un estratto...
Stare all'opposizione in Italia
Questo blog ha adottato la metafora della galera, nave mezza da esplorazione e mezza da guerra, in cui tutti remano.
Contro un avversario e per vincere una battaglia.
Ma, quali sono i rematori, qual è il remare, quale l'avversario e quale la battaglia?
Provo a spiegarmelo, in concreto.
I rematori sono gli anticorpi e i progettisti e gli esecutori dei progetti a guadagno condiviso, il remare è fare la cosa giusta, gli avversari sono i network di finti potenti, la battaglia è la sopravvivenza, e l'evoluzione di tutti, fisica, mentale e culturale.
Il titolo è: come siamo stati, stiamo e staremo all'opposizione, ma in modo politicamente concreto e positivo, di una Casta, e non solo politica, ma anche economica, professionale e criminale italiana, progressivamente rinserratasi sui suoi interessi, e in metastasi di degrado, dopo l'esplosione paralizzante, e il mancato pieno fallimento, della Prima Repubblica nel 1992.
Fare una rete civica partecipata quando, nel 1994, nessuno capiva niente di Internet e invece era necessario propagare l'idea di una rete aperta e di un sistema di comunità. Fiorella (mia moglie) l'ha fatto, con le sue forze, e ne ha pagato il prezzo.
Ritirare fuori dai polverosi cassetti ministeriali la più grande scoperta scientifica strutturale fatta in Italia negli anni 70 e 80, ovvero il potenziale geotermico italiano, e progressivamente metterci al lavoro le menti di altri esperti, fino a supplire la mancanza - voluta - di un istituto tecnologico italiano su questa frontiera. Questo ha fatto Giorgio Santucci, mio amico, e lo sta facendo ancora a sue spese, a gratis.
E poi quella terribile epidemia psico-sociale che imperversò e imperversa in Italia da decenni. La cosiddetta droga. I nostri figli, e i mei coetanei, furono salvati per caso da strutture pubbliche? Oppure invece da un sistema di volontari, che fecero la cosa giusta quando lo Stato era inerte, affondato nei suoi debiti e nei suoi giochi di potere?
E domani, l'energia rinnovabile distribuita. La farà qualche ex-monopolio oppure saremo noi, passo a passo, gravati come asini, a dovercela costruire per sopravvivere?
L'opposizione, quella vera, in Italia da più di vent'anni la si fa con l'esempio, e con il dono. Lo Stato, quello vero, siamo Noi. Compresi magistrati mastini, poliziotti veri, giornalisti indipendenti, imprenditori coraggiosi e tutti coloro che remano, su una nave che pare affondare.
Questa gente, oggi, non ha rappresentanza. Ed è il motivo per cui il 30% degli italiani non vuole votare o voterà in bianco. E perche queste elezioni sono e saranno un farsa. Ed è il motivo per tanta gente perbene, oggi in Italia, si sta chiedendo non per chi votare, ma se andarci a votare, a farsi prendere in giro un'altra volta.
Questo è il motivo vero per cui hanno blindato la legge elettorale. Restringendo drasticamente lo spazio per nuove iniziative elettorali, e nullo per persone fuori dal controllo dei centri di potere della Casta. Delle cordate, dei giri. Lo hanno giustificato in nome della governabilità. E va bene. Potevano essere le primarie aperte il contrappeso a questa chiusura. Ma hanno falsificato anche quelle.
Agire, fare la cosa giusta contando sulle proprie forze. Farsi Stato. Ci ha provato anche Nando Dalla Chiesa, lo hanno emarginato e poi di fatto cacciato dal Pd.
Da quelli che oggi proclamano che premieranno i meriti...
Lo ha fatto Fiorello Cortiana, e sulla sua strada ha incontrato un piccolo, piccolo satrapo, tal Pecoraro.
Lo ha fatto Roberto Saviano (sotto scorta), lo fanno gli imprenditori siciliani di Addiopizzo...
L'Italia ha vissuto una breve stagione di speranza, diciamo dal 1945 al 1962, solo poco più di 15 anni. Nel 1960 morì Adriano Olivetti. Nel 1962 fu ucciso Enrico Mattei, nel 1964 fu imprigionato Felice Ippolito,
Olivetti, Mattei, Ippolito. I tre nomi di una stagione italiana di ricostruzione, e di un'Italia protagonista e con idee.
Dal 1962 in avanti, però, il ciclo si invertì. L'Italia dovette rientrare, a calci, nei ranghi dell'impero (niente più strategie energetiche autonome di livello mondiale), niente più aziende internazionali come progetto anche politico comunitario, niente più coraggio e classe dirigente.
Questi tre eretici furono normalizzati. E al loro posto arrivò l'orda dei clientes democristiani e socialisti, la prima recessione, la crescita della corruzione e, soprattutto, del deficit e del debito pubblico. Non ascoltate coloro che vi dicono che la crisi italiana risale al 1992, a Mani Pulite. In realtà ha ben 46 anni di gestazione. Era cominciata ben trent'anni prima.
Nel 1962 in Italia fu ucciso lo stato europeo, a favore di un nuovo (e antico) sistema, furbolandia, che tuttora perdura. Uno stato separato, controllato e gestito (a spese nostre) da una Casta che da allora non ha mai smesso di assaltare la diligenza.
Con la fine di ogni ambizione strategica italiana nella geopolitica energetica (Mattei), di una sua autonomia nucleare (Ippolito) e di un suo modello di impresa e di innovazione (Olivetti) abbiamo pagato lo snaturamento di noi stessi.
Potevamo avere un'indipendenza reale, un ruolo sull'innovazione di punta, un modello di grande impresa partecipata. Abbiamo invece avuto un'Italia subordinata, la progressiva distruzione e esodo dei cervelli, una grande impresa conflittuale e irrigidita in pochi decenni auto-decimatasi.
Conveniva ai grandi partiti tenersi buoni americani (e russi), assecondare i desiderata (e i soldi) dei petroliferi e delle grandi lobbies, e soprattutto usare i sindacati come enormi collettori di voti e di consensi. I soldi, prima veri, e poi a debito per comprarci del resto c'erano. Ora sono finiti (già dal 1992), ma noi siamo ancora avvelenati e intontiti da quei 46 anni di truffe.
Ci hanno riempito la testa di sogni e di ideologie, chi hanno costruito sopra strutture di potere elefantiache, che tuttora si autoperpetuano. Hanno finanziato questo sistema a debito e poi, finiti i crediti, con tasse e impoverimento.
Oggi, 46 anni dopo, abbiamo due nuove generazioni di italiani per un terzo affetti da depressione, e nelle età più giovani, da precariato. E consistenti parti del Paese (in pratica il sud tirrenico) sotto regime feudale.
Abbiamo da decenni uno Stato che non fa investimenti, un welfare a metà, un debito pubblico paralizzante, e nonostante ciò un'elefantiasi amministrativa e una spesa pubblica soffocante. Questo enorme fallimento ci ha portato a una distruzione di valori personali e sociali, il cinismo dilaga, la furbizia, l'egoismo. Ci ha invogliato, e sovente costretto a divenire evasori fiscali, furbi, omertosi.
E' un'eredità terribile quella che ci lasciano Aldo Moro, Pietro Nenni e tutti i loro successori, da Bettino Craxi a Massimo d'Alema. Di degrado progressivo e poi, dal 1992 in avanti, di blocco e paralisi assoluta. Che tuttora perdura.
Nel 1975 ci fu il primo shock petrolifero. L'Italia era inerme. Dopo Ippolito, e la sua cacciata, non aveva di fatto sue centrali nucleari o altre fonti che non fossero il petrolio (la centrale di Caorso era un pezzo unico, e l'Enel a malapena sapeva farla funzionare, e fu per loro, confessarono privatamente, un gran sollievo quando fu chiusa....).
Carlo Donat Cattin chiamò Enel e Eni nel 1976. E chiese loro, con l'autorevolezza di vecchio ministro dell'Industria (e principale azionista dei due gruppi) di produrgli un serio report sull'energia endogena italiana. Nei dieci anni successivi trivellarono un migliaio di pozzi e poi presentarono, nel 1986, un report esplosivo. L'Italia stava sopra, letteralmente, un mare di calore naturale. Una scoperta epocale: l'Italia era potenzialmente più ricca del Kuwait.
Bisognava, però, sviluppare tecnologie nuove, tentare sperimentazioni, ricercare, rischiare. Il petrolio allora era tornanto a 10 dollari, Enel e Eni si dichiararono non interessate a questa non facile frontiera. E tal Renato Altissimo, un carneade (poi finito dentro Mani Pulite), nemmeno sapeva leggere le mappe geologiche, e forse manco prestò attenzione alla cosa. Con l'ok di Craxi, allora Presidente del Consiglio, Eni e Enel misero tutto in un cassetto, senza nemmeno rendere pubblica l'operazione. E l'Eni chiuse la sua piccola iniziativa geotermica. Da allora mai più ripresa.
Soprattutto i nostri direttori di ministero e Ministri non pensarono nemmeno per un attimo che, sulla base della incredibile scoperta, sarebbe stato del tutto logico e strategico creare un istituto di ricerca e sviluppo tecnologico sulla geotermia avanzata in Italia. Magari potenziando il piccolo istituto Cnr di Pisa attivo da anni sulle ricerche geologiche in geotermia.
In modo da disporre, da lì a qualche anno, delle prime soluzioni per trasformare quel mare di calore in una fonte di energia sfruttabile, capace di abbattere una bolletta energetica che ha sempre pesato massicciamente sull'Italia, e che ora ci sta strangolando.
Forse ora avremmo un'Italia tutta diversa, con un'industria energetica interna e all'export di ordini di grandezza più solida e estesa, di sicuro sicurezza e costi energetici diversi, forse persino un debito pubblico in parte ripagato e minor pressione fiscale. Ma allora allo stato della casta non gliene poteva fregar de meno, di queste pinzillacchere da tecnici.
Lungimiranza zero, cultura scientifica, tecnologica e d'impresa zero. Cultura economica limitata a quella dei giornali e degli affari. E interessi, quelli craxiani, che al massimo si spingevano, in tema Eni, a vederlo come casamatta di potere, dove piazzare uomini suoi (come un tal Fiorini) e fare altri affari.
1996. Dieci anni dopo. Un ingegnere dell'Ibm e poi Siemens, un nessuno come noi, uno sconosciuto, un certo Giorgio Santucci si innamora, per curiosità propria di questa cenerentola chiamata geotermia. E' testardo, ripercorre a ritroso, incontro dopo incontro, tutta la vicenda. Incontra gli uomini che trivellarono allora, ricostruisce dati e documenti, riallaccia rapporti di collaborazione con tecnici intanto fuoriusciti dall'Eni e, a poco a poco, rimette insieme una squadra di una dozzina di docenti universitari, tutti volontari.
Oggi questa squadra sta lavorando a uno studio di fattibilità per un progetto pilota in grado di dimostrare la possibilità di una nuove fonte energetica, potente e continua (meravigliosamente integrabile alle altre rinnovabili) e di potenziale diffusione planetaria. Morale: Santucci e la sua piccola associazione ha fatto la cosa giusta che il Governo e questo Stato degradato italiano non ha saputo e voluto fare. Ha creato, di fatto, un succedaneo di quell'istituto di ricerca tecnologico che avrebbe potuto essere lanciato nel 1986.
E che fu sepolto, mai nato, nel segreto.
Oggi, però, da un anno e mezzo questo blog, pezzo a pezzo, sta raccogliendo i dati di questa vicenda. Che è pubblicamente sotto gli occhi di tutti. Grazie a un minuscolo blog.
Se un domani, come mi auguro, l'impegno di Santucci e della sua associazione (che da sei anni non hanno ricavato una lira dai loro studi e scenari) sfocerà in un progetto esecutivo con partner industriali, e quindi in un ciclo di investimenti, lo dobbiamo a una squadra di volontari, che non ha nemmeno cercato di farsi troppa pubblicità.
Su esperienze come queste dobbiamo ricostruire uno Stato, qual è quello italiano, che è stato portato, di fatto, al fallimento. E che ci sta opprimendo. E ci opprimerà per anni e anni, se stiamo a sentire questi satrapi senza idee e senza progetti.
Domenica prossima ci saranno le elezioni. Ci costringono a votare un po' di nani e ballerine scelti insindacabilmente da lorsignori, con qualche piccola e marginale eccezione. Nessuno ci ha esposto un progetto credibile, che sia uno, di sviluppo di una Italia impoverita, fragile e depressa.
Numerosi volontari, invece, e su diversi ambiti, lo stanno facendo. Loro però non hanno riconoscimenti, non fanno carriera, a malapena vengono tollerati, come rompicoglioni, nelle cordate di un sistema divenuto una maionese impazzita. Ma che si auto regola per cooptazioni feudali.
Io sto seguendo uno di questi filoni sotterranei. E lo ritengo importante, forse decisivo. Ho persino tentato di interessarvi qualche politico, persino Bersani: risultato zero.
Quindi rispetto chi non andrà a votare o voterà scheda bianca. E non solo per lo squallore della legge elettorale e delle conseguenti liste. Ma anche perchè non vi sono uomini e programmi reali, progetti per generare nuove risorse (in una crisi strutturale qual è quella che si annuncia - e già è - di dimensioni epocali), e nessuna garanzia che, se anche prodotte, queste risorse andranno a nostro vantaggio.
Personalmente voterò, e voterò il mio personale meno peggio. Ma questo non fa testo. Lo faccio per mantenere qualcuno perbene in quel bordello chiamato Montecitorio. E ha poca importanza, in elezioni che, secondo me, decideranno poco o nulla.
Quella che si sta preparando è, a mio avviso, un'evoluzione politica diversa. La messa in discussione, e per forza di cose, dello Stato democristiano nato e metastatizzatosi dal 1962. Non altrimenti sopportabile.
La messa in discussione di una costituzione materiale. Che ci paralizza. E che ci paralizzerà, senza scampo, ancora per una o due generazioni.
Abbiamo tentato la strada del Caf, della corruzione istituzionalizzata degli anni 80: ci ha solo portati, sull'onda di crescite drogate, sull'orlo del fallimento. Abbiamo tentato la gestione commissariale della prima repubblica nel 1992-94: ha creato Berlusconi e la rivolta dei furbi. Loro ci hanno provato, ma sono subito crollati. Abbiamo tentato l'Ulivo nel 1996, sembravamo rimessi in pista con l'Euro ma già nel 1998 la parte peggiore della sinistra era al potere, a fare affari, a spolpare Telecom Italia e a distruggere il futuro di Alitalia. Hanno ripreso il pallino i berlusconiani nel 2001 e nel 2002, e, con il cambio all'Euro, hanno drasticamente impoverito un terzo del Paese, gettandolo in recessione e depressione. Nel 2006, dopo elezioni quantomeno dubbie, hanno creato un governo a termine che ci ha somministrato una cura da cavallo di tasse. Che cosa faranno, ora?
Se osservate bene, non hanno fatto altro che spostare risorse di qua e di là, sovente distruggendole. Mai che ne abbiano prodotte di nuove, mai che ci abbiano offerto una novità. L'unica degli scorsi vent'anni, questa rete internet aperta, ce la siamo sostanzialmente creata da noi. E sotto sotto lorsignori la odiano.
L'Italia dovrà affrontare la grande trasformazione strutturale e climatica con uno stato degradato, e con un intero suo terzo in preda alla metastasi criminale e al feudalesimo.
Napoli e la Campania sono il perfetto simbolo di questa crisi. Abbiamo visto il crollo, uno dopo l'altro, dei suoi tre principali satrapi politici: il Mastella figlio di De Mita, poi Bassolino figlio del vecchio Pci di appartenenze, e infine, ora, il satrapo Pecoraro, colui che ha ceppalonizzato persino il movimento ecologista italiano.
La crisi napoletana è figlia delle Olivetti, Italsider, Alfasud che hanno chiuso. Della fine dell'industria di stato, che comunque garantiva lavoro sul territorio. Della conseguente metastasi criminale che si è autoalimentata, della fuga delle imprese sotto i ricatti e il pizzo, l'avvelenamento del territorio, la follia collettiva sui rifiuti urbani, l'attuale crisi verticale.
Napoli oggi vive di pubblica amministrazione, di clientele e di camorra. Punto. Chi può scappa.
E la Calabria? E la Sicilia? E pezzi di Puglia? Banana Republic è dietro l'angolo, dopo 46 anni di degrado. Questo pezzo d'Italia ha dimostrato, nei 46 anni di crisi, un completo fallimento sul piano del proprio autogoverno (con l'unica eccezione, forse, della Puglia).
L'amaro calice non è affatto finito. L'importante è però che l'organismo crei anticorpi, sappia non abbandonarsi alla depressione. E chi fa progetti non è depresso.
E' necessario, vitale, un network attivo di anticorpi e progetti. Fuori dalla casta. E credo che stiamo per raggiungere le condizioni critiche perchè questo avvenga.
Il mio modo per limitare i danni è questo, altro non riesco a intravvedere.
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