' UNA CAZ.. DI RETE PUBBLICA CHE DOVREBBE FARE SERVIZIO PUBBLICO ED ESSERE ACCESSIBILE NEI CONTENUTI in TUTTI I MODI POSSIBILI ED IMMAGINABILI A TUTTI GLI ABBONATI COMPRESO ME CHE HO DUE ABBONAMENTI E MI GIRANO I COSIDDETTI CHE VEDO DA SEMPRE LA TELEVISIONE A MERDA PERCHE' NON SONO CAPACI D'ILLUMINARE BENE L'APPENNINO LUCANO





update 2011


Ho provato a scaricare anche in presenza di Silverlight della Microsoft utilizzando come sniffer mms il programma URLhelper V3 e usando come browser Microsoft Explorer.

sabato 2 gennaio 2010

BLOWER DOOR TEST

Due video fatti bene e in Italiano (cosa rara) sul blower door test.