domenica 2 marzo 2008

3 marzo 1944, il giorno della memoria di noi lucani


Oggi 3 marzo 2008 voglio ricordare le vittime della sciagura del treno 8017.
per ulteriori approfondimenti:
http://www.trenidicarta.it/treno8017/
http://www.antiarte.it/trenodiluce/index.htm
http://www.torreomnia.com/Testi/argenziano/argenziano_treno/Pag.01.htm
http://www.trenidicarta.it/treno8017/20050221balvano.html
da wikipedia:

La sciagura del treno 8017, che prende il nome dal numero del treno coinvolto, è il più grave incidente ferroviario della storia d'Italia per numero di vittime. Avvenne il 3 marzo 1944

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Antefatto

Il treno merci speciale 8017, creato per caricare legname da utilizzare nella ricostruzione dei ponti distrutti dalla guerra, partì da Napoli nel primo pomeriggio con destinazione Potenza: Il treno era molto lungo, perciò venne dotato di una motrice elettrica molto potente fino a Salerno; in quella stazione l'elettromotrice venne sostituita con una motrice a vapore per poter percorrere il tratto dopo Battipaglia, non più elettrificato. Arrivò a Battipaglia poco dopo le 6 del pomeriggio.

Storia

Alle 19.00 del 2 marzo 1944 partì dalla stazione di Battipaglia in direzione Potenza mosso dalle due vaporiere 476.020 e 480.016 di pertinenza del deposito di Salerno. Il treno era composto da 47 vagoni e 2 locomotive per superare le pendenze, dato il ragguardevole peso di 520 tonnellate.

In origine non era prevista la seconda locomotiva, ma la necessità di spostare la macchina 480 da Battipaglia a Potenza spinse ad aggiungerla in testa al treno per rendere più facile il duro valico tra Baragiano e Tito. Come tutte le locomotive dell'epoca, entrambe le macchine erano a cabina aperta, alimentate a carbone spalato da fuochisti e controllate da un macchinista.

Sul treno salirono centinaia di viaggiatori clandestini provenienti soprattutto dai grossi centri del napoletano, stremati dalla guerra, che nei paesi di montagna lucani speravano di poter acquistare derrate alimentari in cambio di sigari e caffè distribuiti dagli americani. Sul treno erano presenti anche alcuni ragazzi. Il carico di persone influiva notevolmente sul peso del treno, portandolo a superare le 600 tonnellate.

Alla stazione di Eboli alcuni abusivi vennero fatti scendere ma più numerosi ne salirono alle stazioni successive, fino ad arrivare ad un numero di circa 600 passeggeri.

Il treno arrivò circa a mezzanotte alla stazione di Balvano, dove le locomotive ricevettero la normale manutenzione causando un accumulo di 37 minuti di ritardo, e da lì alle 0.50 del 3 marzo ripartì per un tratto in notevole pendenza con numerose gallerie molto strette e poco areate. Sarebbe dovuto arrivare a Bella-Muro venti minuti dopo, ma alle 2.40 non era ancora stato segnalato alla stazione successiva.

La tragedia

Nella Galleria delle Armi la locomotiva cominciò a slittare e il treno rimase bloccato, senza riuscire ad uscire dalla galleria. Questo tunnel è una piccola galleria posta tra Balvano e Bella-Muro, che si estende per 1968 metri con una ripidità media del 12,8‰ (16° di pendenza) con punte del del 13‰. Il treno si fermò a 800 metri dall'ingresso, con i soli ultimi due vagoni fuori.

Gli sforzi delle locomotive per riprendere la marcia svilupparono grandi quantità di monossido di carbonio e acido carbonico, facendo presto perdere i sensi al personale di macchina. In poco tempo anche la maggioranza dei passeggeri, che in quel momento stavano dormendo, venne asfissiata dai gas tossici che, in assenza di vento, potevano uscire dalla strettissima galleria solo tramite il piccolo condotto di aerazione.

L'unico fuochista che sopravvisse, Luigi Ronga, dichiarò che il macchinista suo compagno, Espedito Senatore, prima di svenire tentò di dare potenza per superare lo stallo e cercare di uscire dal budello. Le condizioni della macchina n. 476 indicano che invece il suo personale, il macchinista Matteo Gigliano e il fuochista Rosario Barbaro, tentò di invertire la marcia per retrocedere. La potenza superiore della 476 e l'inclinazione avrebbero comunque permesso di sopravanzare in potenza la macchina 480, ma il manovratore perse i sensi prima di aprire la valvola di regolazione, particolarmente dura su quelle macchine. La posizione dei treni e dei comandi confermò in seguito questo racconto.

Oltre al fuochista si salvò anche il frenatore del carro di coda, Giuseppe De Venuto, che alle ore 5.10 riuscì ad avvisare la stazione di Balvano che nella galleria era presente un treno con numerosi cadaveri a bordo.

Il capostazione del posto di Balvano, alle 5.25 fece distaccare la locomotiva del convoglio 8025 giunto in stazione ed in attesa di passo, e dispose una ricognizione alla galleria indicata: ai soccorsi arrivati sul posto la situazione apparve subito molto grave, al punto da non poter rimuovere il convoglio a causa dei corpi abbandonati anche sulla banchina. Con l'arrivo di una seconda squadra di soccorso, alle ore 8.40 venne liberata la tratta e il treno finalmente recuperato.

Bilancio e cause

Il bilancio della tragedia è ancora oggi impossibile da accertare ed oggetto di controversie: quello ufficiale parlava di 501 passeggeri, 8 militari e di 7 ferrovieri morti, ma sicuramente i morti furono oltre 600. Molte vittime tra i passeggeri non vennero riconosciute. Furono tutti allineati sulla banchina della stazione di Balvano e poi sepolti senza funerali nel cimitero del paesino, in quattro fosse comuni.

Gli agenti ferroviari invece vennero sepolti a Salerno. Molti dei sopravvissuti riportarono gravi sconvolgimenti mentali.

È la più grave sciagura ferroviaria Italiana ed europea, e una delle più gravi al mondo.

Le cause della tragedia furono molteplici: la giornata era poco ventosa, per cui la galleria non godeva della normale ventilazione naturale, e l'umidità della foschia notturna aveva bagnato i binari, rendendoli scivolosi e ardui da percorrere per un treno così pesante. A questi si affiancava la mancata vigilanza delle autorità competenti, che avevano permesso il sovraccarico del treno e la presenza a bordo di viaggiatori clandestini.

Inoltre, per una serie di cause contingenti il treno era stato composto con due locomotive in testa, invece che con una in testa e una in coda come nelle composizioni tipiche. Anche solo aver posto le locomotive separate, avrebbe potuto contribuire ad evitare la tragedia.

Soprattutto però la responsabilità della tragedia venne imputata alla scarsa qualità del carbone jugoslavo fornito dal Comando Militare Alleato. Questo carbone, di qualità nettamente inferiore a quello tedesco usato in precedenza, conteneva molto zolfo e ceneri, che rendevano poco affidabile il tiraggio dei fumi ostruendo le tubature della caldaia.

Mancando un efficiente drenaggio dei fumi, all'apertura della bocca di lupo del forno i gas ritornavano in cabina, intossicando il personale e rendendo difficile la regolazione del forno, una situazione che poteva causare improvvisi cali di pressione alla caldaia. Senza uno stretto controllo dell'alimentazione, la capacità di trazione scadeva notevolmente, fino a far fermare la macchina in salita e a rendere impossibile la compensazione dello slittamento sulle rotaie.

Precedenti

Un mese prima, in una galleria sulla tratta Baragiano-Tito, immediatamente successiva a quella della tragedia e con pendenze superiori al 22‰, un treno dell'Autorità Militare Americana aveva subito un incidente simile, dove il personale era rimasto intossicato dai gas di scarico del carbone di scarsa qualità. Il macchinista Vincenzo Abbate era svenuto ed era rimasto schiacciato tra la motrice e il tender.

Per ridurre l'eventualità di questi incidenti riducendo gli sforzi e le emissioni delle macchine era stato disposto il limite di 350 tonnellate per questa tratta, e l'utilizzo di locomotori diesel-elettrici americani nei casi di doppia trazione, con eventualmente una locomotiva a vapore italiana posta in coda e invertita per scaricare con il fumaiolo in coda. Venne stabilito a Battipaglia il punto di applicazione di queste normative, per evitare di dover compiere operazioni di separazione sulla linea montana. Questi limiti rimasero per molto tempo in vigore, fino al 1996, quando la linea Battipaglia-Metaponto venne tutta elettrificata.

Inoltre nell'ingresso sud della Galleria delle Armi fu istituito un posto di guardia in cui l'operatore ad ogni passaggio di treno doveva avvertire telefonicamente la stazione di Balvano quando poteva vedere la luce in fondo, segno che nella galleria non vi erano più gas di scarico. Queste disposizioni rimasero in vigore fino al 1959, quando su questa linea vennero vietate le locomotive a vapore.

Responsabilità

La commissione parlamentare non rilevò alcuna responsabilità per l'accaduto, che venne ritenuto una sciagura per cause di forza maggiore. Tuttavia vennero avanzate ipotesi per alcune infrazioni secondarie.

Il treno avrebbe dovuto essere fermato a Battipaglia nonostante le due locomotive fossero nominalmente sufficienti al traino, e avrebbe dovuto essere messo in regola con le nuove normative; era noto inoltre che il carbone fornito non era in grado di sviluppare sufficiente potenza per mantenere le massime prestazioni delle macchine.

Vennero sollevati dubbi sulla tempestività dei soccorsi e sull'operato dei capistazione di Balvano e Bella-Muro, che non accertarono subito la posizione del treno quando questo apparve in ritardo sulla tabella di marcia. Tuttavia nella confusione postbellica era normale che le comunicazioni fossero intermittenti, e i treni portassero grande ritardo. Non era raro che ci volessero oltre due ore per percorrere i 7 km della tratta.

Inizialmente venne anche supposto che i macchinisti non avessero adeguatamente regolato le sabbiere, che avrebbero potuto evitare lo slittamento delle ruote.

Infine la catastrofe venne attribuita principalmente a:

una combinazione di cause materiali, quali densa nebbia, foschia atmosferica, mancanza completa di vento, che non ha mantenuto la naturale ventilazione della galleria, rotaie umide, ecc., cause che malauguratamente si sono presentate tutte insieme e in rapida successione. Il treno si è fermato a causa del fatto che scivolava sulle rotaie e il personale delle macchine era stato sopraffatto dall'avvelenamento prodotto dal gas, prima che avesse potuto agire per condurre il treno fuori del tunnel. A causa della presenza dell'acido carbonico, straordinariamente velenoso, si è prodotta l'asfissia dei passeggeri clandestini. L'azione di questo gas è così rapida, che la tragedia è avvenuta prima che alcun soccorso dall'esterno potesse essere portato.

Venne notato che le disposizioni per la costituzione del treno venivano direttamente dal Comando Alleato, e che comunque il personale di stazione e viaggiante non avrebbe potuto fermare il treno e chiederne la modifica. Lo stesso comando organizzò un treno per verificare le condizioni dell'incidente, con il personale dotato di maschere ad ossigeno, che rilevò l'effettivo sviluppo di quantità anomale di gas tossici.

Molti dei parenti delle vittime intentarono causa alle Ferrovie dello Stato, anche con motivazioni quantomeno pretestuose data la situazione di clandestinità di molti dei passaeggeri. Le ferrovie declinarono ogni responsabilità, anche perché secondo la complicata situazione dell'equilibrio dei poteri tra le amministrazioni italiane e il Comando americano non era immediato nemmeno risalire a chi avesse la responsabilità della gestione di quella particolare tratta. Per spegnere sul nascere una vertenza che avrebbe potuto trascinarsi per anni, il Ministero del Tesoro sancì l'emissione di un risarcimento come se si trattasse di vittime di guerra (risarcimento che venne erogato dopo oltre 15 anni).

Peraltro, alcune fonti indicano che molti dei passeggeri a bordo del treno fossero in possesso di un "regolare" biglietto ferroviario, che li qualificava quindi come passeggeri e non come clandestini. Questa condizione, che avrebbe implicato la possibilità di richiedere cospicui risarcimenti all'ente che gestiva la linea, sarebbe stata fatta passare sotto silenzio durante le inchieste ufficiali sulla tragedia. Le fonti ufficiali tuttavia parlano solo di clandestini, questione supportata dal fatto che il treno era classificato come merci e quindi non autorizzato al trasporto di passeggeri paganti.
La questione non risulta tuttora essere stata chiarita in modo definitivo.

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