martedì 30 dicembre 2008

SOSteniamo l'auto elettrica


Pininfarina, l´accordo si fa attendere

E ci sarebbe già chi lavora all´ipotesi dell´amministrazione straordinaria. Restano 48 ore per trovare l´intesa con le banche: ma ci si prepara all´ipotesi B

Anche perché il tempo è pochissimo, 48 ore appena. «I timori sono tanti - commenta il segretario della Fiom di Torino, Giorgio Airaudo - e siamo molto in "zona Cesarini". La fuga delle banche o anche l´ipotesi di uno spin-off che porti all´abbandono della parte manifatturiera sono soluzioni da scongiurare». Per Airaudo «è importante non lasciarsi scappare un´idea buona come l´auto elettrica. Ma serve un imprenditore, preferibilmente italiano, e anche l´aiuto delle istituzioni. Lo Stato potrebbe essere il primo a farsi carico di commesse pubbliche importanti per rinnovare il proprio parco auto con vetture a propulsione elettrica».

Perchè Natale (Sol Invictus) è il 25 Dicembre

Da Wikipedia:

Letteralmente natale significa "nascita". La festività del Dies Natalis Solis Invicti ("Giorno di nascita del Sole Invitto") veniva celebrata nel momento dell'anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il solstizio d'inverno: la "rinascita" del sole.

Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente "sole fermo" (da sol, "sole", e sistere, "stare fermo").

Infatti nell'emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore). In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e "invincibile" sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo "Natale". Questa interpretazione "astronomica" può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.

sabato 20 dicembre 2008

Via Cavour Fornace Ierace Potenza....il video

Guardate un pò cosa ho trovato su youtube.....




Ma non ci potevano fare un parco...Oddio ho detto parco???????? Un parco???????

mercoledì 17 dicembre 2008

Ma dov'è la Basilicata?

Molte volte la gente mi ha chiesto dove si trovi la Basilicata. Assurdo ma è così.
E' qualcosa che nessuna regione ha.E' un dono: siamo visti come una regione mitologica. La Basilicata è come il concetto di Dio: Ci credi o non ci credi....


« «Che nome ha la terra in cui siete nato?» mi domandò una vecchia signora che, nei suoi giovani anni, era stata nel Mezzogiorno d'Italia. «Sono di Napoli», risposi. «Proprio di Napoli?». «No, di una terra ancora più meridionale, della Basilicata». Mi accorsi che il nome riusciva nuovo e volli precisare. «È una terra», io dissi, «molto grande, grande la terza parte del Belgio, grande più del Montenegro: non ha città fiorenti, né industrie. La campagna è triste e gli abitanti sono poveri. È bagnata da due mari e l'uno e l'altro hanno costiere assai malinconiche; dintorno ha le Puglie, i Principati e le Calabrie». I nomi di queste terre dovettero produrre una certa impressione poiché la mia interlocutrice non mi fece quasi finire. «Il vostro», mi disse, «se è tra la Calabria e le Puglie, deve essere il paese dei briganti» »

( Francesco Saverio Nitti, Eroi e Briganti , 1899)




martedì 9 dicembre 2008

Plastic Logic il giornale elettronico: il video

Svolte - Viaggio nello stabilimento di Plastic Logic a Dresda. I primi esemplari negli Stati Uniti dalla primavera 2009

La notizia è fresca, il giornale di plastica

Arriva il foglio per leggere ovunque quotidiani e documenti scaricati dal Pc. Fra gli investitori Siemens e Bank of America

DAL NOSTRO INVIATO

DRESDA - Loro, gli scienziati dell'Università di Cambridge che hanno fondato Plastic Logic, la sfida teconologica l'hanno vinta: ora, sono alle prese con quella di mercato. Se funzionerà anche questa, però, la palla passerà ad altri, soprattutto alle case editrici: dovranno adeguare i loro modi e ritmi di produzione e di diffusione delle informazioni al prodotto che Plastic Logic sta per lanciare.

Si tratta del primo foglio di plastica sul quale si possono immagazzinare e leggere migliaia di pagine di tutto ciò che è scritto e fotografato. Se ne parla da anni: il famoso e-newspaper, tra le altre funzioni. Ora, finalmente, sta per partire la prima produzione di massa. In uno stabilimento tutto nuovo, ad alta tecnologia e rispetto ecologico alle porte di Dresda. Sì, nella valle dell'Elba, Germania ex comunista, un tempo landa di macchinari pesanti, fumi e ruggine. «Sono seimila metri quadrati — spiega Rachel Lichten, una delle responsabili sul posto di produzione —. Di questi, quattromila sono occupati dalla clean-room: macchine avanzatissime, che funzionano con una scarsa o quasi nulla presenza di manodopera, perché la produzione del foglio di plastica deve essere perfetta, senza presenze estranee nell'atmosfera di lavoro. In alcuni passaggi, sottovuoto».

Il prodotto finale è, all'apparenza, semplice. Un foglio di plastica di formato A4 con attorno un bordo sottilissimo che contiene le funzioni elettroniche. Il principio di funzionamento è fondato «su film-transistor che controllano l'inchiostro elettronico» e lo distribuiscono sul foglio a formare un'immagine o una pagina scritta. «Il tutto pesa meno di mezzo chilo — spiega Lichten —. La plastica è flessibile e una certa flessibilità rimane anche con il bordo. Se cade, non si rompe. Inoltre, la batteria dura giorni, settimane, perché funziona solo quando si gira pagina e sul display si ricompone qualcosa di nuovo».







venerdì 5 dicembre 2008

Dove se non su Internet?( Stefano Quintarelli su Debora Billi)

Dove se non su Internet?:
Debora Billi scrive questo:

WiMax? Scordatevelo. Ecco perché.

Da anni si attende l'avvio del WiMax , in un Paese come il nostro dove il digital divide ancora si fa sentire. L'ipotesi più accreditata per questa lentezza nell'applicazione è quella che vede le grandi telco porre un freno ad una tecnologia che toglierebbe potere dalle loro mani, per darlo all'utente finale.

Ma forse non è così. Ci racconta Uriel una versione completamente diversa e piuttosto inquietante per spiegare come mai non avete ancora il WiMax...

Lavorando proprio in quel settore, so che sia TIM che Vodafone vorrebbero coprire il territorio con un mercato VAS (Value Added Service) da anni.

Ma per fare QUALSIASI servizio, per legge, le aziende devono garantire intercettabilita' al ministero degli Interni. Questa intercettabilita' va garantita mediante caratteristiche specifiche del servizio, cioe' offrendo un accesso in grado di intercettare.


Allora chiedo un parere a Stefano Quintarelli sul suo blog:

dai miei rapporti con polpost e operatori citati, non mi pare fondata.

Grazie della risposta.

Dove ho la possibilità di fare una domanda a Stefano Quintarelli, Carlo Bertani,Debora Billi, Ugo Bardi, Beppe Caravita, Jacopo Fo, Weissbach se non su Internet????.....

lunedì 1 dicembre 2008

La certificazione energetica dal fiscalista...


DIALOGHI FUTURI DAL FISCALISTA:
1° dialogo
Imprenditore
: Cacchio 25000€ di tasse per l'anno prossimo!!!!
Fiscalista: Ha ragione dobbiamo fare qualcosa per rientrare un pò, ma aspetti c'è la certificazione energetica!!!
Imprenditore: La certificazione energetica!?!?
Fiscalista: Certo dal primo gennaio le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico non costituiscono un credito d'imposta ma una detrazione, esattamente come nel caso delle agevolazioni per ristrutturazione
Imprenditore: Ho capito chiamo il certificatore energetico e vediamo che può fare...

2°dialogo:
Imprenditore: Ma come ho speso 20000€ per l'impianto di cogenerazione e non posso ottenere la detrazione fiscale del 55%???
Fiscalista:Mi dispiace ma per chi non ha capienza nell'imposta nessuna restituzione del 55%
Questo vuol dire che chi non ha abbastanza tasse da pagare comunque non avrà la possibilità di godere di nessun rimborso dei soldi spesi per pannelli, doppi vetri, caldaia a condensazione o coibentazione dell'immobile. Quindi chi negli anni passati ha sempre avuto una dichiarazione con un credito e un relativo rimborso (in seguito alla detrazione, ad esempio, di spese per l'istruzione, sanitarie, del mutuo ecc.) e di conseguenza non ha capienza nell'imposta, non ha alcun modo di beneficiare degli incentivi fiscali per risparmio energetico.
Imprenditore: Porca miseria e li ho pure votati...

Per ulteriori info:link

lunedì 24 novembre 2008

Richiesta raccolta rifiuti porta a porta a Potenza e Matera?!!



I titoli dei giornali in Basilicata di questi giorni:

Emergenza rifiuti in Basilicata
Potenza è senza discarica.
A Lauria la discarica chiude a febbraio
Matera pensa all'inceneritore
Potenza prova ad imitare Napoli
Adesso dico io con una popolazione di circa 80000 abitanti faccio la seguente domanda-richiesta al sindaco di Potenza:
PERCHE' NON IMPLEMENTIAMO UN SISTEMA DI RACCOLTA PORTA A PORTA DEI RIFIUTI NELLA CITTA' DI POTENZA???!!!!


Basta andare qui vicino nel comune di Padula(SA) per prendere visione di un grande esempio di gestione dei rifiuti.
Fate girare questa richiesta.
Vedete i seguenti video per favore soprattutto quello su you tube.
http://altrabrescia.ning.com/profiles/blog/show?id=2041463%3ABlogPost%3A3990
http://www.youtube.com/watch?v=f8Lqe-_Cxm0&eurl=http://www.blogger.com/post-create.g?blogID=35874294
Salviamo questa città dal degrado
IO AMO POTENZA.
http://lucaniaelettrica.blogspot.com/





domenica 23 novembre 2008

energia talassotermica o energia mareotermica il video

Anche indicata come OTEC, acronimo inglese per Ocean Thermal Energy Conversion.
Gli oceani coprono circa il 70% della superficie della Terra, costituendo così il più grande collettore solare.
Tra le acque in superficie, calde, e quelle in profondità, fredde, cè una differenza di temperatura che può superare i 25°C e che può essere sfruttata con opportuni cicli per produrre elettricità.
La tecnologia che permette di convertire l'energia termica degli oceani in energia elettrica è nota con il nome di OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion).
Per far sì che una centrale OTEC produca una conveniente quantità di energia deve essere installata dove la differenza di temperatura tra le acque calde di superficie e le acque fredde delle profondità oceaniche è di circa 20°C.
Queste condizioni sono presenti nelle aree costiere dei mari tropicali tra il Tropico del Capricorno e il Tropico del Cancro.
Gli impianti OTEC, situabili sulla terraferma (on-shore) o in mare aperto (off-shore) su navi o piattaforme ancorate, possono essere sostanzialmente di tre tipi: * a ciclo aperto, Open-Cycle OTEC; * a ciclo chiuso, Closed-Cycle OTEC; * ibrido, Hybrid-Cycle OTEC.
Nei sistemi a ciclo aperto, l'acqua di mare calda è il fluido di processo che viene pompato in un evaporatore flash, dove condizioni di bassa pressione, tipicamente 0,03 bar ne causano l'evaporazione alla temperatura di 22°C.
Il vapore generato si espande in una turbina di bassa pressione, collegata con un generatore elettrico, e viene successivamente condensato, passando attraverso un condensatore posto a contatto con l'acqua fredda delle profondità oceaniche.




venerdì 21 novembre 2008

Istria libera e indipendente


L'Istria deve essere indipendente. Ritornerebbero circa 100000 Italiani nel giro di 5 anni.
In onore di mio nonno eroe di Fiume.
http://www.edit.hr/lavoce/
http://www.adesonline.com/

giovedì 20 novembre 2008

sabato 15 novembre 2008

La mia Lucania (e)saudita di Gaetano Cappelli

di Gaetano Cappelli


Vita sociale in Basilicata prima del petrolio. Quanti anni saranno passati da quella sera? Dieci, ma forse quasi vent’anni. Eravamo giovani, questo me lo ricordo bene, e ce ne stavamo seduti al solito ristorante del sabato secondo l’uso meridionale: uomini da una parte, donne dall’altra; s’era iniziato a dividerci per gioco, poi sarebbe diventata un’onesta abitudine essendo le chiacchiere degli uomini diverse dalle chiacchiere delle donne. Ma, quella sera, l’argomento era e non poteva che esser uno: in Basilicata avevano appena scoperto il petrolio e noi, nel nostro fondo di provincia, ci sentivamo improvvisamente al centro della nazione, dell’Europa, del mondo!

Lucania Saudita. Come ci ripetevamo entusiasti, si trattava del giacimento più immenso d’Europa. Grosse grasse somme di danaro, sotto forma di royalties, ci avrebbero reso, noi basilischi, i più poveri tra i poveri terroni, ricchi come arabi e non più bisognosi di sovvenzioni ma al contrario pronti a dispensarne; né più saremmo emigrati ma casomai avremmo ora aperto noi le porte della Lucania Saudita ai bisognosi. Quella sera, una ragguardevole quantità di Aglianico aveva riempito i nostri bicchieri e ce ne tornammo a casa pieni di sogni e desideri anche se poi nessuno tra noi si arricchì col petrolio; nessuno proprio in generale, se è per questo, visto che i lucani sono oggi più poveri.

Controsenso karmico. Circa centomila barili di greggio vengono estratti ogni giorno dal nostro fondo di provincia. Sì, non s’è prodotta una grande occupazione — richiedendo gli impianti pochi addetti — e fissare le royalties a un misero 7 per cento non è stato il grande affare che si credeva ma lo stesso nelle casse della Regione s’è creato quel gettito di centinaia di milioni di euro che avrebbe dovuto incentivare nuove attività e imprese. Invece, secondo l’ultimo recentissimo rapporto Istat, i lucani occupano il posto d’onore sul podio dei poveri d’Italia insieme ai siciliani.

Ma com’è mai possibile visto che oltretutto siamo quattro gatti — seicentomila, meno di un quartiere di Roma — e possediamo ogni pensabile risorsa? Il petrolio certo, ma anche acqua talmente buona che è venuta a comprarsela la Coca-Cola, e il sontuoso Aglianico; e peperoni di Senise, fagioli di Sarconi nonché il meraviglioso pecorino di Moliterno — diffidate dell’imitazione sarda, prego! — e spiagge, come si dice, incontaminate, e Maratea, uno-dei-dieci- facciamo-trenta-più-bei-posti-del-mondo? Come si spiega allora, eh?, come si spiega che continuiamo a esser poveri, anzi che diventiamo sempre più poveri?

Scarso senso degli affari, ancora più scarsa capacità progettuale, si dirà: visto che una buona parte delle royalties destinate alle nuove imprese rimangono inutilizzate. Strano però che i lucani, appena fuori dai confini regionali, si trasformino in fior fior di imprenditori. Ma non sarà, per caso, una maledizione?

Ricco come un texano. Così qualcuno potrebbe esser tentato di rivolgersi a una delle nostre celebri masciare come, negli anni Sessanta, fece il latifondista Michelantonio dell’Arco, il quale fiutando che il metano, allora scoperto, invece di renderlo ricco come un texano, sarebbe stata la causa stessa dell’espropriazione delle sue amate terre, si rivolse alla potente strega Lia la Bavosa. Lia gli s’inginocchiò davanti, gli denudò i piedi e dopo aver fatto un bolo di saliva... be’, lasciamo perdere. Fatto sta che da miserabile Re del Gas lo tramutò in ricco Re della Gassosa; noi, da Sovrani del Parco Energetico, potremmo chiederle di farci tornare a esser gli arcadici Sovrani dei Parchi Naturali secondo la vecchia freddura: «Scusi lei è lucano?», «No lu cano è là sotto. Io so’ lu pastore!». Ma chi, oggi, si sottoporrebbe al terribile rituale della Bavosa? No, signori, indietro non si torna. Rimbocchiamoci le maniche piuttosto. D’altra parte siamo in tempo: ci sono ancora ben 465 milioni di barili da estrarre, per un valore astronomico di 50 miliardi di dollari con la conseguente magnifica percentuale in royalties che ci spetta — davvero un gran pacco di soldi! E per una volta che la fortuna ci arride, be’ cerchiamo di meritarcela.

giovedì 13 novembre 2008

Cucina ad induzione il video

Cucine a induzione


Le cucine a induzione consentono di cucinare rapidamente, risparmiando energia. Per questi loro vantaggi sono impiegate da tempo nelle grandi aziende e sempre di più anche nelle economie domestiche private.
In questo tipo di cucine l’energia calorica è generata da campi magnetici a media frequenza. Essi attraversano il fondo delle pentole producendo energia elettrica che scalda il contenitore e il suo contenuto.
Da tempo, il riscaldamento di elementi elettricamente conduttivi per induzione trova molteplici applicazioni a livello industriale. Nelle abitazioni private questo principio è utilizzato soprattutto per le cucine, nelle quali il calore è prodotto direttamente nel fondo della pentola e non per conduzione attraverso la zona di cottura come avviene nelle cucine convenzionali. Le cucine a induzione presentano tutta una serie di vantaggi: rapidità di reazione e di prima cottura o ebollizione, riduzione dei tempi di cottura, risparmio di energia, minor rischio di scottature o d’incendi perché le zone di cottura non raggiungono alte temperature.

1. Informazioni tecniche

Frequenza: 20 – 100 kHz
Potenza: fino a 7500 W

Principio della cottura a induzione
Ogni piastra della cucina a induzione contiene una bobina induttrice attraverso la quale scorre una corrente alternata a media frequenza (20 – 100 kHz). Questa corrente genera un campo magnetico della stessa frequenza, il quale attraversa senza ostacoli il piano di cottura di vetroceramica e s’infiltra nella pentola situata sul piano di cottura (figura 1). Il campo magnetico crea nel fondo della pentola elettricamente conduttivo una corrente circolare (corrente parassita). Questo principio è detto induzione. Il fondo delle pentole è fabbricato con un materiale in cui, alla frequenza utilizzata, la corrente parassita perde notevolmente calore. Questo fenomeno avviene nei materiali magnetici, particolarmente permeabili. Il loro campo alternato è spinto sulla superficie esterna del fondo della pentola (effetto pelle) aumentando la resistenza e producendo di conseguenza un maggiore riscaldamento. Inoltre, il campo magnetico alternato genera demagnetizzazioni nei fondi delle pentole, le quali contribuiscono a loro volta a produrre calore (perdite per isteresi) [1].
Induktion Prinzip
Figura 1: Struttura schematica di una cucina a induzione. Fonte [2]
Formazione dei campi di dispersione
Il campo magnetico non raccolto dalla pentola attraverso l’induzione è detto campo di dispersione. Esso si forma soprattutto se la superficie della pentola non copre totalmente la zona di cottura [3]. Considerato che la corrente parassita genera a sua volta un campo magnetico nel fondo della pentola che contrasta il campo magnetico del fornello, quest'ultimo e il campo di dispersione vengono indeboliti.

Formazione delle correnti derivate
La bobina induttrice e la pentola sulla piastra creano un condensatore elettrico. Accendendo la bobina induttrice la pentola si carica elettricamente. Se una persona la tocca, una leggera corrente (corrente derivata) può percorrere il suo corpo [7].

Potenze tipiche
Negli apparecchi concepiti per l’uso privato sono previste generalmente quattro zone di cottura con potenze che variano dai 1200 ai 3600 Watt. Nelle cucine a incasso la potenza totale è di ca. 7500 Watt. Per una prima rapida cottura o per scaldare l’acqua i fornelli possono essere azionati per breve tempo con una potenza supplementare (booster o funzione power).
Questa tecnologia innovativa della cottura, tramite la generazione di un campo elettromagnetico, si è tradotta in un miglioramento delle prestazioni, una riduzione dei consumi, una totale assenza di dispersione di calore, ed un aumento della sicurezza in cucina. Basti pensare che i piani cottura ad induzione sfruttano al massimo l'energia assorbita con un rendimento del 90% mentre i tradizionali fornelli, per la natura del loro principio di funzionamento, rendono solo il 40-60% disperdendo circa la meta' dell'energia nell'ambiente circostante.

Rendimenti approssimativi dei vari piani cottura:

  • Induzione 90%
  • Alogeno 58%
  • Elettrico 47%
  • Gas 40%
Si noti come i piani cottura a induzione siano in grado di trasformare una percentuale altissima di energia utilizzata in calore utile al riscaldamento dei cibi, mentre gli altri piani cottura hanno una grossa dispersione nell'ambiente circostante per cui la spesa di energia risulta doppia in quanto circa la metà dell'energia utilizzata viene sprecata.
Risulta chiaro che per scaldare lo stesso contenuto, tramite l'utilizzo di un fornello a gas ci vorrà più tempo, ed il calore non sarà irradiato in maniera uniforme su tutta la pentola, questo perchè mentre un fornello a gas trasferisce il calore attraverso il fuoco SULLA PENTOLA, il piano ad induzione trasferisce un campo elettromagnetico che genererà calore NELLA PENTOLA .

Ma come funziona la cucina a induzione elettromagnetica ?

Il principio è veramente molto semplice. Quando si posa un recipiente metallico ferroso sulla piastra, un induttore elettrico sottostante crea un campo magnetico al suo interno. Il campo magnetico creato genera nel recipiente metallico ferroso delle correnti chiamate, dal nome dell'inventore, “di Foucault” che trasformano al suo interno l’energia magnetica indotta in energia calorica provocandone il riscaldamento. Il campo elettromagnetico che dà luogo al riscaldamento della zona di cottura infatti, si origina solo a contatto con il recipiente e si mantiene circoscritto alla superficie dello stesso; questo consente di mantenere fredda la superficie del piano attorno alla zona di cottura in funzione garantendo una maggiore sicurezza e un’estrema facilità di pulizia in caso di fuoriuscita accidentale di liquidi, evitando la formazione di incrostazioni.

Quali sono i vantaggi dei piani a induzione ?

Utilizzando il sistema ad induzione, i tempi di cottura di alcuni cibi, come pasta o sughi, vengono sensibilmente ridotti. Basti pensare per esempio che i tempi di ebollizione per due litri d'acqua sono quasi dimezzati: un the? Solo alcuni secondi! Lo suggeriamo soprattutto agli anziani poichè è molto improbabile che tramite questo sistema possano bruciare le pentole, ci si possa scottare, o prendere la corrente (fate comunque attenzione, improbabile non significa impossibile). E' molto improbabile anche che si possano appiccare incendi domestici: infatti questo sistema evita il rischio del pericolo di fughe di gas ed i rischi connessi alla fiamma libera (logicamente, come in tutte le cose, nonostante la grande sicurezza di questi sistemi, un guasto può sempre capitare).

Fra i benefici dell'utilizzo dei piani ad induzione rispetto ai tradizionali troviamo:
  • costo di esercizio ridotto rispetto ai tradizionali fornelli a gas o elettrici;
  • economico: consuma energia solo quando il contenitore è appoggiato alla piastra;
  • ad alto rendimento e minima dispersione di calore: rendimento del 90% contro il 40-50% dei fornelli tradizionali;
  • riscaldamento immediato delle pentole;
  • controllo immediato della variazione di temperatura della pentola per bloccare istantaneamente l'ebollizione, oppure per cotture molto vivaci o assolutamente dolci;
  • rapidità di cottura spesso paragonabile a quella del microonde (da un terzo fino al 50% rispetto ad un fornello tradizionale): due litri di acqua vengono portati ad ebollizione in circa 5 minuti contro gli 8 minuti necessari con un fornello a gas. Ciò riduce di conseguenza il consumo di energia elettrica necessaria;
  • il calore è costante ed omogeneo evitando che i cibi attacchino subito al fondo, si possono quindi ridurre i condimenti e i grassi, i cibi mantengono un aspetto migliore;
  • sicurezza: si leva la pentola e la zona si spegne, non lo si può dimenticare acceso, non si attiva accidentalmente a contatto di oggetti metallici di piccole dimensioni come posate, anelli, bracciali, ecc.;
  • sicurezza: il piano in vetro ceramica circostante rimane freddo;
  • sicurezza: evita il rischio del pericolo di fughe di gas e i rischi connessi alla fiamma libera;
  • facilità di pulizia: il piano è totalmente liscio ed ermetico, un colpo di straccio umido e torna pulito, non vi si attacca nulla;
  • maggior comfort durante la cottura ed un risparmio medio del 30% in tempo
  • silenziosità: il piano cottura non genera rumori;
  • tecnologicamente avanzato;
  • offre gradevolezza estetica.
Per il corretto funzionamento delle piastre ad induzione è necessario l'utilizzo di pentole a fondo piatto costruite con acciai ad alto contenuto ferritico inox 410 o similari, in linea di massima se le si attacca una calamita significa che la pentola va bene (niente pentole di alluminio, vetro, terracotta, o ceramica: consigliamo di utilizzare padelle speciali sulle quali il fabbricante abbia indicato che sono adatte per cucinare a induzione), inoltre il contatore per la fornitura elettrica dev'essere dimensionato adeguatamente in quanto il normale contratto da 3KW non è generalmente sufficiente per alimentare contemporaneamente le quattro zone di cottura messe alla massima potenza e gli altri elettrodomestici della casa. Esistono tuttavia piani cottura "intelligenti" di ultima generazione dotati di un software per l'ottimizzazione dei consumi in grado di mantenere un basso tenore di assorbimento, solitamente entro i 3KW massimi.







mercoledì 5 novembre 2008

10000 visitatori unici Grazie!!


Visite totali: 10.081
Totale pagine viste: 14.626
Un gioco iniziato 2 anni fa che si trasforma continuamente...
Grazie per regalo vi mostro l'immagine che mi ha cambiato la vita:
Indovinate che cos'è?

giovedì 30 ottobre 2008

Piazza Navona, camioncini e... pinocchi.(from Crisis)

Perché visto da Roma, l'evento di ieri ha un particolare totalmente assurdo. Ovvero questo:

Qualsiasi romano ieri sera, davanti a queste immagini in TV, se ha un minimo di presenza di spirito deve essersi sbellicato dalle risate. Perché nell'angolo che vedete, tra Piazza Navona e via Agonale, la presenza di un camioncino è plausibile quanto quella di un'astronave aliena. In quel luogo, zona pedonale da decenni, è assolutamente impossibile entrare con qualsivoglia veicolo nei giorni normali: auto, moto, motorino, si viene fermati dagli agenti e ricacciati indietro. Occorre fare anticamere di ore in Comune, tirar fuori euro sonanti, pregare in ginocchio per ottenere un permessino di 3 minuti al carico-scarico. Entrare così, con un camion è del tutto improponibile. Ieri, poi, tutta la zona era completamente blindata, non si entrava neanche in triciclo a partire da Lungotevere e Corso Rinascimento (a 50 metri dall'angolo che vedete c'è il Senato).

E' uno sforzo sovrumano immaginare come un camion, pieno di giovini e di bastoni, sia potuto arrivare in quell'impossibile luogo e per giunta in un giorno caldo come quello di ieri. L'unica è che li abbiano fatti passare apposta, non c'è altra spiegazione. Quel camion lì è un pugno in un occhio, suona da messinscena lontano un miglio, agli occhi di un romano appare istintivamente come una scenografia teatrale.

venerdì 24 ottobre 2008

Cossiga ci vuole picchiare (e non solo lui..)

Cossiga consiglia a Maroni di usare gli agenti provocatori

Dal "Quotidiano Nazionale" del 23/10/2008

Intervista a Cossiga

"Bisogna fermarli: anche il terrorismo partì dagli atenei"

di Andrea Cangini

D - Presidente Cossiga, pensa che minacciando l'uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

R - Dipende, se ritiene d'essere il Presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l'Italia è uno Stato debole, e all'opposizione non c'è il granitico PCI ma l'evanescente PD, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia.

D - Quali fatti dovrebbero seguire?

R - Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero Ministro dell'interno.

D – Ossia?

R - In primo luogo, lasciar perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...

D - Gli universitari, invece?

R - Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città.

D - Dopo di che?

R - Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.

D - Nel senso che...

R - Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano.

D - Anche i docenti?

R - Soprattutto i docenti.

D - Presidente, il suo è un paradosso, no?

R - Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!

D - E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? In Italia torna il fascismo, direbbero.

R - Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio.

D - Quale incendio?

R - Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale.

D - E' dunque possibile che la storia si ripeta? «

R - Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo.

D - Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

R - Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...

D - Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...

R - Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all'inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com'era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente.

lunedì 20 ottobre 2008

Maria Star ... ovvero la fine del Sapere





Tutti devono sapere cosa sta succedendo alla nostra università...e soprattutto che la riforma della gelmini NON è L'INTRODUZIONE DEL MAESTRO UNICO!! Nessuno parla mai di ciò che succede all'università...facciamo girare questa mail il più possibile!

Non lasciamo che svendano il nostro futuro
CONOSCERE LA LEGGE 133/2008
PER DIFENDERE L’UNIVERSITA’ PUBBLICA


Cercherò di essere il più breve e comprensivo possibile, ben sapendo che in ogni caso vi saranno molte cose di cui scrivere, sperando che tutti abbiano il tempo e la pazienza di leggere quanto riportato sotto, e trovino la spinta per informarsi ed informare quanta più gente possibile intorno a se, perché si tratta di salvare l’università, una cultura di qualità per tutti coloro che desiderano riceverla.
Più che una legge, è un enorme calderone all’interno del quale è stato gettato di tutto, ogni argomento con una qualche valenza di tipo economico.
Il testo della legge potete trovarla a questo indirizzo [
http://web.camera.it/parlam/leggi/08133l.htm],
pubblicata sul sito web della Camera dei Deputati del Parlamento Italiano.
Basti pensare che questa legge ha chiamato in causa le seguenti commissioni
- Commissione V BILANCIO E TESORO e VI FINANZE
- COMITATO PER LA LEGISLAZIONE
- Commissione I AFFARI COSTITUZIONALI
- Commissione II GIUSTIZIA
- Commissione III AFFARI ESTERI
- Commissione IV DIFESA
- Commissione VII CULTURA
- Commissione VIII AMBIENTE
- Commissione IX TRASPORTI
- Commissione X ATTIVITA’ PRODUTTIVE
- Commissione XI LAVORO
- Commissione XII AFFARI SOCIALI
- Commissione XIIIAGRICOLTURA
- Commissione XIV POLITICHE UNIONE EUROPEA
- COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

L’iter parlamentare di questa maxi legge ha avuto inizio con la prima lettura alla Camera dei Deputati il 2 LUGLIO, per concludersi con l’approvazione il 6 AGOSTO 2008, e passare al Senato.
Un mese di discussione, due o tre giorni per settimana, nel completo silenzio dei media nel periodo di minima attenzione dell’opinione pubblica, in vacanza, ferie… Arriviamo a discutere cosa questa legge decreta al riguardo dell’università pubblica.

TAGLIO DELLE RISORSE ECONOMICHE
DESTINATE ALL’UNIVERSITA’PUBBLICA
E’ stata decisa da questa legge il taglio dei fondi destinati all’università pubblica (FFO - fondo per il finanziamento ordinario delle università ) nella seguente maniera.
Riduzione di:
- 63.5 milioni di euro per l’anno 2009
- 190 milioni di euro per l’anno 2010
-316 milioni di euro per l’anno 2011
-417 milioni di euro per l’anno 2012
- 455 milioni di euro a decorrere dell’anno 2013
per un totale di 1441.5 milioni di euro almeno fino al 2013.
TRASFORMAZIONE DELLE UNIVERSITA’ PUBBLICHE
IN “FONDAZIONI DI DIRITTO PRIVATO”
Per sopperire all’improvviso ammanco dei finanziamenti pubblici, lo stato consente alle università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato.
.Questo passo sancirebbe la morte di un’istruzione pubblica
per tutti , consentendo alle fondazioni universitarie di decidere l’entità delle tasse per gli studenti, ed andando a ledere il fondamentale diritto allo studio univesitario, tutelato dalla Costituzione Italiana attraverso l’articolo 33, che recita:
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Attualmente la legge difatti sancisce che nell’anno solare, il gettito delle tasse degli studenti non deve superare il 20% dell’importo del finanziamento ordinario dello Stato (FFO), cosa che di fatto
pone un tetto massimo alle tasse che si possono far pagare ad uno studente.
Con il passaggio a fondazione l’università potrà ( e vista la mancanza di fondi, dovrà)chiedere qualunque cifra agli studenti, senza dover rispondere a nessun tetto prefissato
.Una retta universitaria da 10000 euro potrebbe essere uno standard per il prossimo anno accademico.
Raggiungeremmo uno standard tipo college americano, dove o si vince una borsa di studio per meriti sportivi, o si è abbastanza ricchi da poter far fronte ad una richiesta economica di tale portata.
Con l'entrata in vigore della legge 133/2008 si è andati a ledere questo principio costituzionali, garantendo il diritto allo studio ed ad una formazione di qualità solamente a chi può far affidamento su una grande capacità economica, andando a ledere il principio costituzionale di
eguaglianza e pari dignità tra i cittadini decretata dall’articolo 3

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Al contempo assisteremo alla definitiva violazione dell’articolo 9, che recita
Art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica […]
vista la sostanziale impossibilità delle università di mantenere una gestione pubblica a seguito dei tagli economici e di personale docente, di ricerca e tecnico – amministrativo subiti.
Oltre a questo vi sono implicazioni riguardanti i poteri economici.
Le università potranno “trovarsi uno sponsor” che li finanzi. Inutile dire gli effetti devastanti che avrebbe un controllo economico di questo tipo sulla ricerca in tutti i vari settori universitari.
La ricerca verrebbe condotta secondo le direttive impartite dalle società finanziatrici, in base alla redditività a livello economico!
TURN OVER (articolo 66)
La stessa legge ha imposto una drastica riduzione del personale universitario alle facoltà stesse, che si trovano costrette improvvisamente a mandare obbligatoriamente in pensione chi ha maturato i requisiti necessari, o altrimenti licenziare parte del proprio organico.
Logica vorrebbe una sostituzione nelle posizioni didattiche per mantenere l’offerta d’insegnamento. La legge 133 impone invece un turn over bloccato al 20%, ovvero un nuovo assunto ogni cinque pensionamenti o licenziamenti
.Come pensiamo di mantenere una didattica di buon livello in questa maniera?
Riassumendo:
- Le facoltà devono ridurre gli organici entro i termini imposti dalla legge, licenziando o pensionando forzatamente
- Si può procedere all’assunzione ogni 5 pensionamenti e/o licenziamenti
Matematicamente qualcosa non torna. Si rinuncia a personale docente, chiedendo ai ricercatori di mantenere il ruolo di insegnanti, mantenendo la stessa retribuzione e lavorando fuori dai compiti stabiliti dal loro contratto (che prevede 60 ore di ricerca, e nessun obbligo all’insegnamento).
Con questa situazione, l’unica soluzione sarebbe sopprimere corsi d’insegnamento, fino a giungere addirittura alla cancellazione dei corsi di laurea meno frequentati o considerati di minor interesse.

In questo rapido excursus informativo sono stati citati solamente i problemi più grossi a cui questa legge condurrebbe, ma basta leggere con attenzione il testo della legge, o informarsi con chi già lo ha fatto prima di noi perché vi si dischiudano gli abissi entro cui verrà gettata l’università se tutto questo viene approvato in parlamento.
L’università da pubblica diventerebbe un privilegio per i pochi che potrebbero permettersi rette universitarie altissime, mentre il livello qualitativo dell’insegnamento pubblico crollerebbe a picco per la mancanza di docenti e la soppressione di esami, nonché probabilmente anche di corsi di laurea meno frequentati o considerati “di minore rilievo”
. Si sta cercando di distruggere la nostra cultura ed obbligando le università a svendersi a privati per sopravvivere, senza poi garantire un livello di istruzione accettabile.

DIFENDIAMO L’UNIVERSITA’
PUBBLICA
DALLA LEGGE 133/2008

venerdì 17 ottobre 2008

E i distributori del metano in Basilicata? Ci mettiamo il Phill?

Dato che la Fiat ha messo in vendita la Grande Punto a Metano mi sono chiesto come fare un ipotetico rifornimento qui in Basilicata se abitassi in un luogo lontano dal distributore.
Forse una soluzione può essere l'uso del Phill.
Si tratta di un dispositivo elettrico costituito da una pompa che permette di travasare il metano dalla rete domestica al serbatoio dellauto. Per un pieno si impiegano otto ore, insomma, una notte intera, ma non occorre andare dal benzinaio. Phill si installa in garage o all'aperto e, a detta del distributore, è assolutamente sicuro e funziona, perché il metano per autotrazione è identico a quello domestico, che è solo «odorizzato». Unico inconveniente, per ora, è il prezzo: Phill costa 4.800 euro.
Di seguito il video:







Se poi si decidono ad installare qualche altro distributore....

mercoledì 15 ottobre 2008

Eolico off shore Tricase

In Puglia al largo di Tricase verrà impiantata una wind farm off shore di tipo innovativo che può essere impiantata ad una distanza di 20 km dalla costa.
Sul mio canale web il video del prototipo della prima pala.




lunedì 6 ottobre 2008

Stagflazione in Basilicata e dintorni...
















(in grassetto le mie considerazioni)


Il termine stagflazione nasce negli anni 70, dopo il primo shock petrolifero del 1973-74. Esso indica la contemporanea presenza di un'attività produttiva che non cresce (stagnazione) e di un persistente aumento dei prezzi (inflazione). Fino ad allora la coesistenza di questi due fenomeni era difficilmente spiegabile per gli economisti, che ritenevano la crescita dei prezzi una forma di male necessario per sostenere lo sviluppo dell'economia.

Una proficua lotta alla stagflazione è particolarmente complessa, in quanto per diminuire la spinta inflazionistica le Banche Centrali dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante e, indirettamente, contenere la domanda di beni e servizi; ma una diminuzione della domanda causata da scarsità della massa monetaria non favorisce la crescita economica e quindi il rientro della disoccupazione.



Quello che i nostri politici non hanno capito è che la lotta alla stagflazione non può essere fatta con misure monetarie e neppure con misure fiscali per il semplice motivo che la causa dell'inflazione è l'aumento dell'energia sia sottoforma di elettricità che di prezzo del petrolio e di prodotti petroliferi.

Quindi invece di iniettare miliardi di euro e dollari per salvare banche e finanziarie bisognerebbe usare quei soldi per finanziare progetti di produzione di energia e progetti per l'efficienza energetica.


Inutile dire che investire in innovazioni di tipo energetico porterebbe nuovi posti di lavoro e sviluppo economico.(vedi Germania, Spagna o Islanda)



Ecco come viene invece combattuta la stagflazione oggigiorno:
Rispetto agli anni '70, oggi il fenomeno della stagflazione viene mitigato dalla mancata rincorsa prezzi/salari, ovvero ad un aumento dei prezzi, soprattutto petrolio e materie prime, non corrisponde automaticamente un adeguamento inflattivo delle richieste salariali che vengono condizionate dalla possibilita' per le imprese di esportare sempre di più la produzione in paesi che hanno un costo del lavoro nettamente inferiore. Questa tendenza a sua volta riduce la possibilita' di contrattare eventuali aumenti salariali nei paesi più sviluppati riportando in equilibrio il mercato del lavoro e quindi senza produrre un ulteriore peggioramento del tasso d'inflazione. A questo punto una politica monetaria restrittiva risulta inefficace e quindi occorre agire piuttosto su quella fiscale, con una sensibile riduzione della spesa corrente ed una corrispondente riduzione della pressione fiscale, unica strumento efficace per stimolare i consumi e perciò la domanda aggregata di beni e servizi. La conseguente crescita economica rende quindi possibile una ripresa dell'occupazione, proprio in conseguenza della sopra citata moderazione salariale. Alle Banche centrali spetta quindi il compito di fine tuning, ovvero di equilibrare con la maggiore precisione possibile, la liquidità immessa nel sistema, in particolare attraverso una migliore allocazione della massa monetaria allargata che accompagni la ripresa dell'economia.

Quello che serve invece è un New Deal energetico, culturale e demografico suddiviso in vari punti:

1: investire in energie rinnovabili e progetti di efficienza energetica

2: spingere le giovani menti lucane e italiane verso facoltà scientifiche, non usciremo dalla crisi energetica e dalla stagflazione con gli avvocati o gli scienziati della comunicazione.


3: una politica demografica a livello mondiale: qualunque provvedimento che noi prenderemo verrà vanificato semplicemente con un piccolo aumento della popolazione mondiale per esempio di paesi come la Cina o l'India.

lunedì 22 settembre 2008

Anche al Corriere si sono accorti dello sfruttamento del Petrolio lucano


Un articolo di oggi del Corriere:

In Val D'Agri si estrae l'80% della produzione italiana. Nei 47 pozzi 500 milioni di barili

Quel petrolio che non porta ricchezza

La Basilicata e l'«oro nero»: aumenta l'inquinamento, ma non i benefici. Pochi i lucani assunti nel comparto

DAL NOSTRO INVIATO
VAL D'AGRI (Potenza) — Texas o Lucania Saudita, ormai i luoghi comuni si sprecano, per la Basilicata che galleggia sul più grande giacimento di petrolio dell'Europa continentale e sul gas. Qui, nel parco nazionale della Val d'Agri, dove non c'è la sabbia del deserto ma il verde degli orti e dei boschi, tutto è di primissima qualità: olio, vino, carne, fagioli, miele, nocciole. E anche il petrolio, che si estrae da quindici anni, è di ottima qualità. I 47 pozzi del giacimento della Val d'Agri custodiscono, dicono le stime ufficiali, circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di 90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari.

Ma la Basilicata, che produce l'ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non si fermerà a quello della Val d'Agri, estratto dall'Eni. Dal 2011 comincerà a sfruttare — con Total, Esso e Shell — i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari. Ed è pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove c'è altro petrolio per 100 milioni di barili. E poi farà scavare nel Mare Jonio, nelle acque di Metaponto e di Scanzano, dove dai templi greci si vedranno spuntare piattaforme petrolifere come nel Mare del Nord.
Nessuno, ancora fino a qualche anno fa, e nonostante i giacimenti della Val d'Agri, avrebbe scommesso che nel sottosuolo lucano e nei fondali jonici fosse nascosta tutta questa ricchezza. Dopo l'intuizione di Enrico Mattei, che tra gli anni 50 e 60 venne qui a cercare petrolio e trovò «soltanto» gas, l'idea che la Basilicata potesse davvero essere un enorme serbatoio di petrolio era per lo più giudicata un volo della fantasia.

Invece i sondaggi e le trivelle si sono spinti fino nelle viscere della terra, a tre-quattromila
metri di profondità, e hanno trovato il mare nero che cercavano. Come non essere contenti? Sembrava l'annuncio dell'inizio di una nuova era, per la Basilicata e per il Mezzogiorno d'Italia, per la questione meridionale e per il federalismo fiscale, per il lavoro ai giovani e per la fine dell'emigrazione.
E infatti, all'inizio, tutti erano contenti.

Dicevano: «Pagheremo meno la benzina, come in Valle d'Aosta, dove costa la metà senza che si produca una goccia di petrolio. E pagheremo meno anche le bollette della luce e del gas». Dicevano: «Con le royalties del petrolio avremo strade e ferrovie, che qui sono ancora quelle di un secolo fa». Dicevano: «Finalmente non saremo più costretti a emigrare, avremo il lavoro a casa nostra». Dicevano: «Si metterà in moto un meccanismo virtuoso, da cui tutti trarremo vantaggi. Il petrolio è la nostra grande occasione». Dicevano tutte queste cose, i lucani. Che oggi non dicono più. La delusione ha frantumato i sogni, lo scetticismo ha svuotato la speranza. E il petrolio, da grande risorsa per la grande occasione, sta diventando sempre di più una maledizione.

E infatti. Il lavoro manca come prima. Le opere infrastrutturali nessuno le ha ancora viste. Mancano i fondi per i prestiti agevolati agli imprenditori, anche stranieri, che volessero investire in Basilicata. Il costo della benzina non ha subìto sconti. Il risparmio sulla bolletta del gas è solo apparente. La gente, soprattutto i più giovani, continua a emigrare: negli ultimi quindici anni a Grumento Nova, 2.500 abitanti, la popolazione è diminuita di un quarto, mentre da tutta la regione — che ha poco più di 570 mila abitanti — si continua a emigrare al ritmo di quattromila persone all'anno. E l'aria, l'acqua e persino il rinomato miele della Val d'Agri sono sempre più a rischio perché sempre più «ricchi» di idrocarburi.

Il petrolio puzza, e in tutta l'area del Centro olii di Viggiano l'odore è forte e si sente: è normale, sono gli idrocarburi policiclici aromatici e l'idrogeno solforato dovuti alla produzione e al trasporto del petrolio (che però adesso avviene attraverso un oleodotto di oltre cento chilometri che porta il greggio alle raffinerie di Taranto). Ciò che non è normale è che in Italia i limiti di emissione di idrogeno solforato siano diecimila volte superiori a quelli degli Stati Uniti e che il monitoraggio di queste sostanze in Val d'Agri avvenga solo due o tre volte l'anno. Ciò che non è normale è il valore altissimo delle «fragranze pericolose per l'uomo» (benzeni e alcoli) trovate nel miele prodotto dalle api della Val d'Agri, come sostiene una ricerca dell'università della Basilicata pubblicata dall'International
Journal of Food Science and Technology. Ciò che non è normale è che all'Arpab, l'Agenzia regionale di protezione ambientale, non crede più nessuno, tanto che c'è chi ha deciso di fare da solo. Come il Comune di Corleto Perticara, che l'anno scorso ha ceduto a Total per 99 anni, e per 1,4 milioni di euro, il diritto di superficie su un'area di 555 mila metri quadrati in cui realizzare il Centro olii, ma che si è dotato (finora unico comune fra i 30 interessati all'estrazione di petrolio) di un proprio sistema di monitoraggio ambientale.L'accordo tra Eni e Basilicata prevede ben 11 progetti «compensativi», del valore di 180 milioni di euro, per la sostenibilità ambientale, la formazione e lo sviluppo culturale. E il vicedirettore generale dell'Eni, Claudio De Scalzi, vanta i seguenti risultati: «Royalties per 500 milioni di euro già versati, con un potenziale di 2 miliardi per i prossimi anni se si riuscirà ad arrivare a uno sviluppo completo dei campi della Vald'Agri. Centotrenta tecnici lucani assunti e altre 30 assunzioni in corso. Trecento ditte lucane dell'indotto in rapporto con l'Eni, di queste 60 lavorano in modo continuativo con la società».
Ma a guardare bene i numeri si fa presto a capire che si tratta di «piccoli numeri». A cominciare dalle royalties, il 7% (il 4% se il petrolio è estratto in mare), tra le più basse del mondo. Quando già nel 1958 Enrico Mattei considerava «un insulto» il 15% che le Sette Sorelle versavano ai Paesi produttori e parlava di «reminiscenze imperialistiche e colonialistiche della politica energetica». Tanto è vero che oggi — in Venezuela, Bolivia, Ecuador — i contratti vengono rinegoziati per portare le royalties oltre il 50%.
Più «vantaggioso», almeno in apparenza, l'accordo stipulato nel 2006 dalla Regione Basilicata con Total, Esso e Shell per i giacimenti di Tempa Rossa, che, tra le altre cose, dovrebbe consentire alla Regione di dotarsi di un sistema di monitoraggio ambientale da 33 milioni di euro (a riprova che finora su questo fronte non s'è fatto nulla) e di fornire gratuitamente tutto il gas naturale estratto (con un minimo garantito di 750 milioni di metri cubi) alla Società energetica lucana, interamente a capitale regionale. L'effetto immediato sarà una bolletta del gas meno cara, almeno di un buon 10%. Ma non per tutti lucani. Ne beneficeranno solo i pochi allacciati alla rete del metano. Già, perché il gas c'è, ma dove va se non ci sono le condotte?

venerdì 12 settembre 2008

Un portale per il risparmio energetico della Provincia di Potenza?

La Provincia è un ente inutile però alcune volte qualcosa di buono la fà.
La Provincia di Bolzano ha per esempio recentemente messo on-line un portale improntato all'efficienza energetica.
Lo trovate qui:
http://www.energie-sparen.it/it/home.html

Potrebbe essere un esempio per la provincia di Potenza.

il metano della Basilicata

Basilicata/2 - A Tursi (Matera) si estrae gas metano dagli anni '90 ma è tutto “top secret”
Tursi, 25 settembre – Non ci sono dubbi: nel sottosuolo di Panevino nel comune di Tursi (Matera) c'è il gas metano. Secondo quanto scrive La Gazzetta del Mezzogiorno, lo si è scoperto dagli inizi degli anni Novanta, ma anche prima tecnicamente, intorno ai mille metri di profondità.
L'apparente modesto impianto, pur visibile nettamente dalla superstrada statale Sinnica, non tragga in inganno. Sono svariati milioni i metri cubi estratti dal 1992, per un equivalente alto valore di mercato, che però non ha prodotto assolutamente nulla di rilevante per Tursi (si vocifera di appena mille euro l'anno, forse). E tutto sarebbe rimasto nell'ombra, se non ci fosse un via vai continuo di autobotti e un apparato di macchine e mezzi ormai gigantesco. Insomma, si lavora a regime, con decine di addetti, domenica compresa.
Solo oggi però - si legge nell'articolo della Gazzetta del mezzogiorno - si può parlare a ragion veduta di questo e delle correlate implicazioni ambientali, economiche, lavorative e dell'adeguata informazione. La ricchezza del sottosuolo lucano era arcinota, come ha dimostrato l'iniziativa di Enrico Mattei in Val Basento. Ma che si avesse in casa un quantitativo significativo (rilevante o meno si attende di sapere) di metano senza che nessuna autorità locale ne fosse a conoscenza è davvero strano.
Eppure, nel periodo intercorso, sono stati in carica tre sindaci e due commissari prefettizi, volendo tacere delle decine di amministratori, assessori e consiglieri, di maggioranza e opposizione, e dei responsabili dell'Ufficio tecnico. Ci si chiede, anzi, se mai qualcuno abbia effettuato un controllo, tra Polizia municipale, forze dell'ordine e quanti, della Regione e Provincia, sono preposti alla verifica, in questi 14 anni di intensa attività.
In un periodo di crisi energetica e di salatissime bollette di metano, questa dovrebbe essere una bella notizia soprattutto per gli abitanti della zona e per tutti i lucani. “Invece, si rincorre la società per avere un tavolo concertativo”, dichiara il sindaco Salvatore Caputo, che adesso vuole “sincerarsi di ogni cosa”.
Tant'è che il 7 settembre ha avuto il primo incontro con l'ingegner Battistelli, uno dei responsabile della Gas Plus Italiana, la società per azioni che gestisce il sito. L'attività di ricerca ed estrattiva è regolata da direttive europee e da leggi nazionali che escluderebbero i livelli locali dalle decisioni autorizzative, ma non dalle quote monetarie spettanti.
Altre stranezze incomprensibili riguardano le modalità insediative anonime del sito: non un cartello all'ingresso, non una segnaletica lungo il sistema viario, autobotti senza citazione del committente e del carico trasportato, oltre ad un imprecisato metanodotto sottoterra. Si possono intuire i motivi di una certa riservatezza nella fase della ricerca iniziale, ma dopo tanti anni l'anonimato potrebbe rivelarsi controproducente e far sorgere legittimi quanto inquietanti interrogativi, rispetto agli stessi fini aziendali, che non sono di una società segreta, anzi.

Chi gestisce è la Gas Plus Italiana - La grande Gas Plus Italiana spa (via Nazionale, 2 - 43045 - Fornovo di Taro, in provincia di Parma, e-mail: fornovo@taliana.gasplus.it) è attiva nella ricerca e produzione di idrocarburi in Italia e nel trading & shipping di gas naturale anche all'estero. Dall'Assomineraria, che associa le molteplici società del settore, si apprende che agli inizi del 2006 “il patrimonio minerario di Gpi è costituito da 39 concessioni di coltivazione, di cui 26 come operatore, due permessi di ricerca e varie istanze di permesso di ricerca e di concessione di coltivazione, per un totale di 3418 kmq distribuiti nelle principali province petrolifere del territorio nazionale. Nel 2005 la produzione si è attestata su oltre 234 milioni Sm3 di gas equivalente. Il volume di traded gas ha inoltre superato i 600 milioni Sm3. Già attiva nel campo della distribuzione e vendita di gas naturale in Italia, la società, che fa parte del Gruppo Gas Plus, risulta essere verticalmente integrato su tutta la filiera del metano”.

venerdì 5 settembre 2008

Le bugie di Franco Battaglia


Ho letto le ultime minchiate di Franco Battaglia:http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=277289
Non ho nemmeno più la voglia di commentare simili articoli.
Vi riporto parte di un post che lo ha già fatto meglio di me.
Come al solito in Italia gente come Franco Battaglia scrive sui quotidiani e uno come Carlo Bertani l'ho scoperto quasi per caso su Internet....

Le centrali in costruzione saranno quattro, ciascuna per una potenza massima di 1.350 MW: complessivamente 5.400 MW di nuova potenza elettrica, circa 1/10 se la calcoliamo sui picchi di richiesta della rete.
La potenza totale annua che si riuscirà ad ottenere – 24 ore su 24 per 365 giorni – sarà di 47.304.000 MWh, che sarà disponibile per circa 25 anni. Oddio, le moderne centrali durano anche di più, ma dobbiamo considerare i notevoli costi di manutenzione delle stesse su lunghi periodi. Insomma (forse) le attenuanti compensano (difficilmente) le aggravanti.
Quanto renderanno?
Qui, la materia è complessa. I costi del nucleare dipendono in gran parte da chi si assume l’onere dell’arricchimento dell’Uranio: se, come in Francia, sono i militari a farlo, una bella fetta dei costi sembra scomparire. In realtà, cambia solo capitolo di bilancio e viene “spalmata” sulla fiscalità generale.
Altri Paesi, come la Germania – che non hanno armamento nucleare – hanno costi maggiori. Il MIT (USA: paese con armamento nucleare) stimava alcuni anni fa un costo di 65 $ il MWh, mentre in Europa ci si orienta fra gli 82 euro della Francia ed i 118 della Germania. Si tratta di una stima, ricavata dal prezzo di vendita dell’energia alle industrie
[1].
L’Italia, non avendo armamento nucleare, s’avvicinerebbe forse di più alla Germania, ma siamo ottimisti: 100 euro il MWh e non ne parliamo più.
Di conseguenza, in quei 25 annui le centrali renderebbero 118.260.000.000 euro di controvalore, ossia circa 118 miliardi di euro.
Fin qui, tutto bene e Tremonti si strofina le mani. Poi, si passa ai costi.
Tremonti non valuta l’andamento del prezzo dell’Uranio – in crescita esponenziale – perché non è suo compito, e nemmeno s’interessa alle stime della IEA
[2]: circa 40 anni d’Uranio a questi prezzi ed agli attuali consumi, poi si va al raddoppio (sempre che i cinesi non si “mangino” tutto) per altri 40 anni. Quindi, fine dell’Uranio.

Ovviamente, un sito così importante richiede un’attenta sorveglianza militare: almeno un paio di compagnie più il comando e la logistica. Una cinquantina di dipendenti civili (amministrazione, mensa, comunicazioni, ecc) e siamo a duecento persone, dal fantaccino al grande dirigente.
Ci sono poi i costi fissi per la manutenzione e le compensazioni che il comune di Vattelapesca ha richiesto e che sono state – per ovvi motivi politici – subito accettate.
Riassumendo:

Potenza prodotta in 25 anni: 1.182.600.000 MWh
Controvalore economico: 118 miliardi di euro.

Spese annue:
Stipendi annui (3000 euro mensili medi lordi): 7.800.000 euro
Compensazioni richieste da Vattelapesca: 180.000 euro
Spese di manutenzione (automezzi, energia, comunicazioni, ecc): 45.000 euro

Per un totale di 8.045.000 euro, circa 8 milioni annui. Beh, poteva andare peggio – pensa Tremonti – prima di verificare gli anni di spesa.
Gli anni di spesa sono circa 20.000 – legge dal foglietto che gli ha lasciato Scajola… – e facciamo ‘sta moltiplicazione…
Rattle, rattle, rattle…
Fanno 160.900.000.000 euro, 160 miliardi, quasi una volta e mezza il ricavato d’energia. Tremonti fa spallucce: saranno cavoli dei futuri ministri economici.

Ciò che c’è di veramente allucinante in questa follia è quel numero – 20.000 – che corrisponde a grandi linee al tempo di decadimento delle scorie. Se le centrali inizieranno a funzionare nel 2025 e termineranno – poniamo – nel 2050, nel 22.050, finalmente, a Vattelapesca potranno chiudere baracca e buttare tutto nel cassonetto.
Ma, qualcuno si rende conto di cosa sono 20.000 anni?
Se riflettiamo sulla storia che conosciamo – a partire da tradizioni scritte convincenti – pur esagerando, non giungiamo a 2500 anni. Di questi due millenni e mezzo, solo gli ultimi 200 anni sono stati, in qualche modo, “tecnologici”.
Con una “bordata” alla platea degli imprenditori italiani, Emma non racconta ciò che succederà a Vattelapesca nei prossimi 20.000 anni. Potremmo azzardare:

Nel 3456 un terremoto distrugge l’impianto: ricostruzione totale.
Nel 4215 l’Unione Africana attacca dallo spazio e colpisce Vattelapesca, insieme ad altre 80 città italiane.
Nel 13467 un’epidemia sconosciuta falcia la popolazione ed il sito viene abbandonato…

Siamo alla completa follia.
Qualcuno potrà azzardare che si troveranno altre soluzioni…che nasceranno nuove tecnologie…bla, bla, bla…la realtà, è che oggi questo è lo stato dell’arte, non altro. Vattelapesca forever.

Nessuno, ovviamente, riflette un solo secondo sul significato reale di “20.000 anni” e nemmeno si sogna di comunicare che, negli USA, la produzione eolica reale (non la potenza di picco) ha superato di gran lunga quella nucleare. Che la Danimarca ha raggiunto il 20% di produzione elettrica di sola fonte eolica.
Nei cantucci, qualcuno inizia a far conti: se sommiamo i 7 miliardi del Ponte con i 14 della TAV, più…quanto le centrali? 6-8? Bene! E Vattelapesca? Peccato, solo 2 miliardi…comunque…somma: sant’Iddio, che manna!
E tre: questo è il livello di chi dovrebbe guidarci.