venerdì 13 giugno 2008

idrati di metano: pericolo o opportunità energetica?


da "il manifesto" del 04 Maggio 2005
TERRA TERRA
I pericolosi tesori in fondo al mare

NICOLA SCEVOLA ,

Il 16 di aprile una spedizione scientifica finanziata dal governo degli Stati uniti è salpata da Houston, Texas, per il Golfo del Messico: per 35 giorni scandaglierà i fondali e raccoglierà dati in un paio di «fosse» profonde. Lo scopo dichiarato della missione è studiare i problemi di sicurezza per la perforazione di pozzi di gas e petrolio in presenza di idrati di metano nei fondali. «Idrati di metano» sono cristalli formati dal gas metano intrappolati a grandi profondità sotto il mare, compresso e solidificato a causa della forte pressione e della bassa temperatura. I problemi di sicurezza derivano dalla sua natura instabile: soprannominato «ghiaccio che brucia», allo stato solido assomiglia al ghiaccio, ma se riscaldato brucia come normale gas. A provocare il cambiamento di fase (dallo stato solido al gassoso) basta il contatto fisico - ad esempio della trivella che sta scavando un pozzo - e questo passaggio avviene con grande violenza, provocando fenomeni di instabilità dei fondali, come esplosioni o sismi. Così che oggi, quando le aziende di trivellazioni constatano la presenza di idrati di metano su un certo fondale, sono costrette a cambiare zona. Riuscire a scavare pozzi anche dove si trovano questi idrati di gas è lo scopo immediato della missione. Sullo sfondo però c'è un progetto più ambizioso: raccoglierli. Se la missione si rivelasse un successo, il premio sarebbe enorme. Gli scienziati valutano che, sparse sotto il fondo degli oceani e i ghiacci delle calotte polari, ci siano riserve di metano sotto forma di idrati più abbondanti di quel che rimane tra petrolio, carbone e gas messi insieme. E di fronte a una possibile nuova fonte di energia, il mondo industrializzato è un po' come un tossicodipendente alla ricerca della sua dose quotidiana: il bisogno di energia è impellente, e con i paesi spacciatori di petrolio sempre sull'orlo dell'instabilità e il prezzo del greggio in continuo aumento, trovare nuove risorse è diventato un imperativo.

Ray Boswell, direttore dei laboratori di ricerca sugli idrati di metano presso il Dipartimento dell'Energia del governo americano è ottimista. «Sono convinto che i giacimenti siano enormi e la possibilità di sfruttarli possa divenire realtà nel giro di poco più di un decennio», ci conferma. Le difficoltà da affrontare, però, sono ancora tante. La sua natura instabile, come detto, e poi i luoghi impervi dove è conservato, ne rendono difficile l'estrazione. Inoltre non è ancora chiaro se questo combustibile sia raggruppato in grandi depositi o se sia sparso tra i sedimenti dei fondali. In ogni caso, secondo Boswell, il potenziale di questa risorsa è talmente vasto da non poter essere ignorato. «Anche se solo una piccola percentuale d'idrati si rivelasse sfruttabile - spiega lo scienziato - sarebbe già una quantità sufficiente per giustificare lo sforzo».

Alcuni esperti, però, vedono l'impresa come una perdita di tempo in grado, al massimo, di posticipare la risoluzione di un problema. «I soldi investiti per cercare di estrarre idrato di metano - spiega il professor David Crabbe, esperto di gas e petrolio dell'Open University in Scozia - sarebbero meglio spesi nella ricerca di energie rinnovabili, unica soluzione ragionevole alla scarsità dei combustibili fossili». Anche le associazioni ambientaliste sono contrarie all'idea. Se una volta bruciato, il metano è considerato più pulito del carbone e del petrolio, allo stato naturale il gas può essere molto dannoso. «La sua capacità di aumentare l'effetto serra è notevole», spiega Kert Davies, esperto di combustibili fossili di Greenpeace. «Il metano è più stabile dell'anidride carbonica e, se rilasciato accidentalmente, crea nell'atmosfera una coperta molto più spessa e duratura».

I rischi connessi all'estrazione dalle profondità dei mari rendono quindi l'impresa poco raccomandabile. «Conosciamo meglio la luna che il fondo degli oceani - avverte Davies - e il processo d'estrazione dell'idrato di metano potrebbe avere conseguenze imprevedibili».

Gli idrati di metano, cosa sono:

Di che si tratta? «Si tratta di cristalli di ghiaccio – o gas idrati – composti di gas e metano, intrappolati da milioni di anni sotto ai margini continentali a causa dell’alta pressione e delle basse temperature», spiega John Farrell, responsabile scientifico della ricerca, che vede impegnati i migliori istituti oceanografici di venti nazioni, Italia compresa: «Riteniamo che sotto gli oceani ne esistano giacimenti immensi». A sollevare euforia tra gli esperti è la possibilità del loro sfruttamento commerciale in tempi forse, brevi. «Molto dipende dal prezzo del gas naturale», si sbilancia Farrel, «se la domanda fosse alta, basterebbero quindici anni». Nel frattempo, «la prima cosa da fare è censire i punti dove noi riteniamo possano trovarsi i giacimenti maggiori, un compito che potrebbe richiedere anni».

Già, dove sono i giacimenti? «Quasi sicuramente le zone più ricche corrispondono alle cosiddette zone di subduzione, dove i margini di una zolla tettonica scendono al di sotto di un’altra», spiega l’esperto. Una circostanza, questa, in grado di guardare all’Oceano Pacifico – martoriato da vulcani e terremoti – come area privilegiata, e che spiega il grande interesse alle ricerche del Giappone, quasi del tutto privo di giacimenti di petrolio ma potenzialmente ricco di metano all’interno delle acque territoriali. Non a caso, ricercatori giapponesi hanno lanciato la prima idea pompare acqua calda in modo da disaggregare le molecole di acqua e gas e formare pozze di metano “pronto da estrarre”.


Ghiaccio esplosivo

Sembrerebbe facile, ma non lo è. Gli stessi esperti americani non nascondono gli ostacoli ancora da scavalcare. Il rischio è che l’affare si trasformi in un boomerang per il clima terrestre: «Improvvisi rilasci di gas metano, che incombusto è un potente gas serra, potrebbe accelerare il riscaldamento globale», ammette Farrell, «con conseguenze disastrose sul clima e sugli oceani». Ugualmente inquietante è la possibilità di esplosioni accidentali. «Basta un leggero rialzo della temperatura dell’acqua di qualche grado», spiega Farrell, «perché le molecole di gas, altamente instabili, esplodano provocando voragini sul fondo oceanico. Se questo accadesse in prossimità di oleodotti li farebbe saltare in aria, provocando colossali sversamenti in mare».

Deflagrazioni accidentali del “ghiaccio esplosivo”, come è stato subito battezzato dai ricercatori, si sarebbero già verificati in passato. A testimoniarlo sarebbero soprattutto le analisi sul plankton, alcune anomalie di crescita del quale sembrano essere giustificate – secondo gli esperti – solo con il rilascio di gas metano in mare. In alcuni casi, queste esplosioni hanno avuto effetti davvero catastrofici: «Verissimo», conferma Farrell, «scoppi accidentali di depositi di gas idrati potrebbero essere all’origine di alcuni cambiamenti climatici degli ultimi 50 mila anni, e di frane e cataclismi sottomarini. Per esempio, la gigantesca onda tsunami che ha investito il Nord Europa 8000 anni fa».

Rischi non trascurabili, insomma, ma che non sembrano spegnere l’entusiasmo dei ricercatori. Dopo il successo dell’ultima spedizione nell’Atlantico, è stata già annunciata una nuova partenza: colonna portante delle ricerche, ancora una volta, la nave Joideas Resolution, il più sofisticato laboratorio scientifico navigante del mondo, in grado di compiere trivellazioni fino a 8200 metri di profondità, estrarre campioni di roccia e portarli intatti in superficie. Stavolta farà rotta nel Pacifico settentrionale, proprio di fronte alla coste dell’Oregon. Qui, trivellazioni sperimentali hanno evidenziato un giacimento di cristalli di gas ancora più ricco di quello dell’Atlantico. Il prezzo del petrolio continua a crescere, e la ricerca continua.

http://magazine.enel.it/boiler/arretrati/arretrati/boiler15/html/articoli/Giammateo-Energia.asp

Il pericolo:

Nel passato, erano i vulcani a cambiare la concentrazione del CO2 atmosferico. Oggi, lo stanno facendo gli esseri umani bruciando combustibili fossili, senza ancora rendersi conto che stanno trafficando con i meccanismi che rendono possibile la loro stessa esistenza. Già oggi, il riscaldamento causato dall’attività umana sta causando il rilascio di grandi quantità di metano dagli idrati polari. Questo sarebbe già preoccupante di per se, senza contare che c’è addirittura chi pensa di andare ad estrarre altro metano dagli idrati per usarlo come combustibile. Gli idrati sono una vera e propria bomba climatica, innescata e pronta a esplodere. Che qualcuno pensi veramente di andare a stuzzicare il detonatore per riempire i serbatoi delle SUV è una delle grandi follie del nostro tempo.

http://www.aspoitalia.net/documenti/bardi/motoclima/motoclima.html

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