domenica 20 aprile 2008

Stoccare l'energia delle fonti rinnovabili sottoforma di aria compressa nelle caverne sottoterra: Iowa Stored Energy Park (ISEP)








Il punto debole dell'energia solare è quello di essere soggetta ad un efficace funzionamento solo se c'è il sole. E' quindi indispensabile produrne di più durante le ore soleggiate, per poterla conservarla per le ore notturne.Al momento, la maggior parte dei sistemi di stoccaggio come le batterie, è costosa o ineficciente, ma può essere considerato praticabile l'immagazzinamento dell'energia mediante aria compressa. L'energia elettrica generata dagli impianti fotovoltaici comprime l'aria, pompandola in spelonche sotterranee, miniere abbandonate, negli strati acquiferi e nei pozzi esauriti di gas naturale. L'aria compressa viene rilasciata a richiesta per azionare una turbina che genera l'elettricità, con l'ausilio della combustione di piccole quantità di gas naturale. Questo tipo d'impianti d'imagazzinaggio ad aria compressa sono già in funzione in Germania da diversi anni. Le turbine bruciano soltanto il 40 per cento del gas naturale che consumerebbero senza l'ausilio dell'aria compressa, e la tecnologia di recupero del calore abbasserebbe la percentuale fino al 3 per cento.

All' Electric Power Research Institute in Palo Alto (California) risulta che il costo d'immagazzinamento di energia sotto forma di aria compressa corrisponde circa alla metà di quella alle batterie al piombo. Questi impianti aggiungerebbero 2, 3 centesimi per Kwh alla generazione fotovoltaica, portando così il costo totale a 8, 9 centesimi per chilowattora al 2020.

L'energia elettrica delle farm fotovoltaiche del sud-ovest sarebbe inviata su linee di trasmissione ad alta tensione in corrente continua sino agli impianti di stoccaggio ad aria compressa in tutto il paese, dove le turbine potrebbero generare energia elettrica dovunque e per tutto l'anno. La chiave sta nel trovare siti adeguati. Tuttavia, una mappa realizzata dall' Electric Power Research Institute e dall'industria del gas naturale, dimostra che esistono formazioni geologiche idonee nel 75 per cento del territorio del Paese, e spesso in prossimità di aree metropolitane.

In effetti, un sistema di immagazzinamento dell'energia ad aria compressa sarebbe simile al sistema di distribuzione del gas naturale nazionale, che immagazzina 220 miliardi di metri cubi di gas (8 trilioni di cubic feet) in 400 serbatoi sotterranei.

Se questo piano venisse messo in atto, entro il 2050 richiederebbe 535 miliardi di cubic feet (15 miliardi di metri cubi) di stoccaggio, con aria pressurizzata a 75 atmosfere (1100 libbre per pollice quadrato). Anche se lo sviluppo sarà una sfida, abbondanza di riserve disponibili, e sarebbe ragionevole per l'industria del gas naturale di investire in una tale rete.

Anche se lo sviluppo sarebbe una sfida, l'abbondanza di riserve disponibili dovrebbe indurre l'industria del gas naturale ad investire in un questo tipo di rete.

Un' altra tecnologia ancora poco conosciuta, che permette una produzione più indipendente dal ciclo diurno del Sole e che forse potrebbe rifornire un quinto dell'energia solare, nello scenario ipotizzato da questo studio, sono gli impianti solari termici a concentrazione (Concentrating Solar Power), i quali consentono di produrre quantità significative di elettricità e - in futuro - di idrogeno a costi competitivi. Questo tipo d'impianto utilizza la radiazione diretta del Sole, concentrandola tramite specchi su un "ricevitore" (un tubo riempito di fluido termovettore) che trasforma la radiazione in calore.

Per immagazzinare l'energia la conduttura percorre un enorme serbatoio isolato riempito di sale fuso, che ha la proprietà di conservare il calore im modo efficiente. Il calore trasferito durante il giorno viene estratto nel corso della notte, producendo vapore. Tuttavia, seppur lentamente, il sale fuso si raffredda, facendo sì che l'energia accumulata debba essere utilizzata nel giro di 24 ore.

Gli impianti che già sono operativi dimostrano che il solare termico a concentrazione (Csp) è valido, ma c'è bisogno di ridurre i costi. A questo dovranno contribuire le economie di scala e la ricerca. Un rapporto del 2006 della Solar Task Force degli stati federali del sud ovest, quelli potenzialmente interessati a questo grande piano solare, ha previsto che l'energia solare concentrata potrebbe fornire energia elettrica a 10 cents per Kwh o meno entro il 2015, qualora venissero costruiti impianti per 4 GW di potenza. L'efficienza operativa potrebbe aumentare se si trovasse un modo per aumentare la temperatura dei fluidi dello scambiatore di calore. Un'altra strada percorribile potrebbe essere pure usare i sali fusi come fluidi di trasferimento del calore, consentendo ad una centrale di operare con un solo scambiatore di calore invece di due, riducendo, in tal modo, le perdite di calore e gli investimenti necessari.

Basandoci su questi presupposti, dicono gli autori del progetto, la domanda di energia degli Stati Uniti potrebbe essere soddisfatta con le seguenti capacità: 2,9 TW (terawatt) di potenza fotovoltaica immessa direttamente nella rete e altri 7,5 TW dedicati allo stoccaggio ad aria compressa; 2,3 TW di potenza solare a concentrazione; 1,3 TW di impianti fotovoltaici distribuiti. La fornitura sarebbe completata con 1 TW di parchi eolici, 0,2 TW di impianti per l'energia geotermica e 0,25 TW di produzione di combustibili da biomasse. Il modello comprende 0,5 TW di pompe per il calore geotermico per il riscaldamento e condizionamento degli edifici.
Ecco il punto che non avevo capito : come immagazzinare l'energia elettrica nelle caverne con la pressione dell'aria? ecco la risposta:

In un CAES presso la struttura ISEP, l'aria viene compressa utilizzando a basso costo, al di fuori delle ore di punta di energia elettrica, e il vento che non viene venduto sulla rete in quel momento.
L'aria è memorizzata in un una profonda formazione geologica sotterranea per un uso successivo nel rendere l'elettricità.

Quando è necessaria l'energia, l'aria memorizzati verrà rilasciato, riscaldata e utilizzata per la generazione di unità di turbine.

L'energia elettrica che produce possono essere utilizzati a seconda delle necessità, soprattutto in alta-demanda nelle ore di punta.

Questo processo utilizza meno di carburante rispetto ad un convenzionale impianto di combustione-turbina.

Con l'uso di aria compressa e di stoccaggio di energia eolica insieme, l'ambiente, fonte di energia alternativa è disponibile per abitazioni e aziende.

martedì 15 aprile 2008

Rapporto sul bioetanolo e il cibo spiegato da qualcuno che rimpiangeremo

Il mondo senza cibo
un disastro evitabile

di ROMANO PRODI


CARO direttore, dopo aver tanto parlato della crisi energetica e della crisi finanziaria ci siamo finalmente resi conto di un dramma ancora più grande e di conseguenze immediate per l'umanità: la crisi alimentare.

Miliardi di persone soprattutto in Africa, in Asia e in America centro-meridionale, sono colpiti da un progressivo e insostenibile rincaro di tutti i prodotti agricoli, dal grano alla soia, dal riso al mais, dal latte alla carne. Ogni giorno scoppiano rivolte e si ha notizie di repressioni.

Alcuni governi, come quello egiziano, sono costretti a impiegare nel sussidio del pane la gran parte delle risorse generate dalla buona crescita economica e in altri casi, come nel Corno d'Africa, nei paesi subsahariani e a Haiti non resta che la fame e la sempre più vicina prospettiva di una tragica carestia.

Alla base di questi aumenti di prezzi vi sono certo anche realtà positive, come il miglioramento della dieta in Cina, in India e in molti altri paesi. Per nutrirsi con la carne si impiega infatti una superficie di terreno di almeno cinque volte superiore di quanto richiesto da una nutrizione a base di cereali.

Vi sono altre realtà rispetto alle quali ben poco si può fare, come l'aumento dei prezzi dei carburanti e dei fertilizzanti necessari a produrre o trasportare i prodotti alimentari.

Ma vi è una decisione politica che sta aggravando in modo precipitoso la situazione ed è la progressiva sottrazione di suolo alla produzione di cibo per utilizzarlo a produrre biocarburanti. Sulla carta questo risponde al nobile scopo di attenuare la nostra dipendenza dalla benzina e dal gasolio nei trasporti e così facendo, ridurre l'impatto ambientale in termini di anidride carbonica. Purtroppo le cose non stanno così.

I più recenti studi (come quelli dell'Ocse e Royal Society) sostengono invece che con le tecnologie oggi impiegate per produrre biocarburanti, il bilancio energetico è solo marginalmente positivo o addirittura negativo. Il computo preciso dipende dalle specifiche realtà territoriali ma vi è chi autorevolmente sostiene (come le analisi apparse su National Resources Research) che l'energia impiegata per produrre biocarburanti sia negli Stati Uniti del 30% superiore all'energia prodotta.

Complessivamente un bel disastro sia dal punto di vista energetico che da quello ambientale. Ma il disastro ancora più grande è quello di mettere in conflitto il cibo con il carburante in un periodo già di scarsità. Un conflitto vero, tragico.

Per descriverlo in modo semplice e fortemente evocativo basta dire che il grano richiesto per riempire il serbatoio di un così detto Sport Utility Vehicle (Suv) con etanolo (240 chilogrammi di mais per 100 litri di etanolo) è sufficiente per nutrire una persona per un anno. E già siamo arrivati ad utilizzare per usi energetici intorno al 20% di tutta la superficie coltivata a mais negli Stati Uniti.

Una superficie più grande della Svizzera è stata sottratta di colpo alla produzione di cibo per effetto delle pressioni delle potenti lobby agricole e di una parte non informata o distratta di quelle ambientalistiche. E nel frattempo, come conseguenza, il prezzo della terra e dei fertilizzanti sale in tutto il mondo facendo a sua volta moltiplicare il prezzo dei prodotti alimentari. E questo fa scoppiare tumulti per la fame a Città del Messico, in Egitto, nel west Bengala, in Senegal, in Mauritania mentre la Fao ci dice che 36 paesi hanno oggi bisogno di urgenti spedizioni di grano e di riso.

Questo non comporta che la produzione di energie alternative vada del tutto cancellata perché vi sono situazioni in cui essa non è in diretta concorrenza con la produzione agricola, utilizzando terreni non alternativi a produzioni alimentari, aree boschive o biomasse. E soprattutto bisogna incentivare la ricerca sulla "seconda generazione" di biocarburanti, attraverso la selezione di nuove specie, attraverso una maggiore efficienza dei processi e l'utilizzazione di terre marginali (ad es. il bosco ceduo) non alternative all'agricoltura.

E' quindi necessario che i governi smettano di sovvenzionare gli agricoltori al fine di produrre meno cibo, obbligando i paesi poveri a svenarsi per assicurare il pane quotidiano a coloro che muoiono di fame. E bisogna che questo obiettivo venga tradotto subito in decisioni politiche. La prima di queste decisioni è di intervenire dove sono in corso i drammi maggiori.

Rendere quindi subito disponibili i 500 milioni di dollari richiesti per l'emergenza del Programma Alimentare Mondiale delle nazioni Unite e il miliardo e mezzo di dollari richiesto dalla Fao. Ma non si può non affrontare nel contempo il problema politico fondamentale, in modo da invertire l'aspettativa di ulteriori aumenti dei prodotti alimentari prima che i paesi che hanno produzione eccedente proibiscano (come hanno già cominciato a fare) l'esportazione di prodotti alimentari trasformando, con questo, l'attuale crisi in tragedia mondiale.

I due prossimi grandi appuntamenti internazionali, cioè la riunione della Fao a Roma e dei G8 in Giappone, debbono diventare il momento di discussione e di decisione di una nuova politica che fermi i danni dell'attuale politica e che possa redistribuire al mondo le risorse alimentari di cui ha bisogno.

Non sono decisioni facili, ma bisogna agire perché sia negli Stati Uniti che in Europa la produzione di carburante in concorrenza col cibo si fermi e gli incentivi vengano riservati agli studi e alle ricerche necessarie per arrivare alla produzione di biocarburanti di nuova generazione. Non possiamo più ammettere che la gente muoia di fame in Africa perché c'è qualcuno negli Stati Uniti che considera i voti degli agricoltori o dei proprietari terrieri più importanti della sopravvivenza di milioni di persone. È vero che la politica di oggi è stata decisa quando si pensava di vivere in un mondo di scarsità energetica e di eccedenza alimentare. Ma oggi le cose non stanno più così.

È ora quindi di cambiare politica perché i rimedi finora adottati sono peggiori del male che si voleva curare. Queste sono le politiche serie che la globalizzazione ci impone e l'Italia non può certo sottrarsi alle sue responsabilità.

(13 aprile 2008)

giovedì 10 aprile 2008

Le mie elezioni...

http://blogs.it/0100206/stories/2008/04/09/comeMiCucineroQuestoPorcellum.html


un estratto...
Stare all'opposizione in Italia




Questo blog ha adottato la metafora della galera, nave mezza da esplorazione e mezza da guerra, in cui tutti remano.

Contro un avversario e per vincere una battaglia.

Ma, quali sono i rematori, qual è il remare, quale l'avversario e quale la battaglia?

Provo a spiegarmelo, in concreto.

I rematori sono gli anticorpi e i progettisti e gli esecutori dei progetti a guadagno condiviso, il remare è fare la cosa giusta, gli avversari sono i network di finti potenti, la battaglia è la sopravvivenza, e l'evoluzione di tutti, fisica, mentale e culturale.

Il titolo è: come siamo stati, stiamo e staremo all'opposizione, ma in modo politicamente concreto e positivo, di una Casta, e non solo politica, ma anche economica, professionale e criminale italiana, progressivamente rinserratasi sui suoi interessi, e in metastasi di degrado, dopo l'esplosione paralizzante, e il mancato pieno fallimento, della Prima Repubblica nel 1992.

Fare una rete civica partecipata quando, nel 1994, nessuno capiva niente di Internet e invece era necessario propagare l'idea di una rete aperta e di un sistema di comunità. Fiorella (mia moglie) l'ha fatto, con le sue forze, e ne ha pagato il prezzo.

Ritirare fuori dai polverosi cassetti ministeriali la più grande scoperta scientifica strutturale fatta in Italia negli anni 70 e 80, ovvero il potenziale geotermico italiano, e progressivamente metterci al lavoro le menti di altri esperti, fino a supplire la mancanza - voluta - di un istituto tecnologico italiano su questa frontiera. Questo ha fatto Giorgio Santucci, mio amico, e lo sta facendo ancora a sue spese, a gratis.

E poi quella terribile epidemia psico-sociale che imperversò e imperversa in Italia da decenni. La cosiddetta droga. I nostri figli, e i mei coetanei, furono salvati per caso da strutture pubbliche? Oppure invece da un sistema di volontari, che fecero la cosa giusta quando lo Stato era inerte, affondato nei suoi debiti e nei suoi giochi di potere?

E domani, l'energia rinnovabile distribuita. La farà qualche ex-monopolio oppure saremo noi, passo a passo, gravati come asini, a dovercela costruire per sopravvivere?

L'opposizione, quella vera, in Italia da più di vent'anni la si fa con l'esempio, e con il dono. Lo Stato, quello vero, siamo Noi. Compresi magistrati mastini, poliziotti veri, giornalisti indipendenti, imprenditori coraggiosi e tutti coloro che remano, su una nave che pare affondare.

Questa gente, oggi, non ha rappresentanza. Ed è il motivo per cui il 30% degli italiani non vuole votare o voterà in bianco. E perche queste elezioni sono e saranno un farsa. Ed è il motivo per tanta gente perbene, oggi in Italia, si sta chiedendo non per chi votare, ma se andarci a votare, a farsi prendere in giro un'altra volta.

Questo è il motivo vero per cui hanno blindato la legge elettorale. Restringendo drasticamente lo spazio per nuove iniziative elettorali, e nullo per persone fuori dal controllo dei centri di potere della Casta. Delle cordate, dei giri. Lo hanno giustificato in nome della governabilità. E va bene. Potevano essere le primarie aperte il contrappeso a questa chiusura. Ma hanno falsificato anche quelle.

Agire, fare la cosa giusta contando sulle proprie forze. Farsi Stato. Ci ha provato anche Nando Dalla Chiesa, lo hanno emarginato e poi di fatto cacciato dal Pd.

Da quelli che oggi proclamano che premieranno i meriti...

Lo ha fatto Fiorello Cortiana, e sulla sua strada ha incontrato un piccolo, piccolo satrapo, tal Pecoraro.

Lo ha fatto Roberto Saviano (sotto scorta), lo fanno gli imprenditori siciliani di Addiopizzo...

L'Italia ha vissuto una breve stagione di speranza, diciamo dal 1945 al 1962, solo poco più di 15 anni. Nel 1960 morì Adriano Olivetti. Nel 1962 fu ucciso Enrico Mattei, nel 1964 fu imprigionato Felice Ippolito,

Olivetti, Mattei, Ippolito. I tre nomi di una stagione italiana di ricostruzione, e di un'Italia protagonista e con idee.

Dal 1962 in avanti, però, il ciclo si invertì. L'Italia dovette rientrare, a calci, nei ranghi dell'impero (niente più strategie energetiche autonome di livello mondiale), niente più aziende internazionali come progetto anche politico comunitario, niente più coraggio e classe dirigente.

Questi tre eretici furono normalizzati. E al loro posto arrivò l'orda dei clientes democristiani e socialisti, la prima recessione, la crescita della corruzione e, soprattutto, del deficit e del debito pubblico. Non ascoltate coloro che vi dicono che la crisi italiana risale al 1992, a Mani Pulite. In realtà ha ben 46 anni di gestazione. Era cominciata ben trent'anni prima.

Nel 1962 in Italia fu ucciso lo stato europeo, a favore di un nuovo (e antico) sistema, furbolandia, che tuttora perdura. Uno stato separato, controllato e gestito (a spese nostre) da una Casta che da allora non ha mai smesso di assaltare la diligenza.

Con la fine di ogni ambizione strategica italiana nella geopolitica energetica (Mattei), di una sua autonomia nucleare (Ippolito) e di un suo modello di impresa e di innovazione (Olivetti) abbiamo pagato lo snaturamento di noi stessi.

Potevamo avere un'indipendenza reale, un ruolo sull'innovazione di punta, un modello di grande impresa partecipata. Abbiamo invece avuto un'Italia subordinata, la progressiva distruzione e esodo dei cervelli, una grande impresa conflittuale e irrigidita in pochi decenni auto-decimatasi.

Conveniva ai grandi partiti tenersi buoni americani (e russi), assecondare i desiderata (e i soldi) dei petroliferi e delle grandi lobbies, e soprattutto usare i sindacati come enormi collettori di voti e di consensi. I soldi, prima veri, e poi a debito per comprarci del resto c'erano. Ora sono finiti (già dal 1992), ma noi siamo ancora avvelenati e intontiti da quei 46 anni di truffe.

Ci hanno riempito la testa di sogni e di ideologie, chi hanno costruito sopra strutture di potere elefantiache, che tuttora si autoperpetuano. Hanno finanziato questo sistema a debito e poi, finiti i crediti, con tasse e impoverimento.

Oggi, 46 anni dopo, abbiamo due nuove generazioni di italiani per un terzo affetti da depressione, e nelle età più giovani, da precariato. E consistenti parti del Paese (in pratica il sud tirrenico) sotto regime feudale.

Abbiamo da decenni uno Stato che non fa investimenti, un welfare a metà, un debito pubblico paralizzante, e nonostante ciò un'elefantiasi amministrativa e una spesa pubblica soffocante. Questo enorme fallimento ci ha portato a una distruzione di valori personali e sociali, il cinismo dilaga, la furbizia, l'egoismo. Ci ha invogliato, e sovente costretto a divenire evasori fiscali, furbi, omertosi.

E' un'eredità terribile quella che ci lasciano Aldo Moro, Pietro Nenni e tutti i loro successori, da Bettino Craxi a Massimo d'Alema. Di degrado progressivo e poi, dal 1992 in avanti, di blocco e paralisi assoluta. Che tuttora perdura.

Nel 1975 ci fu il primo shock petrolifero. L'Italia era inerme. Dopo Ippolito, e la sua cacciata, non aveva di fatto sue centrali nucleari o altre fonti che non fossero il petrolio (la centrale di Caorso era un pezzo unico, e l'Enel a malapena sapeva farla funzionare, e fu per loro, confessarono privatamente, un gran sollievo quando fu chiusa....).

Carlo Donat Cattin chiamò Enel e Eni nel 1976. E chiese loro, con l'autorevolezza di vecchio ministro dell'Industria (e principale azionista dei due gruppi) di produrgli un serio report sull'energia endogena italiana. Nei dieci anni successivi trivellarono un migliaio di pozzi e poi presentarono, nel 1986, un report esplosivo. L'Italia stava sopra, letteralmente, un mare di calore naturale. Una scoperta epocale: l'Italia era potenzialmente più ricca del Kuwait.

Bisognava, però, sviluppare tecnologie nuove, tentare sperimentazioni, ricercare, rischiare. Il petrolio allora era tornanto a 10 dollari, Enel e Eni si dichiararono non interessate a questa non facile frontiera. E tal Renato Altissimo, un carneade (poi finito dentro Mani Pulite), nemmeno sapeva leggere le mappe geologiche, e forse manco prestò attenzione alla cosa. Con l'ok di Craxi, allora Presidente del Consiglio, Eni e Enel misero tutto in un cassetto, senza nemmeno rendere pubblica l'operazione. E l'Eni chiuse la sua piccola iniziativa geotermica. Da allora mai più ripresa.

Soprattutto i nostri direttori di ministero e Ministri non pensarono nemmeno per un attimo che, sulla base della incredibile scoperta, sarebbe stato del tutto logico e strategico creare un istituto di ricerca e sviluppo tecnologico sulla geotermia avanzata in Italia. Magari potenziando il piccolo istituto Cnr di Pisa attivo da anni sulle ricerche geologiche in geotermia.

In modo da disporre, da lì a qualche anno, delle prime soluzioni per trasformare quel mare di calore in una fonte di energia sfruttabile, capace di abbattere una bolletta energetica che ha sempre pesato massicciamente sull'Italia, e che ora ci sta strangolando.

Forse ora avremmo un'Italia tutta diversa, con un'industria energetica interna e all'export di ordini di grandezza più solida e estesa, di sicuro sicurezza e costi energetici diversi, forse persino un debito pubblico in parte ripagato e minor pressione fiscale. Ma allora allo stato della casta non gliene poteva fregar de meno, di queste pinzillacchere da tecnici.

Lungimiranza zero, cultura scientifica, tecnologica e d'impresa zero. Cultura economica limitata a quella dei giornali e degli affari. E interessi, quelli craxiani, che al massimo si spingevano, in tema Eni, a vederlo come casamatta di potere, dove piazzare uomini suoi (come un tal Fiorini) e fare altri affari.

1996. Dieci anni dopo. Un ingegnere dell'Ibm e poi Siemens, un nessuno come noi, uno sconosciuto, un certo Giorgio Santucci si innamora, per curiosità propria di questa cenerentola chiamata geotermia. E' testardo, ripercorre a ritroso, incontro dopo incontro, tutta la vicenda. Incontra gli uomini che trivellarono allora, ricostruisce dati e documenti, riallaccia rapporti di collaborazione con tecnici intanto fuoriusciti dall'Eni e, a poco a poco, rimette insieme una squadra di una dozzina di docenti universitari, tutti volontari.

Oggi questa squadra sta lavorando a uno studio di fattibilità per un progetto pilota in grado di dimostrare la possibilità di una nuove fonte energetica, potente e continua (meravigliosamente integrabile alle altre rinnovabili) e di potenziale diffusione planetaria. Morale: Santucci e la sua piccola associazione ha fatto la cosa giusta che il Governo e questo Stato degradato italiano non ha saputo e voluto fare. Ha creato, di fatto, un succedaneo di quell'istituto di ricerca tecnologico che avrebbe potuto essere lanciato nel 1986.

E che fu sepolto, mai nato, nel segreto.

Oggi, però, da un anno e mezzo questo blog, pezzo a pezzo, sta raccogliendo i dati di questa vicenda. Che è pubblicamente sotto gli occhi di tutti. Grazie a un minuscolo blog.

Se un domani, come mi auguro, l'impegno di Santucci e della sua associazione (che da sei anni non hanno ricavato una lira dai loro studi e scenari) sfocerà in un progetto esecutivo con partner industriali, e quindi in un ciclo di investimenti, lo dobbiamo a una squadra di volontari, che non ha nemmeno cercato di farsi troppa pubblicità.

Su esperienze come queste dobbiamo ricostruire uno Stato, qual è quello italiano, che è stato portato, di fatto, al fallimento. E che ci sta opprimendo. E ci opprimerà per anni e anni, se stiamo a sentire questi satrapi senza idee e senza progetti.

Domenica prossima ci saranno le elezioni. Ci costringono a votare un po' di nani e ballerine scelti insindacabilmente da lorsignori, con qualche piccola e marginale eccezione. Nessuno ci ha esposto un progetto credibile, che sia uno, di sviluppo di una Italia impoverita, fragile e depressa.

Numerosi volontari, invece, e su diversi ambiti, lo stanno facendo. Loro però non hanno riconoscimenti, non fanno carriera, a malapena vengono tollerati, come rompicoglioni, nelle cordate di un sistema divenuto una maionese impazzita. Ma che si auto regola per cooptazioni feudali.

Io sto seguendo uno di questi filoni sotterranei. E lo ritengo importante, forse decisivo. Ho persino tentato di interessarvi qualche politico, persino Bersani: risultato zero.

Quindi rispetto chi non andrà a votare o voterà scheda bianca. E non solo per lo squallore della legge elettorale e delle conseguenti liste. Ma anche perchè non vi sono uomini e programmi reali, progetti per generare nuove risorse (in una crisi strutturale qual è quella che si annuncia - e già è - di dimensioni epocali), e nessuna garanzia che, se anche prodotte, queste risorse andranno a nostro vantaggio.

Personalmente voterò, e voterò il mio personale meno peggio. Ma questo non fa testo. Lo faccio per mantenere qualcuno perbene in quel bordello chiamato Montecitorio. E ha poca importanza, in elezioni che, secondo me, decideranno poco o nulla.

Quella che si sta preparando è, a mio avviso, un'evoluzione politica diversa. La messa in discussione, e per forza di cose, dello Stato democristiano nato e metastatizzatosi dal 1962. Non altrimenti sopportabile.

La messa in discussione di una costituzione materiale. Che ci paralizza. E che ci paralizzerà, senza scampo, ancora per una o due generazioni.

Abbiamo tentato la strada del Caf, della corruzione istituzionalizzata degli anni 80: ci ha solo portati, sull'onda di crescite drogate, sull'orlo del fallimento. Abbiamo tentato la gestione commissariale della prima repubblica nel 1992-94: ha creato Berlusconi e la rivolta dei furbi. Loro ci hanno provato, ma sono subito crollati. Abbiamo tentato l'Ulivo nel 1996, sembravamo rimessi in pista con l'Euro ma già nel 1998 la parte peggiore della sinistra era al potere, a fare affari, a spolpare Telecom Italia e a distruggere il futuro di Alitalia. Hanno ripreso il pallino i berlusconiani nel 2001 e nel 2002, e, con il cambio all'Euro, hanno drasticamente impoverito un terzo del Paese, gettandolo in recessione e depressione. Nel 2006, dopo elezioni quantomeno dubbie, hanno creato un governo a termine che ci ha somministrato una cura da cavallo di tasse. Che cosa faranno, ora?

Se osservate bene, non hanno fatto altro che spostare risorse di qua e di là, sovente distruggendole. Mai che ne abbiano prodotte di nuove, mai che ci abbiano offerto una novità. L'unica degli scorsi vent'anni, questa rete internet aperta, ce la siamo sostanzialmente creata da noi. E sotto sotto lorsignori la odiano.

L'Italia dovrà affrontare la grande trasformazione strutturale e climatica con uno stato degradato, e con un intero suo terzo in preda alla metastasi criminale e al feudalesimo.

Napoli e la Campania sono il perfetto simbolo di questa crisi. Abbiamo visto il crollo, uno dopo l'altro, dei suoi tre principali satrapi politici: il Mastella figlio di De Mita, poi Bassolino figlio del vecchio Pci di appartenenze, e infine, ora, il satrapo Pecoraro, colui che ha ceppalonizzato persino il movimento ecologista italiano.

La crisi napoletana è figlia delle Olivetti, Italsider, Alfasud che hanno chiuso. Della fine dell'industria di stato, che comunque garantiva lavoro sul territorio. Della conseguente metastasi criminale che si è autoalimentata, della fuga delle imprese sotto i ricatti e il pizzo, l'avvelenamento del territorio, la follia collettiva sui rifiuti urbani, l'attuale crisi verticale.

Napoli oggi vive di pubblica amministrazione, di clientele e di camorra. Punto. Chi può scappa.

E la Calabria? E la Sicilia? E pezzi di Puglia? Banana Republic è dietro l'angolo, dopo 46 anni di degrado. Questo pezzo d'Italia ha dimostrato, nei 46 anni di crisi, un completo fallimento sul piano del proprio autogoverno (con l'unica eccezione, forse, della Puglia).

L'amaro calice non è affatto finito. L'importante è però che l'organismo crei anticorpi, sappia non abbandonarsi alla depressione. E chi fa progetti non è depresso.

E' necessario, vitale, un network attivo di anticorpi e progetti. Fuori dalla casta. E credo che stiamo per raggiungere le condizioni critiche perchè questo avvenga.

Il mio modo per limitare i danni è questo, altro non riesco a intravvedere.







giovedì 3 aprile 2008

Una nuova centrale nucleare a Scanzano Jonico

Una nuova centrale nucleare in Basilicata?

Ebbene sì sono stati svelati i siti dove Berlusconi (PDL) vorrebbe installare le nuove centrali nucleari italiane ed ecco spuntare di nuovo il nome di Scanzano Jonico!
Adesso basta le centrali nucleari non sono convenienti perchè:
1 : Il costo del nucleare è molto superiore alle alternative esistenti e l'Italia non dispone di giacimenti di materiale fissile, che serve per alimentare le centrali, disponibile invece in Australia, Russia, Canada.
2: L'uranio inoltre non è una risorsa illimitata e le centrali nucleari la cui costruzione e allestimento iniziasse oggi, sarebbero a rischio di trovarsi senza combustibile al momento del loro completamento.
In più nel 2025 siamo al picco dell'uranio:









Le due mappe indicano i possibili siti degli impianti:

















fonte:http://www.ecquologia.it/cms/content/view/798/9/

Dato che ci vogliono sempre mettere qualcosa a Scanzano io propongo di metterci questo....











Questi sono progetti da realizzare altro che fare proposte di legge che già si sa' in principio che non saranno accettate (ma si fanno per conquistare voti..) come del tipo:
""Perchè non riduciamo del 50% le accise per la benzina, il gpl ed il metano per i Lucani?!!?""
Le accise sono imposte nazionali se ad esempio è prevista una accisa per pagare le missione in Bosnia nel 1996 i Lucani non potrebbero pagare meno dei Piemontesi se poi la missione riguarda tutta l'Italia.
Invece con le royalties del Petrolio Lucano finanziamo questo: