I più bravi in termodinamica sanno che l'entropia è una funzione di stato del sistema che misura il grado di disordine del sistema stesso. Sempre secondo la termodinamica l'entropia totale dell'universo è in continuo aumento, cioè il disordine cresce sempre.
Analogamente (il termine richiama quindi il disordine provocato dalla presenza umana) possiamo definire l'antropentropia in modo molto semplice come:
A = S * N
dove S è la superficie umana e N il numero di uomini.
S è la superficie che compete a ogni uomo come suo spazio vitale e che ha sottratto alla natura: la casa dove abita, le strade, le strutture (luoghi di lavoro, luoghi ricreativi, scuole, ospedali ecc.). Si tratta della quota individuale che abbiamo tolto alla Terra. Tale quota cresce continuamente con il progresso. L'ipotesi del cemento si basa su di essa: se ognuno di noi avesse a disposizione un terreno di SOLI (incredibile, ma vero!) settanta metri per settanta, ogni metro della penisola sarebbe urbanizzato.
Se nel Terzo Mondo si vive ancora in dieci in una capanna di 30 mq, oggi il sogno di ognuno di noi è di espandersi. Parlo spesso con ambientalisti che hanno una bella e ampia villa. Ebbene, costoro non si rendono conto che se ognuno di noi (aspirazione legittima) portasse via alla natura la fetta che loro hanno preso, della natura resterebbe ben poco. Ovvio che con il progresso sociale, se non cambia la sensibilità sull'antropentropia, S continuerà ad aumentare.
Purtroppo anche N continua ad aumentare, in maniera veramente impressionante, soprattutto perché nessun governo è interessato a una politica di controllo demografico.
In sostanza
dalla preistoria l'antropentropia continua ad aumentare
quindi:
che senso ha preoccuparsi di salvare una pianta, una specie animale, quando un banale calcolo dell'aumento dell'antropentropia ci dice che fra X secoli la natura sarà estinta?
L'ambientalista che non si fa carico di rispondere a questa domanda, fa spallucce ed è contento di fare quello che si può, tanto fra X secoli lui non ci sarà più (se non risponde concretamente alla domanda questa è la motivazione inconscia del suo falso attivismo), non può poi indignarsi se si sente rispondere: ma che mi importa se fra 50 anni l'effetto serra farà disastri, fra 50 anni io non ci sarò più!
Che i secoli siano uno, due o dieci il discorso non cambia:
se la politica ambientale non fissa un limite all'antropentropia, di natura potrà esistere solo quella artificiale.
Ovviamente il limite non deve essere temporaneo (come i periodici piani regolatori che non fanno altro che differire l'agonia naturale), ma assoluto. Se per esempio in Italia il limite attuale è S=200 (in mq; è solo una stima che tiene conto delle strutture private e di quelle pubbliche) e N=60 milioni, A varrebbe 1,2*1010 una politica seria potrebbe portare il valore da 1,2 a 1,5 (ma potrebbe anche scendere a 1!), ma non per 5 o 10 anni. Per sempre!
Solo studiando l'antropentropia e fissando limiti assoluti non trattabili, localmente e globalmente, si potranno ottenere risultati concreti. Altrimenti, tanto vale depredare la natura delle poche risorse che ancora ha.
lunedì 13 settembre 2010
L'antropentropia
Riporto e condivido totalmente:
giovedì 5 agosto 2010
Regoli calcolatori dual-core
Fantasticavo sulla notizia della prossima uscita di uno smartphone con processore dual-core e piattaforma android.
Fantasticavo su un futuro prossimo dove scrivevo:
matlabpool open 2
parfor (i=1:N)
etc.. sul Matlab del telefonino
Fantasticavo ricordando uno slogan che era scritto sulla mia prima calcolatrice (una Sharp??): Non usarla per scopi bellici!!!
Fantasticavo sul fatto che l'Italia è completamente tagliata fuori da tutti questi settori (nemmeno più il design...) e sono tornato alla triste realtà...
Fantasticavo su un futuro prossimo dove scrivevo:
matlabpool open 2
parfor (i=1:N)
etc.. sul Matlab del telefonino
Fantasticavo ricordando uno slogan che era scritto sulla mia prima calcolatrice (una Sharp??): Non usarla per scopi bellici!!!
Fantasticavo sul fatto che l'Italia è completamente tagliata fuori da tutti questi settori (nemmeno più il design...) e sono tornato alla triste realtà...
martedì 11 maggio 2010
immagazzinare le energie rinnovabili
da un opuscolo della Vestas ricopio:
L’utilizzo su larga scala dell’energia rinnovabile potrebbe dipendere dalla capacità di immagazzinare l’elettricità
di Charles Butcher
L’elettricità è sfuggente: è invisibile ed è quasi impossibile da accumulare, salvo che non venga convertita in un’altra forma di energia. Molti sono gli esperti convinti che il vento e le altre fonti rinnovabili potranno spiccare definitivamente il volo solo se si riuscirà a trovare un sistema efficace per immagazzinare l’elettricità. Le opportunità che si prospettano in questo senso e la necessità di sviluppare batterie in grado di soddisfare la fame di energia degli apparecchi elettronici, hanno contribuito a un vero e proprio boom delle attività di ricerca e sviluppo sugli accumulatori di energia.
“Il vento è imprevedibile. Le variazioni di energia possono verificarsi in una scala temporale che va da pochi secondi a giorni”, sottolinea Claus Nygaard Rasmussen, ricercatore che studia i sistemi di accumulazione di energia all’Institute of Energy Technology dell’Università di Aalborg, in Danimarca. Ciò significa che le società elettriche dovranno essere in grado di far fronte sia ai cali di tensione della durata di pochi secondi o minuti, sia alle variazioni che si protraggono per ore o giorni.
“È importante fissare un orizzonte temporale di un’ora”, continua Claus Nygaard Rasmussen. “Sessanta minuti sono infatti l’unità minima di tempo in base a cui viene commercializzata l’elettricità, ed è una misura compatibile con le batterie attualmente esistenti. I nostri studi dimostrano che con una capacità di stoccaggio del 30% si ottengono ottimi risultati”, afferma.
“Una turbina eolica da 2.0 MW, ad esempio, genera in media 800 kW di energia. Se aggiungiamo una batteria con una capacità di 240 kWh e una potenza nominale di 800/1.200 kW, le probabilità di riuscire a fornire 800 kW di energia nell’ora successiva sono molto alte”. Secondo Claus Nygaard Rasmussen, questo genere di garanzia è fondamentale per le società elettriche, che potrebbero passare alle rinnovabili e decidere di chiudere gli impianti a combustibili fossili.
Per quanto riguarda i vantaggi a breve termine, lo stoccaggio consente alle centrali eoliche di aumentare la produzione in tempo utile per fronteggiare i picchi di domanda energetica.
“Contrariamente alle installazioni eoliche e solari,le centrali elettriche convenzionali dispongono di riserve da impiegare per gestire questo tipo di situazioni”, afferma Henrik Vikelgaard, esperto in accumulatori di energia di Vestas.
“L’energia eolica diventerà più appetibile agli occhi delle società elettriche se sarà possibile garantire la stabilità della frequenza in rete mediante lo stoccaggio”.
I costi rimangono comunque un ostacolo, anche per lo stoccaggio a breve termine. Claus Nygaard Rasmussen ritiene che una batteria agli ioni di litio da 240 kWh pensata per una turbina eolica da 2.0 MW peserebbe all’incirca 1,5 tonnellate e costerebbe quasi quanto la stessa turbina. “Se il prezzo delle batterie non si riduce della metà o di un terzo rispetto al costo attuale, il valore dell’energia eolica dovrà raddoppiare”,
sostiene.
Aumentare la capacità di stoccaggio fino a sei o otto ore di autonomia e quindi gestire le variazioni della domanda tra giorno e notte, è anche più costoso. “Intervalli di autonomia più lunghi”, fa notare Claus Nygaard Rasmussen, “accrescerebbero, tuttavia, il valore dello stoccaggio, in quanto garantiscono maggiore flessibilità alle società e agli operatori della rete elettrica”.
“Per questi ultimi lo stoccaggio costituisce già di per sé un sistema conveniente per aumentare l’affidabilità della rete e rinviare gli investimenti per l’installazione di nuova capacità”, sottolinea Brad Roberts, presidente di Electricity Storage Association e consulente del Dipartimento dell’Energia statunitense. La sua azienda, S&C Electric Company, collabora alla sperimentazione di una batteria sodio-zolfo da 1MW con
una capacità di 7 MWh, che sta immagazzinando l’energia generata da un parco eolico da 12 MW.
La sperimentazione, condotta in Minnesota, rientra nell’ambito del progetto “Wind-to-Battery” di Xcel Energy e durerà un anno.
La figura 1 mostra come diverse tecnologie di stoccaggio siano combinate tra loro.
Per ciascuna è indicata l’energia che possono fornire (misurata in MW) e la capacità (misurata in MWh, in altre parole per quanto tempo sono in grado di sostenere un dato output energetico). Stando agli esperti, alcune di queste tecnologie, in particolare
quelle relative alla regolazione delle variazioni a breve termine, potrebbero essere pronte per la commercializzazione nei prossimi cinque anni.
Lo stoccaggio su larga scala è possibile…grazie alla Terra
Al momento, i problemi legati alla natura intermittente dell’energia eolica vengono spesso appianati dalle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili oppure con energia importata ,che viene “pagata” non appena il vento ricomincia a soffiare.
Un’altra opzione consiste nel convertire l’energia eolica in eccesso in idrogeno da utilizzarecome combustibile per i veicoli e le centrali elettriche. Purtroppo anche l’idrogeno è difficile da immagazzinare e richiede una visione politica forte capace di incoraggiare le società elettriche ad abbracciare questa scelta.
La soluzione più immediata al problema dello stoccaggio dell’elettricità, tuttavia, ce la fornisce la geologia. In superficie, nelle zone montuose si può utilizzare un sistema di stoccaggio delle riserve idriche che sfrutta l’elettricità in eccesso o la fascia off-peak (ore notturne) per pompare l’acqua a un invaso situato più a monte. L’efficienza di round-trip (ovvero di andata e ritorno) dell’acqua pompata è pari al 70-85%; la capacità di questo sistema di produrre energia nel giro di pochi secondi lo rende una perfetta integrazione alle altre fonti rinnovabili. Gli Stati Uniti possiedono circa 20 GW di energia immagazzinata con il sistema di pompaggio, e l’Unione Europea circa 32 GW.
Nel sottosuolo, l’elettricità in eccesso può essere usata per pompare aria nelle caverne o nelle fenditure rocciose utilizzate come depositi per il gas naturale. Nei momenti di bisogno, l’aria compressa alimenta le turbine collegate ai generatori. Poiché la compressione sprigiona calore che deve essere rimosso e in seguito reimmesso durante la fase di
espansione, l’efficienza di un sistema di accumulo energetico ad aria compressa (CAES) è solitamente inferiore al 50%, ma è pur sempre una tecnologia comprovata. Esistono due impianti CAES, uno in Germania (Huntorf) e uno negli Stati
Uniti (McIntosh, Alabama). Alcune società, come l’americana Energy Storage and Power, stanno progettando di costruire nuovi impianti CAES più efficienti.
Le soluzioni di ricerca e sviluppo ideate nell’ambito dell’accumulo energetico su larga scala comprendono sistemi basati sul pompaggio di acque sotterranee (miniere e falde acquifere), enormi contenitori in plastica contenenti aria compressa ancorate al fondale marino e l’accumulo di calore per migliorare le prestazioni dei sistemi ad aria compressa. Negli Stati Uniti, General Compression e Mechanology stanno lavorando a dei compressori da montare direttamente nelle navicelle delle turbine eoliche.
La giusta chimica per le batterie
Per intervalli di tempo più limitati, le batterie forniscono una riserva di elettricità flessibile anche senza ricorrere alla geologia. A partire dal tradizionale accumulatore ricaricabile piombo-acido, i rapidi progressi ottenuti in questa area di ricerca hanno permesso lo sviluppo di oltre una decina di tipi diversi di batterie, comprese quelle agli ioni di litio, la pila zinco-aria e la batteria sodio-zolfo.
Per il momento gli accumulatori piombo-acido reggono la competizione con gli ultimi modelli, ma hanno una scarsa densità energetica e una breve durata. Secondo Lars Barkler della società danese Lithium Balance, produttrice di sistemi di gestione elettronica in grado di massimizzare le prestazioni degli accumulatori, le batterie agli ioni di litio possono essere ricaricate più volte e offrono una più alta densità energetica rispetto a qualsiasi altra batteria attualmente in commercio.
Ma le batterie agli ioni di litio non sono tutte uguali. L’elemento chimico più diffuso, utilizzato anche nei computer portatili o telefoni cellulari,è l’ossido di litio e cobalto. La batteria al fosfato di litio, ferro e magnesio (LiFeMgPO4), invece, ha una densità energetica inferiore ma una durata superiore, soprattutto nel caso di applicazioni stazionarie e, secondo quanto sostiene Colin Spence, responsabile applicazioni stazionarie per la compagnia americana Valence Technology, è anche sostanzialmente più sicura. Grazie alla batteria agli ioni di litio, Valence ha fornito una
capacità pari a oltre 70 MWh che ha poi trovato applicazione in diversi settori commerciali, soprattutto quello dei veicoli elettrici. Nel caso di applicazioni stazionarie, la società è in grado di fornire una vasta gamma di moduli e di trasportarli per mezzo di container standard.
“Un container da 12 metri può stoccare una capacità di circa 2 MWh”, afferma Spence, “e un’erogazione massima di 4 MW”. Il costo è di circa 1-1,2 milioni di dollari per MW, di cui due terzi coprono le batterie e un terzo i componenti elettronici.
James McDougall, CEO della rivale ReVolt, è convinto che la tecnologia zinco-aria sviluppata dalla sua società abbia una capacità molto più elevata e migliori caratteristiche di sicurezza e convenienza rispetto alle batterie agli ioni di litio.
ReVolt, nel mirino degli investimenti della società tedesca specializzata in rinnovabili RWE Innogy, ha annunciato di aver risolto i problemi legati alle precedenti versioni ricaricabili delle comuni batterie zinco-aria, molto utilizzate negli apparecchi di
supporto acustico. “Prevediamo di lanciare le unità pilota per l’alimentazione di grandi dispositivi entro tre o cinque anni”, afferma McDougall.
“Le batterie sodio-zolfo (NaS), se utilizzate a una temperatura di 300°C, offrono il triplo della densità energetica degli accumulatori piombo acido e una durata pari a 2.500 cicli”, sostiene NGK Insulators. La società ha recentemente fornito sistemi sodio-zolfo da 1 MW a un deposito di autobus di New York e ha avviato un impianto sperimentale da 34 MW nei pressi di una centrale eolica in Giappone (cfr. fig. 2). “Un’unità NaS da 1
MW con una capacità di 7 MWh è grande quanto tre container da 6 metri”, spiega Henrik Vikelgaard di Vestas.
Ampliare l’orizzonte delle batterie
Le batterie tradizionali, a prescindere dalla loro composizione chimica, sono delle unità autonome in cui energia e capacità sono strettamente correlate.
Le batterie a flusso, conosciute anche come batterie redox o celle a combustibile rigenerabili, spezzano questo legame raggiungendo l’obiettivo di capacità più elevate a prezzi più contenuti.
Queste batterie immagazzinano l’energia in un liquido elettrolita conservato in taniche di grandi dimensioni che viene pompato nella batteria secondo necessità.
Tra i principali produttori di batterie a flusso spiccano ZBB Energy Corporation (Stati Uniti), VRB Power Systems (Canada), Plurion (Regno Unito) e Cellstrom (Austria). VRB e Cellstrom utilizzano il vanadio, ZBB il bromuro di zinco, mentre Plurion si affida a un acido organico conosciuto con l’acronimo MSA, unitamente ad alcuni metalli come cerio, zinco e titanio.
“Al momento le batterie a flusso forniscono una quantità relativamente inferiore di energia e sono anche più costose”, dice Claus Nygaard Rasmussen. VRB, tra le pioniere delle batterie a flusso, è un esempio lampante del livello di competitività di questo nuovo mercato. Nonostante sia riuscita a conquistare una posizione di primo piano
in Giappone, dove sono già state installate alcune batterie sperimentali, lo scorso anno la compagnia si è vista costretta a licenziare gran parte dello staff ed è stata di recente acquisita dalla cinese Prudent Energy di Pechino.
Esistono altri tipi di accumulatori di energia apparentemente simili alle batterie ma in realtà del tutto diversi, come ad esempio gli ultracapacitori e i sistemi per l’accumulo di energia magnetica a superconduttori (SMES). Gli ultracapacitori utilizzano elettrodi in nano-carbone che immagazzinano direttamente l’elettricità anziché convertirla in energia chimica, così come farebbe una pila.
Sono ideali per fornire grandi quantità di corrente elettrica in breve tempo e, diversamente dalle batterie, possono essere ricaricate per milioni di cicli. Alcune aziende come la Honda utilizzano gli ultracapacitori nei veicoli elettrici per recuperare
l’energia dispersa in frenata.
I dispositivi SMES accumulano l’energia sotto forma di campi magnetici, sono resistenti e forniscono grandi quantità di elettricità per brevi periodi di tempo. Alcune società, come ACCEL in Germania e American Superconductor negli USA, producono SMES di scala MW impiegati nelle industrie sensibili – come quelle dei semiconduttori – per il condizionamento dell’energia, ma anche per facilitare l’avviamento di grandi motori elettrici.
I supervolani che accumulano energia cinetica
“I supervolani che accumulano energia cinetica sono resistenti, molto efficienti e offrono un’ottima operatività, nell’ordine di milioni di cicli”, afferma Damien Scott della società britannica Williams Hybrid Power (WHP). Realizzati in fibra di carbonio composita in cui sono conglobate particelle magnetiche, i supervolani di WHP sono in grado di operare sottovuoto fino a 40.000 rpm. Una versione di questa tecnologia verrà applicata alle vetture della scuderia Williams nel corso di questa stagione di Formula 1.
Le batterie montate all’interno del supervolano fungono al contempo da motore e generatore:l’energia elettrica viene rilasciata o accumulataa seconda che si voglia aumentare o diminuire lavelocità del supervolano. “L’efficienza elettrica di round-trip, escluse le perdite legate all’elettronica di potenza, è superiore al 90%”, afferma Scott.
WHP ha già testato un supervolano in grado di fornire 250 kW di energia e ha progettato una nuova versione da 500 kW.
Per aumentare l’erogazione di energia elettrica e i tempi di rotazione è possibile utilizzare più supervolani in parallelo. La società statunitense Beacon Power, ad esempio, ha in progetto la realizzazione di un “parco” da 200 supervolani in grado di produrre un totale di 20 MW in 15 minuti. In California e a New York, la società ha già
sperimentato impianti a supervolani multipli delle dimensioni di un container.
Fare incetta di vento
“Ci siamo interessati a tutte le tecnologie di accumulo dell’energia, ma per il momento non ci sono clamorosi passi avanti”, spiega Henrik Vikelgaard. “Stiamo collaborando con i ricercatori dell’università di Aalborg e di altri istituti, anche
statunitensi”.“In Vestas crediamo che trovare un sistema per accumulare l’energia è fondamentale per ottimizzare le prestazioni delle centrali eoliche e farle funzionare sempre più come le centrali elettriche tradizionali”, continua. “Ci permetterebbe,
inoltre, anche di rinviare ingenti investimenti per l’incremento della capacità della rete elettrica.
Se non riusciremo a superare l’ostacolo dello stoccaggio dell’energia, sarà molto difficile per il mondo raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili”.
mercoledì 5 maggio 2010
le batterie mi deturpano la vista sul centro oli
Mi sto sempre più convincendo che:
Un'altra azienda che si sta muovendo in questo senso è la Isentopic:
- lo stoccaggio di energia rinnovabile sarà cruciale per gestire l'impatto che ha sulla rete elettrica: verrà utilizzato per equilibrare domanda e offerta di energia elettrica e ridurre così l'utilizzo di centrali elettriche inefficienti per soddisfare la domanda di picco
- nel prossimo futuro le pale eoliche non avranno il problema dell'impatto visivo: non saranno nulla al confronto dei sistemi di stoccaggio che ci saranno nei dintorni...
l'Italia sta ignorando completamente il settore dello stoccaggio di energia da fonte rinnovabile...
Accoppiare con sistemi di stoccaggio ad aria compressa, batterie ecc...gli impianti di energia rinnovabile sarà più sicuro, veloce ed economico che costruire centrali nucleari
Un'altra azienda che si sta muovendo in questo senso è la Isentopic:
Attualmente il modo più conveniente di stoccare grandi quantitativi di energia consiste nell’impiego di pompe idroelettriche. Il sistema messo a punto dagli ingegneri della Isentopic, invece, si basa su innovativo sistema composto da due silos, uno dei quali contiene roccia polverizzata come la ghiaia. L’elettricità prodotta dalle turbine verrebbe usata per riscaldare e far aumentare la pressione di un gas, l’argon, che invece è situato nel secondo silos. Nel momento in cui il gas passa da un sito all’altro si raffredda e raggiunge temperatura ambiente, mentre la ghiaia si riscalda fin oltre i 500 gradi. Quindi, una volta lasciato il primo sito, l’argon raggiunge il secondo e ritorna a una pressione naturale. Questo processo permette all’impianto di diventare una specie di grande refrigeratore, poiché la temperatura nel secondo alloggiamento, prima del gas e poi della ghiaia, raggiunge i -160 gradi. Quindi l’energia elettrica originariamente generata dalle pale eoliche viene immagazzinata sfruttando proprio la differenza di temperatura tra i due silos. Al contrario nei momenti di pausa degli impianti, per rilasciare l’energia immagazzinata, il ciclo viene invertito dal freddo al caldo. Isentropic ha annunciato che questo nuovo sistema a doppio ciclo prevedrà un rendimento, in termini energetici, dell’ 80%, ma, proprio a causa della scarsità di ghiaia, il costo per stoccare un kilowattora di energia grazie a questa “batteria gigante” si aggirerà tra i 10 e i 55 dollari.
domenica 18 aprile 2010
Le batterie NAS per rinnovabili continue
Uno dei problemi delle energie rinnovabili è la loro intermittenza: il fotovoltaico non produce energia di notte e l'eolico non funziona senza vento.
Per garantire le fornitura negli orari di punta e fornire un apporto costante alla rete elettrica nel prossimo futuro una soluzione sarà quella di accoppiare ai grossi impianti fotovoltaici o eolici enormi batterie come le batterie di tipo Nas (che contengono zolfo liquido all'elettrodo positivo e sodio liquido all'elettrodo negativo).
E sottolineo enormi batterie (come quelle nella foto) e vedrete che non ce ne importerà molto degli impatti visivi quando rimarremo vittima di qualche black-out e questa volta a causa di problemi post-picco petrolio (vedi la teoria di Olduvai)
Nella foto una batteria Nas per scongiurare black-out in Texas
Batterie di questo tipo vengono costruite dalla giapponese NGK Insulators e dal sito ho visto che possono essere modulate in serie per ottenere diversi MW di carico e durano oltre 15 anni.
qui sotto ho caricato su youtube un video promozionale del loro funzionamento:
Altre volte ho parlato di sistemi per garantire forniture continue da parte delle rinnovabili come sistemi di stoccaggio ad idrogeno realizzati in Germania o ad aria compressa.
Quindi un business che l'Italia sta quasi completamente ignorando è il settore dello stoccaggio dell'energia che sta diventando sempre più importante: un esempio è questa start-up USA (la SustainX finanziata dal Dipartimento dell'energia americano ) che sta lavorando per la produzione di container- batterie di aria pressurizzata attraverso innovativi sistemi di compressioni isoterme e non adiabatiche.
Per garantire le fornitura negli orari di punta e fornire un apporto costante alla rete elettrica nel prossimo futuro una soluzione sarà quella di accoppiare ai grossi impianti fotovoltaici o eolici enormi batterie come le batterie di tipo Nas (che contengono zolfo liquido all'elettrodo positivo e sodio liquido all'elettrodo negativo).
E sottolineo enormi batterie (come quelle nella foto) e vedrete che non ce ne importerà molto degli impatti visivi quando rimarremo vittima di qualche black-out e questa volta a causa di problemi post-picco petrolio (vedi la teoria di Olduvai)
Nella foto una batteria Nas per scongiurare black-out in Texas
Batterie di questo tipo vengono costruite dalla giapponese NGK Insulators e dal sito ho visto che possono essere modulate in serie per ottenere diversi MW di carico e durano oltre 15 anni.
qui sotto ho caricato su youtube un video promozionale del loro funzionamento:
Altre volte ho parlato di sistemi per garantire forniture continue da parte delle rinnovabili come sistemi di stoccaggio ad idrogeno realizzati in Germania o ad aria compressa.
Quindi un business che l'Italia sta quasi completamente ignorando è il settore dello stoccaggio dell'energia che sta diventando sempre più importante: un esempio è questa start-up USA (la SustainX finanziata dal Dipartimento dell'energia americano ) che sta lavorando per la produzione di container- batterie di aria pressurizzata attraverso innovativi sistemi di compressioni isoterme e non adiabatiche.
venerdì 9 aprile 2010
La cattiva strada
Ispirato da Report ho caricato il video inglese sulla sicurezza stradale.
Attenzione le immagini sono molto forti: quindi fatelo vedere a più persone possibili
di seguito lo spot della Cagnotto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della campagna sulla sicurezza stradale:
E finiamola con sto' perbenismo del ca....!!!
PS: Vedi l'Ipocrita
Attenzione le immagini sono molto forti: quindi fatelo vedere a più persone possibili
di seguito lo spot della Cagnotto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della campagna sulla sicurezza stradale:
E finiamola con sto' perbenismo del ca....!!!
PS: Vedi l'Ipocrita
NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN E LA BIOECONOMIA
Questo post è volutamente messo nella sezione POLITICA
Il rapporto tra ambiente e attività umana –Il problema
dell’esaurimento delle risorse –La teoria bioeconomica
di Nicholas Georgescu-Roegen
di
ROMANO MOLESTI
Il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen
Nello studio del rapporto tra economia e ambiente
merita di essere ricordata l’opera di Nicholas Georgescu-
Roegen. Siamo di fronte a un autore che mette
in discussione gli elementi essenziali di quella che
egli chiama l’economia standard, basata sul modello
meccanicistico, tentando di integrare nella scienza
economica gli apporti delle scienze biologiche. Occorre,
egli afferma, dare un nuovo fondamento
all’economia nel senso di quella che egli definisce
“bioeconomia”. Si tratta di un tentativo di fronte alla
crisi dell’ambiente e all’esaurimento delle risorse,
sempre più palesi, di rimettere in questione le fondamenta
stesse del sistema che ha generato la crisi, e
di gettare le basi per un approccio ispirato alle scienze
della vita.
Per il secondo principio della termodinamica, la
materia-energia che entra nel processo economico, è
in stato di bassa entropia e quella che ne esce è in stato
di alta entropia. L’uomo, come ogni organismo vivente,
combatte la propria degradazione entropica
attraverso l’assimilazione di bassa entropia e il rigetto
nell’ambiente di alta entropia. In tale visione termodinamica
(o bioeconomica) l’uomo cerca di carpire
il più possibile la bassa entropia reperibile nel proprio
ambiente. La bassa entropia è rara in quanto essa
non può essere utilizzata che una sola volta.
Un’eccezione è rappresentata dall’energia del sole,
che è un flusso che ci arriva in quantità per noi illimitata
e per un tempo lunghissimo. La terra è un sistema
termodinamico aperto solo per quanto riguarda
l’apporto dell’energia solare: risulta pertanto evidente
che le risorse a bassa entropia vanno gestite tenendo
conto di questa realtà. La conseguenza di ciò è
che anche i problemi del riciclaggio e
dell’eliminazione dell’inquinamento vanno gestiti tenendo
conto che essi hanno un costo in termini energetici.
L’Autore mette in guardia dal troppo facile
ottimismo circa la possibilità di sostituzione di una
materia, che diventa rara, con un’altra, soprattutto
nella convinzione che, nel futuro, sia possibile una
crescita esponenziale della tecnologia, che permetta
di ridurre continuamente l’input per unità di output.1
A detta di Georgescu-Roegen la bioeconomia deve
fondarsi sull’analisi delle numerose asimmetrie
che esistono tra le fonti di bassa entropia, che costituiscono
la dote dell’umanità, cioè l’energia libera
che riceviamo dal sole, l’energia libera terrestre e le
materie “ordinate” utilizzabili, che sono disponibili
nelle viscere della terra.
Una prima asimmetria consiste nel fatto che, mentre
l’energia solare è un flusso, che quindi non potremmo
togliere a nessuna generazione futura, la materia-
energia terrestre è uno stock, di cui possiamo
disporre tutto insieme o ripartirlo su un lungo periodo
e di cui non conosciamo l’entità, per cui tendiamo a
sopravvalutarlo. La seconda asimmetria deriva dalla
precedente: poiché non sappiamo trasformare
l’energia in materia, l’elemento di gran lunga più critico
è la disponibilità di materia prime a bassa entropia.
Le risorse minerali sembrano, quindi, più difficilmente
aumentabili di quelle energetiche almeno a
lungo andare. La terza asimmetria consiste
nell’enorme differenza tra il flusso di energia solare e
lo stock di energia terrestre libera. Le riserve conosciute
di quest’ultima non rappresentano che due settimane
del flusso di energia che ci arriva dal sole.
Occorre, quindi, riflettere sull’errore che si commette
ogni volta che si sostituisce, quando non è indispensabile,
l’energia solare con quella fossile o terrestre
in genere.
Vanno altresì ricordate le altre asimmetrie, che riguardano
i rischi che l’uomo corre distruggendo le
specie di animali e vegetali, che sono concorrenti con
lui nell’uso di certe risorse terrestri. Dalle varie asimmetrie
prese in esame per l’autore scaturisce la
necessità di attuare un programma bioeconomico minimo,
fondato anzitutto su di una nuova etica, che
rieduchi l’umanità a sentire simpatia per le generazioni
future, che risultano escluse dal mercato e delle
cui esigenze non si tiene alcun conto nella formazione
dei prezzi e delle decisioni.
Sostiene Georgescu-Roegen, che un programma
bioeconomico minimo dovrà essere basato
sull’utilizzo più ampio possibile dell’energia solare,
risparmiando al massimo lo stock terrestre. Occorrerà,
quindi, provvedere alla riduzione della popolazione
fino al livello in cui essa potrà essere nutrita con
un’agricoltura organica; inoltre, ridurre le differenze
tra Paesi ricchi e Paesi poveri e diminuire gli sprechi
dei paesi ricchi; eliminare gli sprechi di energia solare,
concepire i prodotti come durevoli e riparabili, evitare
i miti del sempre più grosso e del sempre più perfezionato
(e quindi sempre più fragile e sempre più
difficile da riparare); eliminare lo spreco delle risorse
negli armamenti, sviluppare un uso intelligente del
tempo libero, adoperare con la massima parsimonia
quegli elementi le cui proprietà fisiche o chimiche
non sono rimpiazzabili e che sono detti “elementi
vitamine”.
Nell’economia standard il capitale sociale e il lavoro
sono convenzionalmente considerati le fonti
del valore aggiunto, mentre ciò a cui il valore viene
aggiunto è fatto di elementi primi indistruttibili offerti
dalla natura, senza che la natura stessa abbia
aggiunto alcun valore. Pur non negando affatto il
valore aggiunto tradizionale, Georgescu-Roegen afferma
che anche la natura in realtà aggiunge valore.
Tale supremazia del valore aggiunto dalla natura
(bassa entropia) porta l’Autore alla nota affermazione
secondo cui “ogni volta che produciamo una
Cadillac distruggiamo irrevocabilmente una data
quantità di bassa entropia che potrebbe essere altrimenti
impiegata per produrre un aratro o una zappa.
In altre parole, ogni volta che produciamo una Cadillac,
lo facciamo al costo di ridurre vite umane future”.
La teoria bioeconomica di N. Georgescu-Roegen
getta nuova luce sul fenomeno della produzione, che
viene ad essere basata sul modello fondi-flussi. Capitale
e lavoro, nell’impostazione roegeniana, costituiscono
i fondi o agenti che trasformano il flusso di
risorse naturali in un flusso di prodotti. Tra fondi e
flussi intercorre una relazione fondamentale di complementarietà
dal momento che la sostituibilità tra
fondi e flussi è strettamente marginale, limitata a
ridurre gli scarti del processo. Costituisce pertanto
una palese forzatura della realtà il voler concepire il
capitale come un sostituto quasi perfetto delle risorse
naturali, come spesso si fa sotto l’influenza delle
funzioni di produzione di tipo Cobb-Douglas.
La teoria bioeconomica
Come abbiamo osservato i recenti sviluppi della
“nuova” rivoluzione scientifica hanno contribuito a
creare un nuovo paradigma che, per quanto riguarda
la bioeconomia, raggiunge la sua massima espressione
nell’opera di Georgescu-Roegen. Nuovo paradigma,
quindi, con passaggio da un’economia basata
sul modello meccanicistico della fisica classica
newtoniana e della filosofia cartesiana a una nuova
visione della realtà. Una nuova impostazione, che
colpisce alla radice i fondamenti dell’economia
standard, ma che finora non ha avuto il successo che
avrebbe meritato. L’economia neoclassica continua
a mantenere le posizioni di preminenza, nonostante
numerose crepe siano state aperte nel suo edificio e
nonostante la realtà storica dimostri la netta insufficienza
dello schema economico standard.
Perché la bioeconomia ha incontrato e continua
ad incontrare tante difficoltà per la sua affermazione?
Riteniamo che la causa di ciò sia attribuibile in
gran parte alla forza d’inerzia che si avverte riguardo
alle teorie economiche in genere e soprattutto riguardo
ai paradigmi economici. È stato affermato, a
nostro avviso non a torto, che quando un’idea penetra
in un libro di testo diventa pressoché immortale,
e questo riteniamo che sia anche il caso
dell’economia standard e dei relativi modelli che si
riferiscono all’economia dell’ambiente. Sovente si
ha a che fare con una sorta di pigrizia mentale, per
cui risulta difficile uscire da schemi e modelli che ci
si è abituati a seguire magari fin dai primi studi accademici.
Inoltre, molti si rendono conto che
l’accettazione di un nuovo paradigma economico
potrebbe in certi casi complicare la vita sul piano
professionale. Consulenti governativi che seguono
determinati indirizzi, docenti inseriti nel mondo accademico,
che fanno parte di determinate scuole e
che, come tali, sono tenuti in un certo senso, ad una
sorta di disciplina di gruppo, avvertono, per le loro
carriere, la pericolosità di repentini cambiamenti.
C’è ancora un altro motivo che contribuisce a
mantenere ancora in vita certi paradigmi meccanicistici,
un motivo che potremmo definire interno al
modello. Il paradigma dell’economia standard porta
ad attribuire una particolare importanza ai concetti
aritmomorfici, quelli tipici, ad esempio, delle scienze
esatte ma che consistono comunque in dati ed assunzioni
ben precisi specie per quanto riguarda il
numero, il peso, l’estensione, ecc. I concetti dialettici,
che invece vengono in evidenza nella bioeconomia,
sono concetti sfumati in cui si passa da una
definizione ad un’altra per gradi, sovente impercettibili.
Ecco, ora, che il maneggiare tali concetti richiede
uno sforzo di indagine certamente maggiore
e conduce a risultati che, per quanto possano essere
ritenuti validi, si presentano comunque in una forma,
per così dire, problematica.
Un altro elemento può forse contribuire a creare
qualche perplessità in coloro che non vogliono guardare
in faccia la realtà, preferendo accettare schemi
e modelli improntati a posizioni ottimistiche, anche
se queste poi risultano in definitiva irrealistiche.
Risulta in tutto e per tutto evidente che
l’impostazione di Georgescu-Roegen e della bioeconomia
ci mettono di fronte ad una realtà che, per
certi aspetti, risulta tutt’altro che confortante. La
bioeconomia ci dice che la terra su cui viviamo ha
dei limiti ben precisi, che la razza umana, se vuole
sopravvivere, deve adeguare il suo comportamento
alle esigenze del pianeta, evitando modi di vivere
irrazionali e stravaganti, che sono in netto contrasto
con i limiti biofisici della terra e con la seconda legge
della termodinamica.
La seconda legge, appunto. È questo un aspetto
nodale di tutta l’impostazione bioeconomica. Tale
legge ci dice che l’energia si degrada irrimediabilmente
da energia utilizzabile a energia non più utilizzabile.
Il quadro è completato da quella che Georgescu-
Roegen definisce come la quarta legge della
termodinamica, un principio individuato
dall’Autore, secondo cui non solo l’energia ma anche
la materia si degrada. Ora, si è discusso a lungo
se tal enunciato possa, per così dire, essere elevato
al rango di legge scientifica. I fisici, in genere, non
si sono mostrati entusiasti nel considerare
l’asserzione di Georgescu-Roegen come una possibile
quarta legge della termodinamica. In ogni caso,
si possa o non si possa parlare di una quarta legge
della termodinamica, il problema che pone l’Autore
è un problema reale. Oltre all’energia anche la materia
si degrada: il riciclaggio completo non è possibile,
anche ammesso che si disponga d’energia a
sufficienza. Gli elementi di cui l’uomo può avvalersi
subiscono un’usura progressiva per cui, anche il
voler mantenere uno stato stazionario, potrebbe risultare
un’utopia. Il poter continuare a coltivare due
spighe di grano dove ne nascevano altrettante sarebbe
già un miracolo.
Che sia accettabile o meno la cosiddetta quarta
legge della termodinamica, il problema che ci sta
davanti è comunque un problema da cui non si può
prescindere, al di là di meri nominalismi. Anche
senza volere addentrarci in questa sede in discussioni
che ci porterebbero troppo lontano, ci sembra opportuno
ricordare quanto ci dichiarò una volta Georgescu-
Roegen nel corso di una conversazione: Ilya
Prigogine, cui egli aveva chiesto un giudizio sulla
validità o meno, dal punto di vista della fisica,
della cosiddetta quarta legge della termodinamica,
non si era mai espresso negativamente al riguardo,
limitandosi a sospendere il giudizio.
L’impostazione di Georgescu Roegen si differenzia
notevolmente da quella di tanti assertori dello
sviluppo sostenibile: quest’ultimo concetto, per come
viene definito, si presta ad essere diretto, se non
in tutte, almeno in molte direzioni. Sia coloro che si
occupano dell’ambiente sia coloro che non se ne occupano,
in genere tutti oggi parlano di sviluppo sostenibile,
che sovente si riduce ad un’espressione
priva di significato, un’espressione con cui spesso
vengono contrabbandate le impostazioni più disparate.
Innanzi tutto ci sono i problemi della sostenibilità
debole e della sostenibilità forte, due impostazioni
che, nonostante facciano riferimento entrambe
al termine sostenibilità, come abbiamo visto hanno
ben poco in comune. Sotto questo aspetto ci sembra
alquanto ottimistica l’affermazione di Daly, secondo
cui la sostenibilità debole costituisce già un passo
in avanti rispetto alla posizione dell’economia
standard. Potremmo anche capovolgere il discorso e
affermare che una posizione, che si riduce a poco
più di un esercizio verbale, non solo non costituisce
un reale progresso ma, a ben guardare le cose, può
rappresentare anche un pericolo in quanto può dare,
in alcuni casi, l’impressione che si sia pervenuti ad
un mutamento di indirizzo mentre l’impostazione di
fondo è rimasta pressoché invariata.
Rimane da chiarire se, con il concetto di sostenibilità
forte, la questione possa considerarsi avviata a
soluzione o se anche questo concetto risulti insufficiente.
A questo proposito il discorso deve farsi articolato.
Riteniamo che, rispetto all’economia standard,
tuttora ancorata al paradigma meccanicistico,
il concetto di sostenibilità forte costituisca un grosso
passo in avanti e che, quindi, meriti la più ampia
considerazione. Resta, comunque, da vedere se esso
possa risultare ancora valido a lungo termine.
A questo riguardo occorre considerare separatamente
due aspetti. L’economia standard risulta tuttora
ancorata al dogma meccanicistico per cui si
presentano notevoli difficoltà per un cambio radicale
di indirizzo. È già difficile far accettare a certi
rappresentanti della cultura economica consolidata i
principi della sostenibilità, per cui una battaglia per
obiettivi ancora più radicali potrebbe risultare già in
partenza votata al fallimento. Il concetto di sostenibilità
forte potrebbe invece costituire un obiettivo più
concretamente perseguibile.
Un nuovo approccio per lo sviluppo futuro
Nell’esame che abbiamo compiuto all’inizio
sugli aspetti caratterizzati la rivoluzione delle
scienze, abbiamo visto come oggi sia chiaramente
emerso un nuovo paradigma scientifico che si incardina
sui concetti di complessità, sistematicità,
ecc. Comunque si voglia vedere la cosa, la vita sul
pianeta si svolge sotto il dominio di queste due
leggi della termodinamica, la seconda e la quarta.
Ora, se questo è vero, la situazione, nel lungo termine
non può certo essere definita rosea. Anche
ipotizzando i più grandi sviluppi della scienza nel
futuro, l’uomo dovrà sempre fare i conti con la seconda
legge della termodinamica per cui, contrariamente
a quanto potessero pensare anche i più
ottimisti, sarebbe comunque fuori luogo parlare
delle “magnifiche sorti e progressive”.
Nel lungo termine non possono essere ipotizzate
forme di progresso economico che portino ad
aumenti della produzione così come noi oggi li intendiamo.
Costituiscono dei limiti invalicabili: la
finitezza del pianeta terra e delle sue risorse e la
legge di entropia. Sono questi i cardini che debbono
essere tenuti presenti: è solo su questi che deve
basarsi ogni ragionamento sulle prospettive future,
sugli scenari possibili. Non si tratta tanto di essere
ottimisti o pessimisti quanto di prendere atto della
realtà quale essa si presenta.
Secondo l’impostazione di Georgescu-Roegen,
nel lungo periodo anche una situazione stazionaria
risulta di difficile attuazione per cui non si potrebbe
più parlare di sviluppo sostenibile anche in termini
di sostenibilità forte. Questa è la situazione,
di cui, piaccia o non piaccia, si dovrebbe prendere
atto.
Indubbiamente non è certo una strada facile
quella che dovrà essere percorsa. Una strada che
richiede sacrifici, che possono essere compiuti solo
a seguito di adeguate motivazioni. E quali potranno
essere queste motivazioni? Occorrerà soprattutto
una nuova etica che, nel caso specifico, dovrà
riguardare i nostri rapporti con le generazioni future,
nei confronti delle quali dovrà svilupparsi un
nuovo sentimento di affezione.
Se all’inizio – afferma Georgescu-Roegen – fu
detto: “non uccidere” e poi “ama il prossimo tuo
come te stesso”, il nuovo comandamento dovrà essere
“ama le generazioni future come te stesso”.
Questo è un imperativo categorico dal quale non si
può prescindere. Un imperativo che risulterà tanto
più attuabile quanto più si cercherà in ogni modo
di instillare in tutti, specie nelle nuove generazioni,
questo nuovo tipo di cultura.
L’ultimo anello della catena, che, come abbiamo
osservato, comporta una serie di passaggi logici,
consiste dunque nel cercare di creare una nuova
mentalità, un nuovo approccio ai problemi
dell’ecologia.
A tale scopo sarà necessaria un’opera di educazione
e di diffusione della cultura ambientale.
L’homo oecologicus sarà formato nella famiglia,
educato nella scuola e completato nell’impegno
svolto nelle associazioni ambientalistiche.
Se l’ecologia costituisce una dimensione globale
della vita (oikos, la casa di tutti) è evidente che
la soluzione dei problemi, che essa comporta, non
potrà che essere trovata in un approccio globale,
approccio nel quale l’elemento dell’educazione riveste
un ruolo fondamentale.
Romano Molesti
Romano Molesti è professore ordinario di Storia
del Pensiero Economico nell’Università di Verona
e Presidente dell’ANEAT, Associazione Nazionale
degli Economisti dell’Ambiente e del Territorio
NOTE
1) N. GEORGESCU-ROEGEN, Demain la Dècroissance,
Lausanne, 1979, p. 18.
2) N. GEORGESCU-ROEGEN, L’Energie et les Mithes
Economiques, in Demain la Décroissance, cit.
3) N. GEORGESCU-ROEGEN, La legge di entropia e il
problema economico, in Analisi economica e processo
economico, Sansoni, Firenze 1973, p. 278.
4) N. GEORGESCU-ROEGEN, Lo stato stazionario e la
salvezza ecologica: un’analisi termodinamica, in “Economia
e ambiente”, n. 1, 1984, p. 15.
Il rapporto tra ambiente e attività umana –Il problema
dell’esaurimento delle risorse –La teoria bioeconomica
di Nicholas Georgescu-Roegen
di
ROMANO MOLESTI
Il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen
Nello studio del rapporto tra economia e ambiente
merita di essere ricordata l’opera di Nicholas Georgescu-
Roegen. Siamo di fronte a un autore che mette
in discussione gli elementi essenziali di quella che
egli chiama l’economia standard, basata sul modello
meccanicistico, tentando di integrare nella scienza
economica gli apporti delle scienze biologiche. Occorre,
egli afferma, dare un nuovo fondamento
all’economia nel senso di quella che egli definisce
“bioeconomia”. Si tratta di un tentativo di fronte alla
crisi dell’ambiente e all’esaurimento delle risorse,
sempre più palesi, di rimettere in questione le fondamenta
stesse del sistema che ha generato la crisi, e
di gettare le basi per un approccio ispirato alle scienze
della vita.
Per il secondo principio della termodinamica, la
materia-energia che entra nel processo economico, è
in stato di bassa entropia e quella che ne esce è in stato
di alta entropia. L’uomo, come ogni organismo vivente,
combatte la propria degradazione entropica
attraverso l’assimilazione di bassa entropia e il rigetto
nell’ambiente di alta entropia. In tale visione termodinamica
(o bioeconomica) l’uomo cerca di carpire
il più possibile la bassa entropia reperibile nel proprio
ambiente. La bassa entropia è rara in quanto essa
non può essere utilizzata che una sola volta.
Un’eccezione è rappresentata dall’energia del sole,
che è un flusso che ci arriva in quantità per noi illimitata
e per un tempo lunghissimo. La terra è un sistema
termodinamico aperto solo per quanto riguarda
l’apporto dell’energia solare: risulta pertanto evidente
che le risorse a bassa entropia vanno gestite tenendo
conto di questa realtà. La conseguenza di ciò è
che anche i problemi del riciclaggio e
dell’eliminazione dell’inquinamento vanno gestiti tenendo
conto che essi hanno un costo in termini energetici.
L’Autore mette in guardia dal troppo facile
ottimismo circa la possibilità di sostituzione di una
materia, che diventa rara, con un’altra, soprattutto
nella convinzione che, nel futuro, sia possibile una
crescita esponenziale della tecnologia, che permetta
di ridurre continuamente l’input per unità di output.1
A detta di Georgescu-Roegen la bioeconomia deve
fondarsi sull’analisi delle numerose asimmetrie
che esistono tra le fonti di bassa entropia, che costituiscono
la dote dell’umanità, cioè l’energia libera
che riceviamo dal sole, l’energia libera terrestre e le
materie “ordinate” utilizzabili, che sono disponibili
nelle viscere della terra.
Una prima asimmetria consiste nel fatto che, mentre
l’energia solare è un flusso, che quindi non potremmo
togliere a nessuna generazione futura, la materia-
energia terrestre è uno stock, di cui possiamo
disporre tutto insieme o ripartirlo su un lungo periodo
e di cui non conosciamo l’entità, per cui tendiamo a
sopravvalutarlo. La seconda asimmetria deriva dalla
precedente: poiché non sappiamo trasformare
l’energia in materia, l’elemento di gran lunga più critico
è la disponibilità di materia prime a bassa entropia.
Le risorse minerali sembrano, quindi, più difficilmente
aumentabili di quelle energetiche almeno a
lungo andare. La terza asimmetria consiste
nell’enorme differenza tra il flusso di energia solare e
lo stock di energia terrestre libera. Le riserve conosciute
di quest’ultima non rappresentano che due settimane
del flusso di energia che ci arriva dal sole.
Occorre, quindi, riflettere sull’errore che si commette
ogni volta che si sostituisce, quando non è indispensabile,
l’energia solare con quella fossile o terrestre
in genere.
Vanno altresì ricordate le altre asimmetrie, che riguardano
i rischi che l’uomo corre distruggendo le
specie di animali e vegetali, che sono concorrenti con
lui nell’uso di certe risorse terrestri. Dalle varie asimmetrie
prese in esame per l’autore scaturisce la
necessità di attuare un programma bioeconomico minimo,
fondato anzitutto su di una nuova etica, che
rieduchi l’umanità a sentire simpatia per le generazioni
future, che risultano escluse dal mercato e delle
cui esigenze non si tiene alcun conto nella formazione
dei prezzi e delle decisioni.
Sostiene Georgescu-Roegen, che un programma
bioeconomico minimo dovrà essere basato
sull’utilizzo più ampio possibile dell’energia solare,
risparmiando al massimo lo stock terrestre. Occorrerà,
quindi, provvedere alla riduzione della popolazione
fino al livello in cui essa potrà essere nutrita con
un’agricoltura organica; inoltre, ridurre le differenze
tra Paesi ricchi e Paesi poveri e diminuire gli sprechi
dei paesi ricchi; eliminare gli sprechi di energia solare,
concepire i prodotti come durevoli e riparabili, evitare
i miti del sempre più grosso e del sempre più perfezionato
(e quindi sempre più fragile e sempre più
difficile da riparare); eliminare lo spreco delle risorse
negli armamenti, sviluppare un uso intelligente del
tempo libero, adoperare con la massima parsimonia
quegli elementi le cui proprietà fisiche o chimiche
non sono rimpiazzabili e che sono detti “elementi
vitamine”.
Nell’economia standard il capitale sociale e il lavoro
sono convenzionalmente considerati le fonti
del valore aggiunto, mentre ciò a cui il valore viene
aggiunto è fatto di elementi primi indistruttibili offerti
dalla natura, senza che la natura stessa abbia
aggiunto alcun valore. Pur non negando affatto il
valore aggiunto tradizionale, Georgescu-Roegen afferma
che anche la natura in realtà aggiunge valore.
Tale supremazia del valore aggiunto dalla natura
(bassa entropia) porta l’Autore alla nota affermazione
secondo cui “ogni volta che produciamo una
Cadillac distruggiamo irrevocabilmente una data
quantità di bassa entropia che potrebbe essere altrimenti
impiegata per produrre un aratro o una zappa.
In altre parole, ogni volta che produciamo una Cadillac,
lo facciamo al costo di ridurre vite umane future”.
La teoria bioeconomica di N. Georgescu-Roegen
getta nuova luce sul fenomeno della produzione, che
viene ad essere basata sul modello fondi-flussi. Capitale
e lavoro, nell’impostazione roegeniana, costituiscono
i fondi o agenti che trasformano il flusso di
risorse naturali in un flusso di prodotti. Tra fondi e
flussi intercorre una relazione fondamentale di complementarietà
dal momento che la sostituibilità tra
fondi e flussi è strettamente marginale, limitata a
ridurre gli scarti del processo. Costituisce pertanto
una palese forzatura della realtà il voler concepire il
capitale come un sostituto quasi perfetto delle risorse
naturali, come spesso si fa sotto l’influenza delle
funzioni di produzione di tipo Cobb-Douglas.
La teoria bioeconomica
Come abbiamo osservato i recenti sviluppi della
“nuova” rivoluzione scientifica hanno contribuito a
creare un nuovo paradigma che, per quanto riguarda
la bioeconomia, raggiunge la sua massima espressione
nell’opera di Georgescu-Roegen. Nuovo paradigma,
quindi, con passaggio da un’economia basata
sul modello meccanicistico della fisica classica
newtoniana e della filosofia cartesiana a una nuova
visione della realtà. Una nuova impostazione, che
colpisce alla radice i fondamenti dell’economia
standard, ma che finora non ha avuto il successo che
avrebbe meritato. L’economia neoclassica continua
a mantenere le posizioni di preminenza, nonostante
numerose crepe siano state aperte nel suo edificio e
nonostante la realtà storica dimostri la netta insufficienza
dello schema economico standard.
Perché la bioeconomia ha incontrato e continua
ad incontrare tante difficoltà per la sua affermazione?
Riteniamo che la causa di ciò sia attribuibile in
gran parte alla forza d’inerzia che si avverte riguardo
alle teorie economiche in genere e soprattutto riguardo
ai paradigmi economici. È stato affermato, a
nostro avviso non a torto, che quando un’idea penetra
in un libro di testo diventa pressoché immortale,
e questo riteniamo che sia anche il caso
dell’economia standard e dei relativi modelli che si
riferiscono all’economia dell’ambiente. Sovente si
ha a che fare con una sorta di pigrizia mentale, per
cui risulta difficile uscire da schemi e modelli che ci
si è abituati a seguire magari fin dai primi studi accademici.
Inoltre, molti si rendono conto che
l’accettazione di un nuovo paradigma economico
potrebbe in certi casi complicare la vita sul piano
professionale. Consulenti governativi che seguono
determinati indirizzi, docenti inseriti nel mondo accademico,
che fanno parte di determinate scuole e
che, come tali, sono tenuti in un certo senso, ad una
sorta di disciplina di gruppo, avvertono, per le loro
carriere, la pericolosità di repentini cambiamenti.
C’è ancora un altro motivo che contribuisce a
mantenere ancora in vita certi paradigmi meccanicistici,
un motivo che potremmo definire interno al
modello. Il paradigma dell’economia standard porta
ad attribuire una particolare importanza ai concetti
aritmomorfici, quelli tipici, ad esempio, delle scienze
esatte ma che consistono comunque in dati ed assunzioni
ben precisi specie per quanto riguarda il
numero, il peso, l’estensione, ecc. I concetti dialettici,
che invece vengono in evidenza nella bioeconomia,
sono concetti sfumati in cui si passa da una
definizione ad un’altra per gradi, sovente impercettibili.
Ecco, ora, che il maneggiare tali concetti richiede
uno sforzo di indagine certamente maggiore
e conduce a risultati che, per quanto possano essere
ritenuti validi, si presentano comunque in una forma,
per così dire, problematica.
Un altro elemento può forse contribuire a creare
qualche perplessità in coloro che non vogliono guardare
in faccia la realtà, preferendo accettare schemi
e modelli improntati a posizioni ottimistiche, anche
se queste poi risultano in definitiva irrealistiche.
Risulta in tutto e per tutto evidente che
l’impostazione di Georgescu-Roegen e della bioeconomia
ci mettono di fronte ad una realtà che, per
certi aspetti, risulta tutt’altro che confortante. La
bioeconomia ci dice che la terra su cui viviamo ha
dei limiti ben precisi, che la razza umana, se vuole
sopravvivere, deve adeguare il suo comportamento
alle esigenze del pianeta, evitando modi di vivere
irrazionali e stravaganti, che sono in netto contrasto
con i limiti biofisici della terra e con la seconda legge
della termodinamica.
La seconda legge, appunto. È questo un aspetto
nodale di tutta l’impostazione bioeconomica. Tale
legge ci dice che l’energia si degrada irrimediabilmente
da energia utilizzabile a energia non più utilizzabile.
Il quadro è completato da quella che Georgescu-
Roegen definisce come la quarta legge della
termodinamica, un principio individuato
dall’Autore, secondo cui non solo l’energia ma anche
la materia si degrada. Ora, si è discusso a lungo
se tal enunciato possa, per così dire, essere elevato
al rango di legge scientifica. I fisici, in genere, non
si sono mostrati entusiasti nel considerare
l’asserzione di Georgescu-Roegen come una possibile
quarta legge della termodinamica. In ogni caso,
si possa o non si possa parlare di una quarta legge
della termodinamica, il problema che pone l’Autore
è un problema reale. Oltre all’energia anche la materia
si degrada: il riciclaggio completo non è possibile,
anche ammesso che si disponga d’energia a
sufficienza. Gli elementi di cui l’uomo può avvalersi
subiscono un’usura progressiva per cui, anche il
voler mantenere uno stato stazionario, potrebbe risultare
un’utopia. Il poter continuare a coltivare due
spighe di grano dove ne nascevano altrettante sarebbe
già un miracolo.
Che sia accettabile o meno la cosiddetta quarta
legge della termodinamica, il problema che ci sta
davanti è comunque un problema da cui non si può
prescindere, al di là di meri nominalismi. Anche
senza volere addentrarci in questa sede in discussioni
che ci porterebbero troppo lontano, ci sembra opportuno
ricordare quanto ci dichiarò una volta Georgescu-
Roegen nel corso di una conversazione: Ilya
Prigogine, cui egli aveva chiesto un giudizio sulla
validità o meno, dal punto di vista della fisica,
della cosiddetta quarta legge della termodinamica,
non si era mai espresso negativamente al riguardo,
limitandosi a sospendere il giudizio.
L’impostazione di Georgescu Roegen si differenzia
notevolmente da quella di tanti assertori dello
sviluppo sostenibile: quest’ultimo concetto, per come
viene definito, si presta ad essere diretto, se non
in tutte, almeno in molte direzioni. Sia coloro che si
occupano dell’ambiente sia coloro che non se ne occupano,
in genere tutti oggi parlano di sviluppo sostenibile,
che sovente si riduce ad un’espressione
priva di significato, un’espressione con cui spesso
vengono contrabbandate le impostazioni più disparate.
Innanzi tutto ci sono i problemi della sostenibilità
debole e della sostenibilità forte, due impostazioni
che, nonostante facciano riferimento entrambe
al termine sostenibilità, come abbiamo visto hanno
ben poco in comune. Sotto questo aspetto ci sembra
alquanto ottimistica l’affermazione di Daly, secondo
cui la sostenibilità debole costituisce già un passo
in avanti rispetto alla posizione dell’economia
standard. Potremmo anche capovolgere il discorso e
affermare che una posizione, che si riduce a poco
più di un esercizio verbale, non solo non costituisce
un reale progresso ma, a ben guardare le cose, può
rappresentare anche un pericolo in quanto può dare,
in alcuni casi, l’impressione che si sia pervenuti ad
un mutamento di indirizzo mentre l’impostazione di
fondo è rimasta pressoché invariata.
Rimane da chiarire se, con il concetto di sostenibilità
forte, la questione possa considerarsi avviata a
soluzione o se anche questo concetto risulti insufficiente.
A questo proposito il discorso deve farsi articolato.
Riteniamo che, rispetto all’economia standard,
tuttora ancorata al paradigma meccanicistico,
il concetto di sostenibilità forte costituisca un grosso
passo in avanti e che, quindi, meriti la più ampia
considerazione. Resta, comunque, da vedere se esso
possa risultare ancora valido a lungo termine.
A questo riguardo occorre considerare separatamente
due aspetti. L’economia standard risulta tuttora
ancorata al dogma meccanicistico per cui si
presentano notevoli difficoltà per un cambio radicale
di indirizzo. È già difficile far accettare a certi
rappresentanti della cultura economica consolidata i
principi della sostenibilità, per cui una battaglia per
obiettivi ancora più radicali potrebbe risultare già in
partenza votata al fallimento. Il concetto di sostenibilità
forte potrebbe invece costituire un obiettivo più
concretamente perseguibile.
Un nuovo approccio per lo sviluppo futuro
Nell’esame che abbiamo compiuto all’inizio
sugli aspetti caratterizzati la rivoluzione delle
scienze, abbiamo visto come oggi sia chiaramente
emerso un nuovo paradigma scientifico che si incardina
sui concetti di complessità, sistematicità,
ecc. Comunque si voglia vedere la cosa, la vita sul
pianeta si svolge sotto il dominio di queste due
leggi della termodinamica, la seconda e la quarta.
Ora, se questo è vero, la situazione, nel lungo termine
non può certo essere definita rosea. Anche
ipotizzando i più grandi sviluppi della scienza nel
futuro, l’uomo dovrà sempre fare i conti con la seconda
legge della termodinamica per cui, contrariamente
a quanto potessero pensare anche i più
ottimisti, sarebbe comunque fuori luogo parlare
delle “magnifiche sorti e progressive”.
Nel lungo termine non possono essere ipotizzate
forme di progresso economico che portino ad
aumenti della produzione così come noi oggi li intendiamo.
Costituiscono dei limiti invalicabili: la
finitezza del pianeta terra e delle sue risorse e la
legge di entropia. Sono questi i cardini che debbono
essere tenuti presenti: è solo su questi che deve
basarsi ogni ragionamento sulle prospettive future,
sugli scenari possibili. Non si tratta tanto di essere
ottimisti o pessimisti quanto di prendere atto della
realtà quale essa si presenta.
Secondo l’impostazione di Georgescu-Roegen,
nel lungo periodo anche una situazione stazionaria
risulta di difficile attuazione per cui non si potrebbe
più parlare di sviluppo sostenibile anche in termini
di sostenibilità forte. Questa è la situazione,
di cui, piaccia o non piaccia, si dovrebbe prendere
atto.
Indubbiamente non è certo una strada facile
quella che dovrà essere percorsa. Una strada che
richiede sacrifici, che possono essere compiuti solo
a seguito di adeguate motivazioni. E quali potranno
essere queste motivazioni? Occorrerà soprattutto
una nuova etica che, nel caso specifico, dovrà
riguardare i nostri rapporti con le generazioni future,
nei confronti delle quali dovrà svilupparsi un
nuovo sentimento di affezione.
Se all’inizio – afferma Georgescu-Roegen – fu
detto: “non uccidere” e poi “ama il prossimo tuo
come te stesso”, il nuovo comandamento dovrà essere
“ama le generazioni future come te stesso”.
Questo è un imperativo categorico dal quale non si
può prescindere. Un imperativo che risulterà tanto
più attuabile quanto più si cercherà in ogni modo
di instillare in tutti, specie nelle nuove generazioni,
questo nuovo tipo di cultura.
L’ultimo anello della catena, che, come abbiamo
osservato, comporta una serie di passaggi logici,
consiste dunque nel cercare di creare una nuova
mentalità, un nuovo approccio ai problemi
dell’ecologia.
A tale scopo sarà necessaria un’opera di educazione
e di diffusione della cultura ambientale.
L’homo oecologicus sarà formato nella famiglia,
educato nella scuola e completato nell’impegno
svolto nelle associazioni ambientalistiche.
Se l’ecologia costituisce una dimensione globale
della vita (oikos, la casa di tutti) è evidente che
la soluzione dei problemi, che essa comporta, non
potrà che essere trovata in un approccio globale,
approccio nel quale l’elemento dell’educazione riveste
un ruolo fondamentale.
Romano Molesti
Romano Molesti è professore ordinario di Storia
del Pensiero Economico nell’Università di Verona
e Presidente dell’ANEAT, Associazione Nazionale
degli Economisti dell’Ambiente e del Territorio
NOTE
1) N. GEORGESCU-ROEGEN, Demain la Dècroissance,
Lausanne, 1979, p. 18.
2) N. GEORGESCU-ROEGEN, L’Energie et les Mithes
Economiques, in Demain la Décroissance, cit.
3) N. GEORGESCU-ROEGEN, La legge di entropia e il
problema economico, in Analisi economica e processo
economico, Sansoni, Firenze 1973, p. 278.
4) N. GEORGESCU-ROEGEN, Lo stato stazionario e la
salvezza ecologica: un’analisi termodinamica, in “Economia
e ambiente”, n. 1, 1984, p. 15.
martedì 6 aprile 2010
Georgescu-Roegen colpisce ancora...
PREZZI DEL FERRO ALLE STELLE!!!
Industria Ue in allarme per i rincari del ferro
suggerisco ai vertici dell'ANIMA (Federazione delle Associazioni Nazionali dell'Industria Meccanica Varia e Affine) di regalarsi il seguente libro:
martedì 30 marzo 2010
Addio
Con la morte nel cuore per la prima volta in vita mia non ho votato Rifondazione Comunista. Non mi andava più di votare per un partito al quale gli sono rimasti solo simbolo e nome, simbolo e nome che invece mancavano a Sinistra e Libertà ma la SEL aveva ed ha tutto il resto come per esempio un programma facile da comprendere , persino i grillini hanno un programma più diretto di quello di Rifondazione.
Anche qui in Basilicata siamo scomparsi ma abbiamo eletto un consigliere della SEL e per la prima volta nessuno di Rifondazione ma la data del suicidio non è oggi ma è avvenuto nel luglio 2008.
Per quanto riguarda il Nord forse se fossi stato lì avrei votato Lega Nord e non il Movimento 5 stelle per il semplice motivo che i miei amici emigrati al nord adesso votano Lega Nord anche se qui andavano al circolo Rocco Scotellaro.
Ripartiamo dalle Fabbriche di Nichi RIFONDIAMO e poi di nuovo UNITA' con Grillini ed Comunisti (e se c'è ancora gente che vuole un simbolo il simbolo c'è ed è il seguente:
e no .... non è di destra purtroppo e inseriamola in questo benedetto simbolo.
PS: Qui in Basilicata ha di nuovo vinto la Democrazia Cristiana..
Anche qui in Basilicata siamo scomparsi ma abbiamo eletto un consigliere della SEL e per la prima volta nessuno di Rifondazione ma la data del suicidio non è oggi ma è avvenuto nel luglio 2008.
Per quanto riguarda il Nord forse se fossi stato lì avrei votato Lega Nord e non il Movimento 5 stelle per il semplice motivo che i miei amici emigrati al nord adesso votano Lega Nord anche se qui andavano al circolo Rocco Scotellaro.
Ripartiamo dalle Fabbriche di Nichi RIFONDIAMO e poi di nuovo UNITA' con Grillini ed Comunisti (e se c'è ancora gente che vuole un simbolo il simbolo c'è ed è il seguente:
e no .... non è di destra purtroppo e inseriamola in questo benedetto simbolo.
PS: Qui in Basilicata ha di nuovo vinto la Democrazia Cristiana..
venerdì 26 marzo 2010
L'eolico urbano ITALIANO
Aspettavo con ansia rumors sui prezzi questi dovrebbero essere quelli ufficiali penso IVA esposta:
Le turbine microeoliche Pramac sono per adesso disponibili in due versioni, la WT 400W a due pale da 400W, e la WT 1KW di forma elicoidale da 1KW, con prezzi intorno a 2.500 e 3.500 Euro rispettivamente.
martedì 23 marzo 2010
L'incubo
...ho di nuovo sognato il termosifone in ghisa con valvola termostatica a due vie a bassa inerzia termica mentre cavita...
...il tutto era in nicchia ed ostruito...
...l'evaporatore vuoto.. le tende sembravano chiudersi davanti...
...non mi facevano vedere la caldaia...era il più lontano da essa lo sentivo dentro di me...quel ticchettio quel maledetto ticchettio
...il tutto era in nicchia ed ostruito...
...l'evaporatore vuoto.. le tende sembravano chiudersi davanti...
...non mi facevano vedere la caldaia...era il più lontano da essa lo sentivo dentro di me...quel ticchettio quel maledetto ticchettio
lunedì 15 marzo 2010
Le pippe dell'esperto
«Gli sventoloni e i pannelli solari sono pippe: dal punto di vista tecnico scientifico sono pippe a costi altissimi». Non usa mezzi termini il ministro della Pubblica amministrazione e dell’innovazione, Renato Brunetta.(l'esperto vedi sotto) «Hanno costi altissimi - afferma intervenendo al dibattito di Cernobbio sul tema dell’efficienza energetica - e contribuiscono alla produzione di energia in modo del tutto marginale. Chi ci guadagna è la Germania che produce pippe per chi compra pippe: un solo rigassificatore, per esempio, da solo contribuisce in modo molto maggiore a risolvere il problema energetico del Paese», sostiene il ministro.
nell'ottobre 2006 il primo post ''serio'' che pubblicai fu proprio sugli esperti:
Falso esperto - Insegnante (generalizzando, esperto) che non conosce la materia; se non ripassa la lezione, spesso si confonde o non arriva alla fine e deve "leggere" dal libro di testo.
Sembra impossibile, ma molte persone non contemplano l'esistenza di questa categoria. Sono quelle che ritengono che una laurea (un diploma, un attestato ecc.) sia condizione necessaria e sufficiente per essere esperti. Ovvio che il titolo non è una condizione sufficiente (vedasi in ogni professione i più scarsi rappresentanti), ma non è nemmeno necessaria. Questo è un concetto che sfugge a chi non ha mai messo in difficoltà i suoi maestri, preferendo credere che fossero il massimo del sapere. In realtà molti autodidatti senza titolo ne sanno molto di più di falsi esperti con titolo. (da Albanesi.it sito che leggo spesso dato che sono un runner)
nell'ottobre 2006 il primo post ''serio'' che pubblicai fu proprio sugli esperti:
Falso esperto - Insegnante (generalizzando, esperto) che non conosce la materia; se non ripassa la lezione, spesso si confonde o non arriva alla fine e deve "leggere" dal libro di testo.
Sembra impossibile, ma molte persone non contemplano l'esistenza di questa categoria. Sono quelle che ritengono che una laurea (un diploma, un attestato ecc.) sia condizione necessaria e sufficiente per essere esperti. Ovvio che il titolo non è una condizione sufficiente (vedasi in ogni professione i più scarsi rappresentanti), ma non è nemmeno necessaria. Questo è un concetto che sfugge a chi non ha mai messo in difficoltà i suoi maestri, preferendo credere che fossero il massimo del sapere. In realtà molti autodidatti senza titolo ne sanno molto di più di falsi esperti con titolo. (da Albanesi.it sito che leggo spesso dato che sono un runner)
mercoledì 10 marzo 2010
lunedì 8 marzo 2010
Sole, vento alberi
Ho visto ieri l'ultima puntata di PRESADIRETTA del bravissimo Riccardo Iacona
Bellissima la parte in Germania e sul potenziale a biomasse della Basilicata e dell'intero Appennino Italiano
L’energia da fonti rinnovabili e’ la grande scommessa per l’ambiente e il volano dell’economia nei prossimi anni. In Germania e Austria le leggi vigenti hanno incentivato gli investimenti di che vuole produrre elettricità dal sole, dal vento e da materiali di scarto delle lavorazioni del legno. E in Italia? Un piano nazionale non c’e’, le regioni si danno regole spesso contraddittorie. Chi vuole investire onestamente nelle energie alternative si trova di fronte a difficoltà insormontabili.
Potete scaricarla così dato che pagate il canone Rai http://lucaniaelettrica.wordpress.com/2010/01/05/salvare-video-streaming-da-rai-tv-aggiornamento-2010/
Bellissima la parte in Germania e sul potenziale a biomasse della Basilicata e dell'intero Appennino Italiano
L’energia da fonti rinnovabili e’ la grande scommessa per l’ambiente e il volano dell’economia nei prossimi anni. In Germania e Austria le leggi vigenti hanno incentivato gli investimenti di che vuole produrre elettricità dal sole, dal vento e da materiali di scarto delle lavorazioni del legno. E in Italia? Un piano nazionale non c’e’, le regioni si danno regole spesso contraddittorie. Chi vuole investire onestamente nelle energie alternative si trova di fronte a difficoltà insormontabili.
Potete scaricarla così dato che pagate il canone Rai http://lucaniaelettrica.wordpress.com/2010/01/05/salvare-video-streaming-da-rai-tv-aggiornamento-2010/
venerdì 19 febbraio 2010
60.387.000
Al 1° gennaio 2010 i residenti in Italia erano 60.387.000 e hanno fatto registrare un tasso di incremento del 5,7 per mille. Lo comunica l'Istat. Al censimento del 21 ottobre 2001 i residenti erano risultati essere 56.995.744. In nove anni, quindi, la popolazione presente in Italia è aumentata di 3,4 milioni di unità.
L’ITALIA È SOVRAPPOPOLATA
giovedì 4 febbraio 2010
la Fiat di Melfi e l'auto elettrica
...ovvero il nulla e il destino degli impianti italiani è segnato. (anche in presenza di colpi di genio italici come questo ma montati all'estero)
Un impianto di auto elettriche non si crea dal nulla e fra 5 anni siamo fuori tempo(forse anche prima Cina permettendo): provate a digitare BYD su Google cari miei scienziati della comunicazione.
La Chevrolet implementerà un impianto da 336 milioni di dollari a Detroit-Hamtramck (migliorando sostanzialmente quello esistente) per la costruzione della Volt (auto elettrica)
Dal video qui sotto soldi ben spesi: (è un'auto vera di quelle che può fare il mazzo alla VW Golf tanto per interderci...)
[youtube=http://www.youtube.com/watch?gl=IT&feature=related&v=gbbv-CCVqyg]
A questo punto a noi Italiani non ci resta altro da fare che legalizzare il retrofit elettrico per creare una filiera produttiva più consona al tessuto industriale italiano e levarci di torno i ricatti Fiat+Autostrade sviluppando una buona volta le autostrade del mare e i treni.
Messaggi subliminali:
(Resisterò ai preti di Magdi Allam alla Total agli ex democristiani al generale Jean e agli ambientalisti dell'ultima ora NON EMIGRO NON EMIGRO )
(l'ingegnere gestionale è il mio nemico)
(L'Architetto è l'Anticristo)
Un impianto di auto elettriche non si crea dal nulla e fra 5 anni siamo fuori tempo(forse anche prima Cina permettendo): provate a digitare BYD su Google cari miei scienziati della comunicazione.
La Chevrolet implementerà un impianto da 336 milioni di dollari a Detroit-Hamtramck (migliorando sostanzialmente quello esistente) per la costruzione della Volt (auto elettrica)
Dal video qui sotto soldi ben spesi: (è un'auto vera di quelle che può fare il mazzo alla VW Golf tanto per interderci...)
[youtube=http://www.youtube.com/watch?gl=IT&feature=related&v=gbbv-CCVqyg]
A questo punto a noi Italiani non ci resta altro da fare che legalizzare il retrofit elettrico per creare una filiera produttiva più consona al tessuto industriale italiano e levarci di torno i ricatti Fiat+Autostrade sviluppando una buona volta le autostrade del mare e i treni.
Messaggi subliminali:
(Resisterò ai preti di Magdi Allam alla Total agli ex democristiani al generale Jean e agli ambientalisti dell'ultima ora NON EMIGRO NON EMIGRO )
(l'ingegnere gestionale è il mio nemico)
(L'Architetto è l'Anticristo)
giovedì 21 gennaio 2010
Magdi Lucano Allam
Sto cercando di capire perchè abbiano scelto Magdi al posto di Kermit.
Cioè Kermit ne ha fatte di cose per la Basilicata più di Magdi ed addirittura c' è pure stato in Basilicata me lo ricordo benissimo.
Se cliccate sulle immagine c'è il link ai loro profili di Wikipedia così domani mi date un parere. (ebbene sì questo è l'unico blog dove i commenti li danno il giorno dopo a voce quando scendo al rione)
Etichette:
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martedì 5 gennaio 2010
salvare video streaming da rai.tv (aggiornamento 2011)
Aggiorno il vecchio post di due anni fa http://lucaniaelettrica.wordpress.com/2008/03/27/come-salvare-video-streaming-da-rai-tv/
Nuova procedura:
1 Scaricatevi Orbit Downloder ed installatelo. Ci servirà per scaricare il video con il link mms ( per info su mms ed altro fate riferimento al vecchio post linkato sopra)
2 Scaricatevi Net Transport la guida del programma è invece qui
3 Scaricate l'estensione per Mozilla Firefox che emula Microsoft Explorer cioè consente di visualizzare le pagine web in modalità Microsoft Explorer
4 il più è fatto adesso andate su rai.tv con il browser mozilla firefox in modalità explorer
5Avviate Net Transporte nel tab sniffer url premete Avvia e poi Copia sul link mms del video streaming che è in blu
6 Avviate Orbit Downloader cliccate su download ed automaticamente vi scaricherà il video della
update 2011
Ho provato a scaricare anche in presenza di Silverlight della Microsoft utilizzando come sniffer mms il programma URLhelper V3 e usando come browser Microsoft Explorer.
Nuova procedura:
1 Scaricatevi Orbit Downloder ed installatelo. Ci servirà per scaricare il video con il link mms ( per info su mms ed altro fate riferimento al vecchio post linkato sopra)
2 Scaricatevi Net Transport la guida del programma è invece qui
3 Scaricate l'estensione per Mozilla Firefox che emula Microsoft Explorer cioè consente di visualizzare le pagine web in modalità Microsoft Explorer
4 il più è fatto adesso andate su rai.tv con il browser mozilla firefox in modalità explorer
5Avviate Net Transporte nel tab sniffer url premete Avvia e poi Copia sul link mms del video streaming che è in blu
6 Avviate Orbit Downloader cliccate su download ed automaticamente vi scaricherà il video della
RAI CHE E' UNA CAZ.. DI RETE PUBBLICA CHE DOVREBBE FARE SERVIZIO PUBBLICO ED ESSERE ACCESSIBILE NEI CONTENUTI in TUTTI I MODI POSSIBILI ED IMMAGINABILI A TUTTI GLI ABBONATI COMPRESO ME CHE HO DUE ABBONAMENTI E MI GIRANO I COSIDDETTI CHE VEDO DA SEMPRE LA TELEVISIONE A MERDA PERCHE' NON SONO CAPACI D'ILLUMINARE BENE L'APPENNINO LUCANO
update 2011
Ho provato a scaricare anche in presenza di Silverlight della Microsoft utilizzando come sniffer mms il programma URLhelper V3 e usando come browser Microsoft Explorer.
sabato 2 gennaio 2010
BLOWER DOOR TEST
Due video fatti bene e in Italiano (cosa rara) sul blower door test.
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