venerdì 30 maggio 2008

Benvenuti!!!

Questo è il primo post di un blog che sarà la prosecuzione naturale di un altro precedente che ha avuto, per me, un grande successo (10000 visite in 1 anno sulle 100 al gg) ma che ho dovuto chiudere perchè non riuscivo più a controllarlo...
Infatti a causa del suo successo venivo tirato in causa in prima persona e ciò mi creava notevoli perdite di tempo che francamente non potevo più permettermi.
L'unico errore del precedente blog è stato di chiamarlo con il mio nome, cosa che non farò mai più per qualsiasi progetto della mia vita.
Questo blog si chiama lucania elettrica perchè l'elettricità è il mezzo dell'energia del domani, altro che idrogeno, e perchè la mia terra la Lucania è intrisa di vari fenomeni che la rendono viva e in fermento quindi elettrica.
I temi che tratterò spazieranno dall'energia, sport, psicologia,tecnologia possibilmente legati alla Basilicata
Ci ritroveremo fra 1 anno per fare un bilancio di questo blog e vedere se sarò riuscito a superare o eguagliare almeno il blog precedente.

PS:
Sono riuscito a salvare i post del blog precedente adesso vedo se li riesco a rendere accessibili su Google.

GRAZIE: IL BLOG CHIUDE

A causa del successo del blog che era nato come un passatempo sono costretto a chiuderlo.
I motivi sono molteplici i due principali sono la mancanza di tempo e l'errore di chiamarlo con il mio nome, ciò mi ha creato alcuni problemi e limitazioni.
Comunque grazie ai 10000 visitatori del sito in un anno: il mio progetto prosegue su un altro sito.
Ringrazio in particolare i miei amici e chiunque sia stato interessato alle mie tematiche.
L'esperienza accumulata in questo tempo non andrà persa.
Ciao.
Vi lascio con un panorama di un paese della Basilicata a ''caso'':



















PS:

il blog rimarrà on-line per altri 3 mesi poi verrà progressivamente cancellato.

sabato 24 maggio 2008

Nucleare in Basilicata

Voglio provare a fare delle previsioni, così per gioco, per vedere fra qualche anno se ci ho azzeccato.
Invece di scriverle e metterle in una busta chiusa le scrivo qui così mi posso pure ''pompare'' con gli amici...
Queste previsioni riguardano il nucleare in Basilicata e cosa succederà da qui a 10-20 anni.
Incrocio le seguenti notizie:
Da ieri la notizia di Scajola di iniziare a costruire nuove centrali nucleari in Italia.
Poi la notizia che il sito delle scorie nucleari e i siti energetici diventano segreto di Stato.
In più le seguenti rivelazioni in campagna elettorale sui possibili siti di nuove centrali nucleari in Italia.
Tutte queste cose nel giro di qualche mese.
Ed ecco le mie previsioni ''senza senso'':
1. Ci costruiscono la centrale nucleare di III generazione a Scanzano Jonico.(TANTI SOLDI)
2.Ci rimettono le scorie radioattive senza che nessuno capisce niente e chi protesta ne subisce le conseguenze sul modello delle discariche in Campania...
3. La centrale è pronta a regime nel 2020
4. L'uranio nel 2025-2030 sta per esaurirsi e quello che c'è costa un botto.(TANTI SOLDI)
5. Sono pronte le centrali nucleari di IV generazione ma adesso c'è il problema di convertire la centrale dalla III alla IV generazione sempre se si può fare tecnicamente (TANTI SOLDI)
6. Ci ritroveremo fra 30 anni una centrale nucleare inutile su un cimitero di scorie radiottive.... (TANTI SOLDI)

(TANTI SOLDI) = tanti soldi che dobbiamo pagare noi Italiani senza avere un vero tornaconto economico ed energetico...

fatevi una cultura:
http://crisis.blogosfere.it/
http://blogs.it/0100206/
http://petrolio.blogosfere.it/

martedì 20 maggio 2008

Mi sa che ci rimetteranno le scorie a Scanzano e noi non lo sapremo

SE L'ENERGIA È UN SEGRETO DI STATO

È entrato in vigore un decreto firmato da Prodi che prevede il segreto di Stato anche per gli impianti civili per produzione di energia ed altre infrastrutture critiche. Un segreto che potrebbe aprire le porte al sito unico per lo stoccaggio delle scorie radiattive

Lo scorso 1° maggio, nel silenzio generale dei media, è entrato in vigore un decreto che estende il segreto di Stato anche agli
impianti civili per produzione di energia ed altre infrastrutture critiche, come l'installazione in Italia di centrali per la produzione di energia o all'individuazione di un sito unico per il deposito delle scorie nucleari prodotte dalle vecchie centrali nucleari, poi bloccate dal referendum del 1987.
Il decreto, firmato dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 16 aprile scorso, consta di 11 articoli, alcuni dei quali hanno suscitato l'allarme degli ambientalisti.

L'oggetto del regolamento
Il regolamento, si legge all'art.1, “disciplina i criteri per l'individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato, nonché individua gli uffici competenti a svolgere, nei luoghi coperti da segreto di Stato, le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.


Cosa è segreto di Stato
L'art. 5 stabilisce che “sono suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato le
informazioni, le notizie, i documenti, gli atti, le attività, i luoghi e le cose attinenti alle materie di riferimento esemplificativamente elencate in allegato”. Queste materie di riferimento riguardano, oltre alla “tutela di interessi economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali”, anche “gli stabilimenti civili di produzione bellica e gli impianti civili per produzione di energia ed altre infrastrutture critiche”.

Mani legate per Comuni e amministrazioni
Neppure le aziende sanitarie locali potranno accedere a questi luoghi per effettuare i normali controlli: “Nei luoghi coperti dal segreto di Stato, le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono svolte da
autonomi uffici di controllo collocati a livello centrale dalle amministrazioni interessate che li costituiscono con proprio provvedimento” (art. 9, comma 1). Questi uffici “sono costituiti da almeno due esperti per ogni singolo settore di attività che possono essere individuati nel personale medico appartenente ad amministrazioni dello Stato e nel personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ovvero da altri soggetti muniti di adeguate competenze tecniche. Tutti i componenti dell'ufficio devono essere muniti del nulla osta di sicurezza al massimo livello” (comma 2). Nei luoghi coperti dal segreto di Stato, recita il decreto, “le amministrazioni non sono tenute agli obblighi di comunicazione verso le aziende sanitarie locali ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco a cui hanno, comunque, facoltà di rivolgersi per ausilio o consultazione” (comma 3, art. 9).

Tocca ora a Berlusconi
Il governo Prodi ha individuato dunque nello strumento del segreto di Stato la soluzione all'annoso problema del deposito unico per lo smaltimento delle scorie nucleari italiane. In precedenza, il secondo Governo Berlusconi aveva individuato con un decreto il sito geologico di Scanzano Ionico, ma fu costretto a ritirarlo per le forti opposizioni popolari e delle forze politiche locali. Ora, ottenuto un nuovo mandato dagli elettori, Berlusconi potrà avvalersi del segreto di Stato per individuare il sito.


fonte: http://nuke.casaeclima.it/Default.aspx?tabid=571

passaparola

Ho ascoltato la prima puntata: aderisco.

passaparola

mercoledì 14 maggio 2008

Il petrolio in Basilicata si e l'eolico off-shore in Molise no?

Ho letto la notizia che vorrebbero installare dei parchi eolici off-shore in Molise ma sono stati bloccati dai sindaci locali.
Queste, secondo me, sono il proseguimento di politiche sbagliate che ci hanno condotto a non avere nucleare e a tanti altri sbagli energetici.
Per convincere i più a credere nell'eolico off-shore propongo di leggere il seguente articolo:
Eolico offshore
La popolazione dell’area costiera del Mediterraneo, come definita nel documento del Piano Blu del 1992 (Province costiere di ciascun Paese) raggiunge oggi i 160 milioni ed è prevista in 195 milioni nel 2010 su di una superficie di 2 milioni di chilometri quadri, con una densità di 80 abitanti per chilometro quadro oggi e di 98 abitanti per chilometro quadro nel 2010.
I Paesi costieri sono oggi 23 a seguito della recente organizzazione politica nell’area Balcanica e Palestinese. Il consumo 2002 di elettricità della popolazione costiera è stato di circa 800 TWh/anno, mentre sarà di 1.000 TWh/anno nel 2010.
Nei Paesi mediterranei, secondo valutazioni di Cesari, Gaudiosi (Ewec 1994) il potenziale eolico offshore risulta essere 240 GW per fondali di 30 metri, secondo lo studio del Germanicher
Lloyd e Garrad& Hassan (1993) per Francia, Grecia, Italia, Spagna, il potenziale eolico offshore teorico di questi Paesi è dell’ordine di grandezza di 600 TWh/anno per fondali di 40 m.
L’elevata pressione demografica dei Paesi costieri del Mediterraneo, il risultante forte utilizzo delle acque costiere e gli aspetti ambientali (tra i quali molto importante l’impatto visivo) generano forti limitazioni allo sfruttamento delle risorse eoliche offshore, riducendo probabilmente di un fattore 4 l’area marina e il potenziale utilizzabile.
Una stima molto prudenziale del potenziale eolico nella regione mediterranea è del seguente ordine di grandezza:

• In terraferma: 60 GW con un’attesa generazione elettrica di 100 TWh/anno
• A mare: 60 GW con un’attesa generazione elettrica di 120 TWh/anno per fondali di 30 metri
• Totale: 120 GW con una attesa generazione elettrica di 220 TWh/anno.
L’energia eolica potrebbe contribuire al 10% di elettricità nei prossimi 10 anni e al 20% nei prossimi 20-30 anni.

L’energia eolica offshore potrebbe coprire almeno per la metà il suddetto contributo.
Il potenziale eolico offshore viene valutato in base alle mappe eoliche offshore, alle carte batimetriche e di utilizzo del mare (vie di navigazione e parchi marini). Le fondazioni delle turbine fisse sui fondali marini possono essere estese a costi crescenti fino a 50 metri di profondità, mentre per valori superiori e fino ai 100-200 metri si dovrebbero usare piattaforme galleggianti ancorate, soluzione ancora non scelta per i suoi alti costi.

In Italia lungo gli 8.000 Km di costa della penisola e delle isole il regime eolico a mare risulta buono prevalentemente in Sardegna, Sicilia, Puglia e Calabria, dove d’altra parte i fondali sono per la maggior parte oltre i 50 metri a breve distanza dalla costa. Secondo valutazioni di Cesari, Gaudiosi (Ewec 1994) il potenziale eolico offshore risulta essere 10 GW per fondali di 30 metri e secondo valutazioni Nostrum 2004 si potrebbero ottenere 50 GW per fondali fino a 50 metri. Assumendo prudenzialmente un fattore di riduzione 3 per il primo caso e 5 per il secondo caso si potranno considerare i seguenti valori:

• 3.3 GW per fondali di 30 m con una attesa generazione elettrica di 6 TWh/anno;
• 11 GW per fondali fino a 50 m con una attesa generazione elettrica di 22 TWh/anno.
L’energia eolica offshore potreb- be coprire almeno il 3% dei consumi di elettricità nei prossimi 10 anni e oltre il 7% nei prossimi 20-30 anni
.


Ed ecco due immagini per la serie : meglio un condotto di petrolio nei boschi lucani (esistente) che una wind farm al largo delle coste italiane (non esistente)

venerdì 9 maggio 2008

Thor - l'alternativa all'inceneritore

Thor - l'alternativa all'inceneritore
Ho fatto un sogno...i dirigenti della regione Basilicata chiamano il CNR e propongono di finanziare il progetto con le royalties del petrolio...




lunedì 5 maggio 2008

PETROLIO ITALIA: In Basilicata (ITALIA) estraiamo Petrolio a causa del picco?Mi sa proprio di si...

AMARO LUCANO
È in Val d'Agri il giacimento on shore più grande d'Europa
Nelle valli lucane si racchiude il giacimento on shore più grande d'Europa. Non per nulla secondo le stime dell'Erti potrebbe soddisfare il 12% del nostro fabbisogno energetico.
Un triangolo petrolifero che si trova fra Viggiano, Calvello e Corleto Perticara, ricco di sorgenti e siti protetti. Ed è l'acre odore del petrolio, oltre alle strade dissestate dal via vai delle autocisterne, a tradire la presenza di pozzi nascosti nei boschi. «Gli incidenti avvenuti con sversamento di petrolio
- dice l'avvocato Alfonso Fragomeni di Sos Lucania, l'associazione che raccoglie la protesta delle comunità locali - hanno minacciato corsi d'acqua e inquinato terreni mai bonificati». Intanto i cittadini, denuncia l'associazione, vivono vicino ai pozzi senza conoscere i rischi che corrono: non esiste neanche una rete fissa per monitorare acqua e aria come previsto dal Protocollo del '98 tra Eni e Regione. «Su questo versante - sostiene Marco De Siasi di Legambiente Basilicata - si registrano inammissibili ritardi: dai programmi di sviluppo per la compensazione ambientale all'adozione di un piano per le emergenze, fino all'istituzione di un Osservatorio ambientale». E mentre l'attività petrolifera prosegue si continuano a ignorare i costi economici e sociali, «II petrolio - sottolinea Fragomeni non ha portato i risultati sperati sul piano occupazionale, come dimostra lo spopolamento dei paesi della Val d'Agri». Ora si inizia a temere anche per le altre attività economiche. Un rischio non indifferente se si pensa che l'agricoltura, nella sola Val d'Agri, produce ogni anno oltre 26 milioni di euro e impiega 1.700 persone

...ma perchè tutto questo? Ecco il probabile motivo:

Di Ugo Bardi – Giugno 2004



Introduzione. L’aumento dei prezzi del petrolio è stato continuo e inarrestabile dal 1998 circa. Partendo da meno di 20 dollari al barile a quel tempo, i prezzi hanno raggiunto e sfondato nel Maggio 2004, il “tetto” dei 40 dollari al barile. Un valore che, in moneta costante, è pari a quello che nel 1973 dette origine alla prima grande crisi del petrolio.

Questi aumenti hanno causato molta preoccupazione e in molti casi si è parlato del “picco di Hubbert“ nell’interpretazione dell’attuale situazione. Secondo Hubbert, la produzione di una risorsa minerale segue una “curva a campana”. Il picco di questa curva è il punto di massima produzione: al di là del quale la produzione comincia inesorabilmente a diminuire.

Si parla molto oggi di Hubbert e della sua teoria, ma in Italia se ne sa ancora poco. Queste note sono un’introduzione all’argomento e alla sua rilevanza nell’attuale situazione della produzione di petrolio e di combustibili fossili in generale.

La curva di produzione. La teoria di Hubbert non si applica soltanto a qualcosa che accadrà, o potrebbe accadere, nel futuro. Piuttosto, è una descrizione di casi storici ben noti. Più di una volta è stato possibile osservare sperimentalmente che la produzione di una risorsa esauribile segue una “curva a campana”. Storicamente, forse il primo di questi è stata la produzione di olio di balena negli Stati Uniti nel secolio diciannovesimo. Un altro caso è quello della produzione di carbone in Pennsylvania, come mostrato qui di seguito:


Il caso forse più noto è quello del petrolio negli Stati Uniti, dove la produzione ha mostrato un picco nettissimo del 1970.


Negli anni ’60, Hubbert stesso aveva previsto il picco degli Stati Uniti per il 1970. A quel tempo, era stato accusato di essere un folle visionario; ma i suoi detrattori devono essere rimasti molto sorpresi quando hanno visto la sua predizione realizzarsi. In tempi più recenti, un picco è stato osservato per la produzione di petrolio nell’Unione Sovietica nel 1990 e un altro per la produzione di petrolio del mare del Nord nel 1999.

Non sempre si osservano picchi netti e curve chiaramente “a campana”. In generale, si può dire che la curva di Hubbert si osserva quando l’estrazione della risorsa avviene in condizioni di libero mercato. Se questo non è il caso, per esempio per via di interventi governativi, formazione di monopoli, oligopoli o cartelli, oppure guerre e/o disastri naturali, allora la curva di produzione può essere irregolare e mostrare parecchi massimi. Questo sembrerebbe il caso della produzione da parte dei paesi che aderiscono all’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC).

Le ragioni della curva. Inizialmente, la curva a campana della produzione era stata proposta da Hubbert come un modello puramente empirico. Più tardi, è stato possibile chiarificare quali erano le ragioni che generano questo comportamento. Il ciclo di Hubbert è il risultato logico di come i fattori economici operano quando si trovano ad avere a che fare con una risorsa fisicamente limitata, il che è il caso normale per una risorsa minerale non riciclabile come il petrolio. Data questa caratteristica, la curva a campana di Hubbert è inevitabile in un economia di mercato. Possiamo distinguere diverse fasi del ciclo di Hubbert:

  • La prima fase: espansione rapida. Inizialmente, la risorsa è abbondante e bastano modesti investimenti per estrarla. In questa fase, la crescita della produzione è esponenziale.

  • La seconda fase: inizio dell’esaurimento. Le riserve “facili”, ovvero quelle meno costose, sono quelle estratte per prime. Con l’esaurimento delle risorse facili, comincia a essere necessario sfruttare risorse più difficili e questo richiede investimenti sempre più consistenti. La produzione continua a crescere, ma non più esponenzialmente come nella prima fase.

  • La terza fase: il picco e il declino. A un certo punto, il graduale esaurimento rende talmente elevati gli investimenti necessari che non sono più sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e poi comincia a declinare.

  • La quarta fase: il declino finale. In questa fase, normalmente non si fanno più investimenti significativi. La produzione continua, ma il declino procede fino a che non diventa talmente ridotta da cessare completamente.


E’ possibile simulare queste caratteristiche con vari modelli: empirici, stocastici oppure basati sulla dinamica dei sistemi. In ogni caso si ottengono curve a campana, anche se non necessariamente simmetrici.

La curva globale del petrolio. Quando prendiamo in considerazione la produzione di petrolio dobbiamo per prima cosa chiarire esattamente di cosa si parla. Non sempre gli esperti hanno in mente la stessa cosa ed esistono diversi tipi di risorse fossili dalle quali si possono estrarre combustibili liquidi. In primo luogo esiste il petrolio cosiddetto “convenzionale”, ovvero quello che si estrae in forma di liquido poco viscoso dai pozzi. In aggiunta, abbiamo il petrolio cosiddetto “non convenzionale” che include diversi tipi come il greggio da “acque profonde” e l’ ”olio pesante”. Un ulteriore aggiunta e quella dei gas condensabili. Alcuni includono anche il petrolio che si può estrarre dalle sabbie bituminose. Se poi consideriamo qualsiasi tipo di combustibile liquido, dovremmo prendere in considerazione anche la possibilità di ottenerlo dal gas naturale o dal carbone mediante vari tipi di trattamenti.

Ciò detto, prendiamo per ora in considerazione il solo petrolio convenzionale, che comunque per ora rappresenta di gran lunga la frazione più abbondante della produzione. Abbiamo già visto come molte regioni del mondo abbiano già passato il loro picco petrolifero. Questi sono invece i dati della produzione petrolifera globale:


Nella curva, possiamo riconoscere una fase iniziale di rapida crescita esponenziale (circa il 7% all’anno) interrotta dalla fase delle “crisi del petrolio” dal 1973 al 1985 circa. Dopo questa fase, la produzione ha ricominciato a crescere a un ritmo molto più lento, circa l’1.5% all’anno. Dal 2000, circa, la produzione non è aumentata o è aumentata debolmente. Questo andamento può essere interpretato come un’approssimazione delle prime fasi della curva a campana di Hubbert.

La predizione del picco globale. I dati esistenti possono essere estrapolati per determinare la data presunta del picco globale tenendo conto del dato geologico della quantità totale di petrolio geologicamente estraibile. Si tratta di un dato molto incerto ma che comunque è approssimativamente noto. A partire da questi dati è possibile estrapolare la curva nel futuro e ottenere un valore approssimato per il momento per il quale ci aspettiamo il picco. Come esempio, ecco l’interpretazione del geologo francese Jean Laherrere.


Vediamo qui che il picco per il petrolio convenzionale è atteso, molto approssimativamente, verso il 2005, mentre quello per il petrolio “non convenzionale” dovrebbe arrivare molto più tardi, verso il 2070. La curva totale, somma delle due risorse, arriva al picco verso il 2010.

Altri esperti sono arrivati a risultati simili. Ecco un altro esempio, la stima del geologo britannico Colin Campbell. Qui, il picco per il petrolio convenzionale arriva verso il 2005, mentre quello per tutti i liquidi verso il 2010 circa.




Ci sono molte altre interpretazioni basate in vari modi sulla teoria di Hubbert. La maggior parte arriva a stimare la data del picco entro il primo decennio del ventunesimo secolo. Esistono però anche interpretazioni che partono da dati geologici più ottimisti e che arrivano a stimare il picco verso il 2030 o anche più in la.
Tutti quelli che hanno ragionato su questo argomento hanno sostenuto che al picco ci possiamo aspettare un rapido aumento dei prezzi del petrolio come pure una fase di instabilità geopolitica. Entrambe le condizioni sono soddisfatte al momento attuale, per cui più di un autore è del parere che potremmo essere molto vicini al picco o addirittura averlo già passato. Tuttavia, potremo dirlo con certezza solo fra qualche anno.

La grande transizione. Cosa ci aspettiamo che succeda esattamente nella “terra incognita” del dopo-picco? Il fatto che il picco sia un evento ben definito ha dato origine a varie interpretazioni, alcune delle quali tendenti a una visione piuttosto apocalittica. C’è chi ha parlato di fine della civiltà e alcuni hanno addirittura ipotizzato il ritorno all’età della pietra (questa è la “teoria Olduvai” di Richard Duncan).

Indubbiamente il petrolio è una cosa importante nell’economia mondiale. Rappresenta oggi quasi il 40% dell’energia primaria generata e circa il 90% dell’energia usata nei trasporti. Senza petrolio avremmo delle grosse difficoltà a mandare avanti il pianeta nel modo in cui siamo abituati a vederlo funzionare.

Tuttavia non dobbiamo lasciarci prendere da reazioni emozionali. Il picco di Hubbert non è la fine del mondo; è semplicemente la conseguenza inevitabile della combinazione di fattori geologici, tecnologici ed economici. E’ un fenomeno naturale, osservato già molte volte, che non porta necessariamente a disastri se viene gestito come si deve.

Il picco segnala la necessità di un cambiamento. Ogni volta che un picco si è verificato nel caso di una risorsa economicamente importante, c’è stato un cambiamento di risorsa. Si puo’ avere semplicemente un cambiamento geografico, quando la produzione viene spostata verso un area dove la risorsa è ancora abbondante. Oppure si può avere un cambiamento tecnologico quando si cambia il tipo di risorsa.

Il primo caso, cambiamento geografico, si è visto per esempio quando nel 1971 il picco del petrolio negli Stati Uniti ha reso necessario spostare il baricentro della produzione mondiale nel Medio Oriente. Il secondo caso, cambiamento tecnologico, si è verificato, per esempio, con il passaggio dal carbone al petrolio.

Questo tipo di cambiamenti sono non solo possibili, ma anche inevitabili. Non è detto, però, che siano indolori. Nel periodo 1973-1985 il declino della produzione degli Stati Uniti ha causato una serie di instabilità geopolitiche, recessione economica, inflazione a due cifre, disoccupazione e altri sconvolgimenti. Tuttavia, una volta che le infrastrutture necessarie furono create nel Medio Oriente, il sistema di produzione e di distribuzione del petrolio ha ricominciato a funzionare.

Oggi, manca la possibilità di risolvere il problema andando a sfruttare altre aree geografiche. Semplicemente, manca un’altra Arabia Saudita. Perciò, dobbiamo prepararci a una transizione tecnologica di qualche tipo.

Invece del petrolio. Non ci mancano sorgenti di energia di vario tipo: altri combustibili fossili (principalmente gas naturale e carbone), energia nucleare e fonti rinnovabili. In questo momento, nessuna di queste è in grado di rimpiazzare perfettamente il petrolio, soprattutto per produrre cambustibili liquidi. Può darsi che per un certo periodo dovremo rinunciare a qualcuno dei nostri giocattoli, tipo quelle automobili mostruose che vanno sotto il nome di SUV. Ma non c’è carenza di energia sulla Terra e, se nessuno si fa prendere dal panico, la transizione potrebbe essere una cosa positiva riducendo, fra le altre cose, la quantità di gas serra emessi nell’atmosfera e allontanando il rischio del riscaldamento globale.

E’ interessante notare, comunque, come tutte le sorgenti di energia non rinnovabili sono soggette al ciclo di Hubbert. Rimpiazzare il petrolio con carbone oppure con uranio ci farebbe saltare da una curva a campana a un’altra, ma sposterebbe semplicemente in avanti il problema dell’esaurimento. Al contrario, le fonti rinnovabili hanno un comportamento completamente diverso: la produzione segue una curva a “s” che si stabilizza con la saturazione dell’area disponibile.


Questo tipo di comportamento “non-Hubbert” è più simile all’economia agricola che a quella industriale alla quale siamo abituati. La transizione alle rinnovabili, quindi, potrebbe avere degli effetti piuttosto radicali sull’economia planetaria. Quali siano questi effetti, soltanto il tempo ce lo potrà dire.

utenti internet vs utenti tv Italia

Speriamo che esista una correlazione...:

10.04.2008
ASCOLTI TV 2007: CALA L'AUDIENCE MEDIA DEL 2,8%
Nel 2007 la tv ha ottenuto un ascolto di 8.964.000 telespettatori nel giorno medio e di 23,7 milioni in prima serata. Rispetto al 2006, l’audience media presenta una flessione in entrambe le fasce: nelle ventiquattro ore il saldo negativo è di circa 255,000 individui (-2,8%); tra le 20:30 e le 22:30 la contrazione è di 730,000 unità (-3%).

La RAI mantiene la leadership di pubblico sia nel giorno, sia nel prime time ma evidenzia una certa difficoltà a difendere la propria quota d’ascolto. Nel giorno medio lo share della RAI è stato del 41,8%, in calo di 1,8 punti rispetto al 2006; in prima serata le tre reti pubbliche producono una quota del 43,7%, cedendo ai concorrenti 1,4 punti. Rai Uno si conferma l’emittente più seguita, con il 22,3% nelle ventiquattro ore e il 23,3% nella fascia di maggior pregio, ma il confronto con l’anno precedente indica un saldo negativo di 0,7 punti nell’intero giorno e di 1 punto netto nelle ore serali. Rai Due riscontra un bilancio negativo più pronunciato nel totale giorno (-0,9 punti), mentre in prima serata limita i danni (-0,2 punti). In entrambe le fasce la seconda rete perde il confronto diretto con Italia 1, assestandosi sotto il 10,5% di share. Rai Tre, al 9,1% nelle ventiquattro ore e al 10,1% tra le 20:30 e le 22:30, fatica a mantenersi sui livelli del 2006, cedendo rispettivamente 0,2 punti e 0,1 punti di quota. Sul fronte Mediaset si registrano, di contro, timidi segni positivi: nel giorno medio le emittenti del gruppo cumulano uno share del 40,6%, migliorando il dato dell’anno precedente di 0,3 punti; in prime time producono una quota del 40,7%, sostanzialmente stabile. I segnali migliori giungono dalle emittenti cadette, in particolare Rete 4. Quest’ultima si porta all’8,7% nel giorno e all’8,3% in serata, incrementando i propri valori di 0,5 e 0,3 punti. Italia 1 sale all’11,2% nella fascia 02:00-02:00 (+0,1 punti) e al 10,8% tra le 20:30 e le 22:30 (+0,3). Non brilla, invece, Canale 5, che nel confronto anno su anno riscontra un decremento di 0,3 punti nelle ventiquattro ore e di 0,5 in prime time, quando scende al 21,6% di share. La7 fatica ancora a espandere il proprio pubblico: se nel giorno medio si mantiene sul 3%, nelle ore serali cede 0,1 punti e deve accontentarsi di una quota del 2,3%. Sensibile, invece, la crescita dei canali satellitari, che nel 2007 hanno prodotto complessivamente una quota dell’8,1% nel totale giorno e del 7% in prime time. Per le emittenti via satellite lo share ha registrato un incremento di 1,3 punti nelle ventiquattro ore (+18,8%) e di 1 punto tra le 20:30 e le 22:30 (+17,1%).

Utenti Internet in netto aumento, in particolare sui siti di video e del Web 2.0 in genere

Nielsen//NetRatings, leader globale nelle analisi e ricerche su Italia nel Internet, comunica i dati ufficiali relativi allo scenario Internet inmese di marzo 2007 - utenza casa+ufficio


A marzo crescono in Italia i navigatori attivi: 18,8 milioni gli utenti che si sono connessi al Web almeno una volta nel mese da casa o dal luogo di lavoro (+2% rispetto a febbraio 2007, +5% rispetto a marzo 2006), che diventano 20,7 milioni prendendo in considerazione anche chi ha utilizzato applicazioni quali l’instant messenger o i programmi per scaricare musica e film.
La navigazione da parte di questi utenti ha ormai frequenza quasi giornaliera (29 sessioni nel mese) e il tempo dedicato al Web da ciascuno, ossia 18 ore e 25 minuti, cresce di 1 ora e 20 minuti rispetto a febbraio e di quasi 4 ore rispetto a un anno fa.

L’offerta di video online e di altri contenuti in streaming sta proficuamente cavalcando la nuova tecnologia. Segni di questa innovazione sono i successi dei siti del Web 2.0, non solo dei siti di video online come YouTube, i canali video di Libero, Alice, Google e le Web TV (come le sezioni TV e Multimedia di Repubblica e i Mediacenter di Corriere e Gazzetta), ma anche dei motori di ricerca “umani” come Wikipedia (6,6 milioni di utenti, più che raddoppiati nell’ultimo anno) e Yahoo! Answers (che in 10 mesi ha raggiunto un’utenza di 2,2 milioni) e dei siti dove costruirsi una vita virtuale come Second Life (ancora poco visitato in Italia, ma che solo nell’ultimo mese ha visto triplicare la propria utenza, passata dai 70 mila utenti di febbraio ai 230 mila utenti di marzo).

Intorno a Internet ruota quindi un’audience sempre più numerosa e interattiva che dedica maggiore attenzione al mezzo, stimolata in tal senso dalla penetrazione della banda larga sempre più diffusa. A marzo sono stati 14 milioni i navigatori che si sono collegati dalle loro abitazioni con connessioni veloci, il 77% di tutti i navigatori da casa. Con tempi davvero significativi: 29 ore nel mese per il navigatore broadband contro le 14 ore di chi è dotato del vecchio modem.

“Il mondo del Web 2.0, e in particolare dei contenuti digitali audiovisivi, è il beneficiario privilegiato dell’alta velocità” commenta Ombretta Capodaglio, Marketing Manager Nielsen//NetRatings “L’ampliamento della banda consente una nuova esperienza di navigazione, più dinamica e appagante, capace di coniugare la fruizione televisiva dell’immagine e dei suoni con l’interattività della rete”.

Accanto a questi siti continua a crescere anche l’utilizzo delle applicazioni Internet (14,8 milioni a marzo, +12% rispetto al 2006), dagli instant messenger (7,2 milioni di utenti solo per MSN Messenger, +48% nell’ultimo anno) al peer-to-peer e al “for free”. eMule ha avuto 6,4 milioni di utenti a marzo (+49% rispetto a un anno fa), Skype 2,5 milioni (+54% nell’ultimo anno) e iTunes 2,1 milioni (+94% rispetto a marzo 2006)